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R.I.P (Recenserie In Peace) – L’Ispettore ColiandroTEMPO DI LETTURA 7 min

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Una volta, qualcuno, disse che noi
italiani siamo un popolo di conservatori, un popolo che non vede di
buon occhio il cambiamento e che è estremamente legato alla
tradizioni. RecenSerie è d’accordo? No, per niente. Siamo un qualcosa di
peggio dei conservatori: siamo dei fancazzisti. Dire che siamo dei
conservatori ci fa apparire come un popolo che, pure coi suoi
accomodanti tempi, prima o poi evolve in qualcosa di meglio e prende
atto delle sue potenzialità. Noi invece siamo peggio, perché
sappiamo in casa quanto siamo bravi e sappiamo che possiamo dare meglio di
altre nazioni in tanti campi: ma non abbiamo voglia. Ci va bene
così, ci accontentiamo della mediocrità e ci affidiamo a qualcun’altro affinché ci faccia pervenire quello di cui abbiamo bisogno. Ma
cosa centra questo discorso con l’obiettivo di questo sito, cioè
quello di parlare di telefilm? Credeteci, centra un sacco, perché
uno dei campi dove possiamo dare meglio di altre nazioni è proprio
questo, proprio quello delle serie TV, e un serial come l’Ispettore
Coliandro è stata l’inconfutabile prova di quanto detto e
tutt’ora sosteniamo. Non fate quelle facce, non gridate con
tutta la potenza della vostra voce: “E chi cazzo è? E chi
minchia l’ha mai sentito?” come delle suocere che si
ritrovano al mercato del paesello. Un momento che adesso spieghiamo.
L’Ispettore Coliandro è un personaggio
letterario inventato da Carlo Lucarelli protagonista di
alcuni libri e fumetti scritti da lui dove compare come protagonista,
comprimario o semplice spalla. Visto il successo che riscosse la
versione cartacea della creatura dello scrittore emiliano, la Rai
decise di finanziare una serie TV di stampo noir/poliziesco
(atmosfere tipiche che accompagnano il personaggio) dove l’Ispettore
era l’assoluto protagonista. Per quattro stagioni, andate in onda dal
2006 fino al 2010, e un totale di 14 episodi dalla singola durata di
100/120 minuti circa, conosciamo e assistiamo alla (dis)avventure
dell’Ispettore Coliandro, un poliziotto attivo nella città di
Bologna che dopo aver erroneamente arrestato un carabiniere sotto
copertura, viene (per punizione) sbattuto alla spaccio alimentare per
evitare che faccia ulteriori danni e metta nuovamente in ridicolo il
copro della polizia. Per quanto i suoi superiori cerchino di tenerlo
fuori dai guai, quest’ultimi si sono apparentemente affezionati
all’Ispettore (i guai, intendiamo), che un po’ per volontà – dato che
cercherà in tutti i modi di tornare alla squadra mobile e riscattare
il suo nome – e un po’ per caso, Coliandro si troverà in situazioni
degne di un romanzo di James Ellroy o Raymond Chandler.
Il vero successo del personaggio si
deve a due uomini: il primo, a Carlo Lucarelli, che l’ha creato e
l’ha caratterizzato; il secondo, a Giampaolo Morelli, che l’ha
interpretato nel telefilm mostrando una recitazione genuina e
convincente. Descrivere Coliandro è facile ma allo stesso tempo
difficile, poiché per capire la descrizione bisogna immedesimarsi
tanto nell’ottica del paragone, perché capito quello si potrà capire tutta
la bellezza del telefilm.
Dopo una attenta analisi, il
personaggio di Lucarelli si può riassumere in: “La
risposta alla domanda: Cosa sarebbe successo se Harry Callaghan
avesse avuto la sfiga di Charlie Brown?
“. Egli è non
solo un omaggio alla figura dell’ispettore americano dei classici
film anni ’70/’80 ma anche una sua fedele riproduzione, munito di
tutti i tipici cliché e caratteristiche che hanno regalato successo
a questa iconica figura. La sua originalità sta: 1) nella location
in cui si svolgono le trame, l’Italia e in particolare la città di
Bologna, un paese poco soggetto a questo timo di trame e 2)
nell’aggiunta di una fattore che poco s’addice a qualcuno che dovrebbe
essere un impeccabile rappresentante della legge, ovvero una
sfortuna senza pari e una maldestria a dir poco leggendaria.
L’innovazione non sta solo nel cambio di location in cui questa
figura era abituata a muoversi (per altro, molto accattivante e per
niente pacchiana o banale) ma sopratutto nella decostruzione del
classico archetipo del poliziotto duro, giusto, solerte e freddo,
dove nonostante egli mantenga queste caratteristiche lo scrittore ne
aggiunge delle nuove e addirittura contrastanti, come: la sfortuna,
l’essere impacciato, a volte vittima dei peggiori luoghi comuni e
apparentemente violento, sessista e razzista. Carlo Lucarelli crea,
così, un personaggio più accessibile al pubblico senza
commercializzarlo, umanizzando una figura potente e più difficile da
empatizzare. Abbiamo così un uomo a tutti gli effetti, capace di
sbagliare sia sul lavoro che nelle piccole cose della vita, armato
unicamente di un senso della giustizia tra i più puri e onesti, il
tutto condito con una Bologna da far invidia alla Detroit degli anni
’50, con i loro giochi di luce e ombre che la fanno catapultare in
una ambientazione noir nuova a travolgente, oltre a delle immancabili
battute che alternano quelle ironiche/autoironiche e divertenti a
quelle taglienti e d’effetto. Tutto questo, ha trasformato la serie
in un prodotto di qualità che non aveva assolutamente nulla da
invidiare alle produzioni americane, e lo diciamo senza paura di
ritrovarci fan incazzati sotto casa armati di torce e forconi.
Purtroppo, le cose belle non durano mai
troppo e nel caso dell’Ispettore Coliandro sono durate pochissimo.
C’ha messo mano e zampino la sfiga che perseguitava la creatura di
Lucarelli e Morelli diretta dai Manetti Bros? No, semplicemente c’ha
messo mano la Rai. Per problemi di budget, la Rai aveva deciso di
sospendere la quarta stagione e di mandare in onda solo due dei quattro
episodi previsti, giustificando tale decisione dichiarando che “con
una puntata di Coliandro ci compriamo dodici puntate di NCIS
”. Da una parte, è comprensibile che per un network televisivo sia importante
non sforare il budget e dare il massimo dei risultati con il minimo
sforzo. Ma dall’altra, diventa anche impossibile accettare questo fastidioso
e irritante vizio che abbiamo noi Italiani: quello di non avere
rispetto per un opera che ha avuto il consenso di molti è che
entrata nei loro cuori. Pensate che, quando si è saputo che la Rai
aveva intenzione di sospendere la serie, i fan hanno cominciato a
protestare con un massiccio mailbombing, tra i protestanti c’erano
addirittura dei veri poliziotti, i quali hanno aperto una pagina su
Facebook per protestare contro il taglio degli episodi (per chi non ci crede, clicchi
qui
).
Ecco spiegato perché queste righe
sono state aperte con alcune considerazioni sui nostri connazionali,
perché a differenza di un paese come l’America, non amiamo le nostro
produzioni. Potete dare tutte le colpe che volete agli USA, che siano
“il grande Satana” o quello che volete ma almeno loro
stravedono per i loro Uomo Ragno, per i loro Rambo, per i loro Dr. House et simila, e cercano sempre di trovare la giusta ponderazione tra
un prodotto vincente e un opera degna di tale nome, un giusto
connubio tra un qualcosa che frutti denaro ma che lasci anche un
messaggio allo spettatore. A noi? A noi dei nostri Dylan Dog, dei
nostri Romanzo Criminale, dei nostri La Piovra non ce ne può fregar
de meno. Non abbiamo voglia di sbatterci a trovare qualcosa di
innovativo, perché in fondo non ne vale la pena. E cosa vale la
pena? I soliti programmi sul calcio con ballerine tette e culi? Le
solite puttanate con scontatissime battute doppio senso di commedie
trite e ritrite con Boldi e De Sica? Essere la riproduzione in carne
e ossa di quella famosa canzone degli Articolo 31 intitolata “Italiano Medio”? Beh, se è così, non stupisce che il
mondo intero ci veda come un paese popolato da oltre 50 milioni di
cosplayer di Super Mario.
Non abbiamo fiducia in noi stessi, ma
sopratutto, non abbiamo voglia di averla. Non abbiamo voglia di
credere che quello che (a livello d’intrattenimento) l’Italia può
dare, nonostante una produzione di più unica che rara bellezza come
l’Ispettore Coliandro ha dimostrato. Cosa ancora dobbiamo fare prima
che di renderci conto del nostro infinito potenziale? Il 27 Ottobre
2011, Mantetti Bros e Giampaolo Morelli hanno dichiarato che hanno
intenzione di portare l’universo di Coliandro al cinema, dove forse
avrà nuovamente la possibilità di far aprire gli occhi al popolo
tricolore su quanto si può ancora dare. Da quel giorno, non si è
saputo ancora niente. Ma nonostante il nome della rubrica, non ce la
sentiamo di dire “riposa in pace” solo “riposati, e
torna il più presto possibile”, perché siamo pronti a scommettere che la
tenacia dell’Ispettore tornerà di nuovo a bucare lo schermo, piccolo
o grande che sia.

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