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R.I.P. (Recenserie In Peace) – Homicide: Life On The StreetTEMPO DI LETTURA 4 min

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E’ possibile fare una fiction…senza la fiction? Lo so, è una domanda un po’ strana, è un po’ come pretendere che un automobile vada senza benzina o che un panino al prosciutto abbia lo stesso sapore anche senza il prosciutto. Ma questo è il magico mondo delle serie tv, uno mondo dove uno schermo piatto (o una scatoletta, o un tubo catodico, dipende da cosa avete in casa) ha avuto la funzione di specchio delle brame su svariati mondi e universi che hanno raccontato delle storie (degne o meno di essere raccontate) per noi spettatori assetati di emozioni e pronti, psicologicamente o no, a qualcosa che ci stupisse.
Anche Homicide: Life On The Street è un serial che rientra negli standard previsti da ogni “tv addicted” che si rispetti e, per quanto lo spettatore possa prepararsi mentalmente, egli non sarà mai veramente pronto per quello che gli aspetta…dato che in questa serie è stato compiuto l’assurdo: non c’è fiction e non c’è magia. Homicide: Life On The Steet è un telefilm basato sul libro di David Simon intitolato “Homicide: A Year On The Killing Street” (lo stesso libro che ha ispirato “The Wire”, una delle serie più crude e controverse della storie) dove lo scrittore è stato a stretto contatto per un anno con l’unità omicidi di Baltimora documentando tutto quello che succedeva;
l’ex-critico cinematografico Paul Attanasio, poi, s’è preoccupato dell’adattamento tv collaborando assiduamente con il creatore del libro. La serie targata NBC è andata in onda dal 1993 fino al 1999
con 7 Stagioni e un totale di 122 episodi da 45 minuti l’uno (vanta anche di una brevissima webserie pubblicata sul sito NBC apposito della serie, Homicide.com) chiamata “Homicide: Second Shift” e di un film tv che ha concluso tutte le vicende. Il telefilm ha vinto numerosi premi e si è aggiudicato il titolo di “miglior serie drammatica” per più anni di seguito ed è stata nominata come una delle migliori serie di tutti i tempi da Time Magazine. Questo, giusto per farvi capire con che pezzo grosso abbiamo a che fare sta volta, una serie così importante che definirla col termine “un pezzo da 90” sarebbe una descrizione troppo leggera per far capire a voi lettori quanto la sua presenza abbia influito nel modo di fare serie , quasi quanto lo era stato Dario Argento per in genere horror.
Ma cos’è che ha reso davvero così importante, così intrigante e così seguita Homicide? Quello che si diceva in apertura, la totale assenza di fiction. Nonostante un telefilm sia un elemento di fiction in se, sono convinto che una serie possa essere trattata in svariati modi, per esempio: un telefilm come Smallville è pura fiction, dato che ci sono elementi fantascientifici e sviluppi di trama a scopo puramente d’intrattenimento (e a volte anche banali e al limite della logica e della credibilità). Homicide, invece, non è niente di tutto questo. Rispettando la volontà dello scrittore e di come ha trattato il suo libro, il telefilm è uno specchio iper-realistico sulla figura del poliziotto e tutto ciò che lo circonda; non c’è fantasia o piani di supercattivi macchiavellici alla Dr. Destino, non ci sono soluzioni geniali a crimini complessi o fantomatici “Capi dei Capi”…qui c’è solo la realtà. La moglie uccide il marito? Non è per l’eredità e non fa in modo che sembri un suicidio, ma lo fa per un motivo molto umano: perchè la trattava male o perchè il consorte non era fedele, quindi va fuori di cervello e la uccide. Un poliziotto muore? Non è perchè “sapeva troppo” o perchè muore sacrificandosi per salvare il collega, talvolta un ufficiale di polizia muore perchè uno stronzo qualunque (scusate l’espressione) è stato più veloce di lui nell’estrarre la pistola o perchè la pressione del lavoro è troppa e lo porta al suicidio, il che è una visione molto cruda e realistica non solo del poliziotto, ma anche dei pregi e dei difetti di questo lavoro, delle riflessioni di chi ha scelto questa professione sulla vita, la morte, la giustizia, come vorrebbero che fosse questo lavoro, come si vedono, come li vede la gente.
Il poliziotto qui non appare come il superessere dalla scintillante armatura e dal mantello svolazzante nel vento…ma come degli uomini con i loro pregi e difetti, nevrosi e paure che nonostante il loro impegno sembra che non sia mai abbastanza contro una criminalità viva, crudele e dilagante. Come dicevo, è per questo che in Homicide non c’è fiction, perchè la fiction in se è solo uno strumento per rappresentare la realtà…e stavolta, sua vera incarnazione. Se piace il genere crime tuffato in questa piscina di realismo dove ogni episodio è una scarica di cazzotti nello stomaco alla sensibilità dello spettatore, allora questo è il telefilm che fa per voi. Avverto che in Italia questa serie è molto difficile da recuperare, quindi preparatevi a faticare non poco per concedere alla vostra mente e ai vostri occhi il piacere della visione di questo telefilm e non prendetela nemmeno come scusa per prepararvi a quanto avete letto qui dentro, perchè nessuno
è mai veramente pronto per quello che vedrà in Homicide, ma garantito al limone, una volta che comincerete, non potrete mai più farne a meno.
 

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