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R.I.P. (Recenserie In Peace) – Doctor Who: L’Era Di Colin Baker (1984-1986)TEMPO DI LETTURA 11 min

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E’ molto difficile parlare del Doctor di Colin Baker. Si mischiano vari elementi: lui è veramente bravo e perfettamente inserito nel personaggio; gli episodi hanno complessivamente un loro perché; la serie in generale inizia però a subire un primo declino. Non mi addentrerò nei problemi extra-scenici che la produzione dovette affrontare, intanto per una mia mancanza di elementi, ma soprattutto perché non voglio perdere di vista il mio proposito iniziale: parlare di una serie “antica” con l’occhio dello spettatore del 2014. Quindi, cosa si presenta oggigiorno davanti ai nostri occhi, in questi episodi di metà anni 80?
Colin Baker non viene accolto con squilli di trombe. La sua prima apparizione ufficiale come Dottore avviene nell’ultimo serial della ventunesima stagione. Tanto per rendere chiare le idee, “The Twin Dilemma” è stato più volte considerato come uno dei serial peggiori di tutta la storia di Doctor Who. Eppure, nella sua futile storia ci è molto utile per capire subito che tipo di Dottore avremo davanti. La crisi post-rigenerazione è forse una delle più traumatiche. Dopo un’apparente calma, il Time Lord inizia a delirare arrivando a tentare di strangolare la povera Peri. Dopodiché decide che vuole diventare un eremita per mille anni. Interessante la spiegazione per questo nuovo carattere estremamente lunatico e scontroso: l’eccessiva gentilezza e bontà del Dottore di Davison aveva creato sentimenti repressi, sfogati nella nuova persona. Inutile dire che il contrasto risulta vincente. Ricordo che le precedenti tre incarnazioni (Pertwee, T. Baker e Davison) ognuna a modo loro, avevano sviluppato sempre di più una personalità eroica (come poi verremo abituati noi spettatori del duemila). Con Colin Baker si torna prepotentemente ai fasti di Hartnell e Troughton. La scontrosità del primo è la caratteristica più immediatamente identificabile, soprattutto nel modo di parlare rapido ed accigliato, con un pizzico di pazzia in più. E’ con il secondo, però, che è possibile trovare numerosissimi tratti comuni. Mi autocito parlando di carattere clownesco e “luciferina malizia”: con CB queste caratteristiche vengono notevolmente ingigantite (anche grazie all’impatto visivo dei colori; guardando il suo abbigliamento si capisce il perché). Potrebbe scattare automatico il paragone con il suo omonimo Tom: guardaroba eccentrico, capigliatura vivace e la tendenza a non fornire una buona prima impressione con i vari personaggi appena incontrati (cosa che non avveniva con Davison, ispiratore di immediata fiducia). Osservando attentamente però, è presente una grandissima differenza tra TB e CB, forse neanche troppo scontata. Come detto prima, TB rappresenta una figura, nel suo sviluppo, decisamente eroica. Eccentrica, forse, ma eroica. CB è un primo vero antieroe. L’anti-eroismo di Hartnell veniva mitigato da figure maschili forti (Ian e Steven), mentre Troughton nel suo modo di fare bizzarro, tendeva decisamente ad una decisa genialità e propensione al successo. Possiamo quindi dire che il personaggio di C. Baker ha portato un elemento di novità che noi oggi potremmo identificare solo parzialmente in Eccleston (carattere iroso e testardo), ma abbiamo avuto poco tempo per giudicare. Nel momento in cui scrivo, ancora non ho avuto un primo riscontro con il Dottore di Peter Capaldi, ma ho ragione di credere che potrebbe essere il primo vero successore del biondo e “dannato” Dottore.
La ventiduesima stagione porta con sé una decisiva novità: il numero di episodi si dimezza, il tempo raddoppia, il numero dei serial rimane costante. Inutile dire che non tenendo conto della lentezza inevitabile (ma comunque minore rispetto a prima), noi ci troviamo perfettamente a nostro agio con questo più familiare formato di 45 minuti. E anche gli episodi assumono caratteristiche decisamente interessanti. Se stessi scrivendo tutto ciò senza avere coscienza della nuova serie, potrei parlare di una chiarissima decadenza rispetto alla “classicità” degli episodi anni ’60/’70. Invece è impressionante come il carattere tetro, claustrofobico e grottesco degli episodi datati 1985 e 1986, rimandi moltissimo a quelli dell’era Russell T. Davies. E’ vero, la virata verso uno stile da B-Movie è lampante, ma onestamente negli anni precedenti non ci erano stati regalati dei kolossal (avevo già parlato del trattamento estremamente diverso verso le serie TV del passato). Motivo che però può rendere ancora più simpatici gli episodi di questo periodo, è una particolare critica che venne loro rivolta: troppa violenza. Forse involontariamente, si vira verso un carattere più “adulto” della narrazione, cosa che noi nuovi spettatori conosciamo bene. Perfettamente in linea con la personalità del protagonista, è facile vedere una maggiore presenza di armi (spesso usate dal Dottore stesso), di morti a sangue freddo (in “Vengeance Of Varos” il Dottore spinge due attentatori dentro l’acido e sfiora l’impiccagione) e di temi estremamente macabri. E a tal proposito, fuori da qualsiasi intento celebrativo, particolarissima è la messa in scena di “The Two Doctors”. L’onnipresente Troughton (l’ultima apparizione per lui) incrocia la sua linea temporale (insieme ad un ritrovato Jamie) con la sua futura incarnazione. In un caldo ambiente spagnolo (l’episodio è ambientato a Siviglia) ci troviamo di fronte a Sontaran e androidi cannibali con le due incarnazioni del Dottore che si incrociano a malapena (sorvolo sulle ennesime discrepanze che questi incontri comportano nella mitologia della serie).
Della sfortunata ventitreesima stagione si potrebbe scrivere un intero trattato per la quantità di tematiche che ci fornisce. Riprendendo la formula del “macro-serial”, porta un suo personale titolo: “The Trial Of A Time Lord”. Dopo una sola stagione si ritorna nuovamente al format dei 24 minuti, però con soli 14 episodi. La sigla cambia nuovamente lasciando spazio ad una strumentazione del tutto elettronica. Il Dottore viene ancora processato da un tribunale di Time Lords, l’accusatore un misterioso “Valeyard”. Sicuramente i serial non presentano episodi indimenticabili, anzi. I momenti interessanti avvengono quando la narrazione verticale si interrompe per lasciare spazio a quella orizzontale. Ecco quindi un richiamo meta-televisivo grosso come una casa: gli episodi nella loro forma più classica, ma forse la serie stessa, vengono messi sotto processo. Il Dottore e altri personaggi si siedono per guardare e commentare Doctor Who. Talvolta vediamo proprio i personaggi lamentarsi dell’inutilità di certe sequenze, chiedendo di saltare e passare a parti più salienti. La struttura è nettamente “dickensiana”: i tre serial presentati durante il processo si svolgono rispettivamente nel passato del Dottore, nel presente (o meglio, un recentissimo passato) e nel futuro. Questa successione di eventi è anche l’unico avvicendamento di companions cui assistiamo. Il saluto dalla “storica” Peri viene addolcito nel finale rispetto alla crudissima e crudelissima soluzione a cui si era arrivati in “Mindwarp”. L’avvento di Mel è un caso più unico che raro. Presentataci nella storia futura del Dottore (“Terror Of The Vervoids”), non abbiamo modo di assistere al loro primo incontro. A dire il vero, questo era previsto per la stagione successiva, ma come poi vedremo le cose presero una diversa direzione. Gli elementi più degni di nota in questo arco narrativo, sono quelli che rimandano a temi anticipatori della nuova serie. Tra questi, un’accusa di genocidio che viene mossa contro il Dottore alla fine del quarto episodio di “Terror Of The Vervoids”. Quello del genocidio, come sappiamo, è uno dei temi più cari all’epoca Davies/Moffat. Il Dottore, immischiandosi con la storia, mosso dalle intenzioni più nobili, spesso viene identificato unicamente come portatore di morte. Basti ricordare la presentazione che gli viene fatta in “Rose” del 2005. Un simbolo di stanchezza e di disarmonia nella creazione della serie, è portato da una forte discontinuità temporale. Quello che emerge è che non tutto ciò che accade al protagonista ci viene mostrato. Mentre precedentemente la sensazione era quella di seguire tutte le principali avventure, ora veniamo resi partecipi di eventi casuali, dove siamo costretti soltanto a supporre il resto. Ricorda niente? A me è subito tornata alla mente la prima metà della settima stagione della nuova serie. Per capirci, l’ultimo periodo dei Pond prima che questi venissero sostituiti da Clara. Se non fosse, però, che ora gli eventi che ci vengono “negati” sono discretamente importanti, come, appunto, l’incontro con Mel e, ben più importante, la stessa morte della sesta incarnazione del Dottore.
E’ vero che gli sceneggiatori dell’epoca, più o meno volontariamente, lanciarono il sasso per poi nascondere la mano. Ed era un sasso decisamente pesante. Presentare, come antagonista, un personaggio come il Valeyard, costringendo addirittura il Master ad allearsi con il Dottore, e sfruttarlo così poco (almeno nella serie canonica) è stato un vero e proprio spreco. Con poca chiarezza, ci viene spiegato che il Valeyard è una parte oscura del Dottore, una sua versione malvagia e futura, collocabile tra la dodicesima e l’ultima incarnazione. Che vuol dire? Non si capisce bene. E’ una figura eterea e “teorica” come il Watcher (“Logopolis”)? Oppure una emanazione del Dottore come il “Dream Lord” (“Amy’s Choice”)? Fosse così non ci sarebbero problemi. Ma se quella che ci troviamo davanti è una vera e propria incarnazione futura del Dottore, tanti auguri a Moffat (con un po’ di fantasia l’attore Michael Jayston potrebbe ricordare Capaldi). Consideriamo poi che la sua fine è tutt’altro che decretata, visto il finale aperto. E nella stagione che sta per uscire, con il ritorno probabile di Gallifrey, chissà quante possibilità.
Tornando però strettamente a Colin Baker e alla nostra serie classica, questo del Valeyard conferma un tratto comune che ci ha accompagnato dall’inizio fino a questo momento. Ogni attore ha avuto modo di interpretare una controparte malvagia, di misurarsi con un suo lato oscuro. William Hartnell non ha avuto bisogno di “fare il cattivo” in quanto la sua personalità conteneva già numerosi momenti negativi, soprattutto agli inizi; purtroppo è quasi totalmente lacunoso “Enemy Of The World”, dove Patrick Troughton interpreta anche un malvagio dittatore, sosia appunto del Dottore; Jon Pertwee, dal canto suo, inganna tutti con la sua alleanza con The Master in “The Claws Of Axos”; Tom Baker, oltre ad essere un androide in “The Android Invasion”, ci mette all’oscuro dei suoi piani per un bel po’ in “The Invasion Of Time”, arrivando a far esiliare Leela e a reclamare il posto di presidente dell’alto consiglio dei Time Lords; Peter Davison invece, in un’efficace ma corta sequenza, incarna la nuova entità fisica del malvagio Omega. Senz’altro in Colin Baker è già insita questa ambiguità, il suo lato oscuro è alla luce del sole. Il suo abbandono a Peri in “Mindwarp” fa rabbrividire. Per lui è stata quindi riservata una vera e propria personificazione malvagia, ossia quella del Valeyard. Tutto questo è stato frutto di una lenta e, forse, inconsapevole elaborazione: il Dottore non più come un eroe per bambini, ma una personalità complessa che nella sua natura semi-divina è capace di fare del male con la stessa facilità con cui fa del bene. Figura impossibile da decifrare. Ma per noi oramai questa non è una novità. In “The Name Of The Doctor”, infatti The Great Intelligence dirà: It was a minor skirmish by the Doctor’s blood-soakers standards. […] Tell that to the leader of Sycorax, or Solomon the trader, or the Cybermen, or the Daleks. The Doctor lives his life in darker hues, day upon day, and he will have other names before the end: the Storm, the Beast, the Valeyard.
Per questo motivo ritengo quello di Colin Baker un Dottore tanto importante quanto sottovalutato. E a quanto pare, per lui si avevano progetti a lunga scadenza. Eppure l’inquietudine e la continua incertezza della produzion portarono ad un ingeneroso licenziamento. Con i suoi 11 serial, ad eccezione di Paul McGann e Jon Hurt, è l’attore con meno storie all’attivo nei panni del Dottore. La rigenerazione è una vera e propria liquidazione. CB giustamente si rifiutò di filmare la scena del cambio della guardia ad inizio ventiquattresima stagione (“Time And The Rani”), costringendo Sylvester McCoy a giacere voltato con una parrucca bionda e riccia. Causa della rigenerazione: ignota (tentata di spiegare più volte in produzioni letterarie o audio). Risulta sicuramente più verosimile il non rendere ogni volta solenne la celebre regeneration, ma noi sappiamo che c’è ben poco di artistico in una scelta del genere, se non un simbolo dell’avvicinarsi degli ultimi anni di trasmissione.

Note sparse
– Nel serial “Attack Of The Cybermen”, il Tardis per la prima e unica volta cambia la sua forma. Si voleva introdurre un grande cambiamento nella serie, poi immediatamente abbandonato. Nello stesso serial si rivede la discarica del primissimo episodio: “An Unearthly Child”.
– Il serial “The Mark Of The Rani”, oltre all’introduzione della Time Lady rinnegata che causerà (probabilmente) la rigenerazione, sono presenti dei personaggi storici. L’ultima volta era successo nell’avventura “The Gunfighters”, con William Hartnell. La regia è affidata ad una donna per l’ultima volta prima del celebre “Blink” del 2007.
– Era già stata progettata una ventitreesima stagione poi non girata. Per quella che poi andrò in onda, si dovette aspettare l’ottobre del 1986.

Elenco dei compagni di viaggio: Peri Brown, Mel Bush.
Prime apparizioni: –
Serial consigliati: “The Twin Dilemma” (ventunesima stagione), “The Two Doctors” (ventiduesima stagione), “The Trial Of A Time Lord: The Ultimate Foe” (ventitreesima stagione).


“In all my travelling throughout the universe, I have battled against evil, against power-mad conspirators. I should have stayed here. The oldest civilisation: decadent, degenerate, and rotten to the core. Power-mad conspirators, Daleks, Sontarans, Cybermen: they’re still in the nursery compared to us. Ten million years of absolute power. That’s what it takes to really corrupt.
da “The Trial Of The Time Lords: The Ultimate Foe”, 1986

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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