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Doctor Who 8×05 – Time HeistTEMPO DI LETTURA 5 min

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“This is a good day to be a bank robber.”

Un episodio come “Time Heist” può essere contemporaneamente una mezza delusione e 45 minuti di puro intrattenimento ed estetica whovian. Occorre essenzialmente contestualizzare il momento in cui lo si guarda. Non bisogna negare che le aspettative dateci dagli ultimi episodi speciali ancora si fanno sentire: dov’è Gallifrey? Possibile che non vada precipitosamente a cercarlo? Perché non ci vengono dati elementi dei vari misteri della trama orizzontale (a parte un piccolo riferimento alla misteriosa woman from the shop)? Trama orizzontale che fatica in ogni caso a delinearsi (a parte le pillole di Clara-Danny). C’è però da riconoscere che arriverà un secondo momento (alla fine di questa stagione, o forse anche dopo) in cui avremo chiaro tutto il grande disegno. E sarà a quel punto che “Time Heist” si manifesterà nella sua vera essenza: un episodio ben girato, stilisticamente particolarissimo, con la mutazione totale di Capaldi in Dottore. Non che ora non vengano apprezzate queste caratteristiche, però la smania di sapere e vedere ci porta erroneamente a considerare un simile episodio come freno. I colpi di scena sono interni, chiusi all’interno dell’episodio stesso, e in quanto tali si pongono in una posizione di inferiorità con le grandi svolte emozionanti e cariche di pathos delle ultime uscite (l’apparizione di Tom Baker in “The Day Of The Doctor“, quella di Matt Smith in “Deep Breath“, la rigenerazione stessa di Smith…).
Ci sarà un motivo, però, se noi siamo semplici spettatori/fan/critici/detrattori/fanboy-girl/haters e loro sono invece dei semplici scrittori stipendiati da uno dei più importanti canali europei, per scrivere il più longevo show di sempre. E’ chiaro, fosse per me infilerei in ogni episodio riferimenti alla mitologia, ritorni storici e simili. Ma quanto potrebbe poi durare come telefilm? E dirò di più: che valore avrebbero poi l’effettivo colpo di scena, il finale di stagione che pone un punto, lo speciale? Inutile ricordare come la quinta e la sesta stagione (pur con una conclusione parziale nei rispettivi finali) abbiano avuto un senso vero e proprio esclusivamente con il recente speciale natalizio.
Questo episodio presenta tratti di novità così come elementi estremamente classici, almeno per la nuova serie. La novità è data dal particolarissimo ritmo dell’episodio. Velocissimo all’inizio: la scelta viene legittimata nel finale quando è esplicitato il blocco mnemonico, giustificando così il “salto” improvviso  di inizio episodio. Particolarissimi i cambi di scena e l’attenzione all’impatto cromatico. Se l’ambiente ha quel qualcosa di claustrofobico tipico del periodo Russell T. Davies (già presente in “Into The Dalek“, quindi niente di nuovo) bisogna riconoscere che vi è anche un continuo cambio di ambienti e spazi. Corridoi lunghi e stretti si avvicendano con spaziose sale, stanze colme di tesori, magazzini colmi di cavi. I cambi rapidi di ambiente vengono potenziati da una colonna sonora sempre attiva e funzionale (in quanti non hanno pensato ad “Ocean’s Eleven”?) che talvolta si concede qualche sinfonica interruzione.
Se stilisticamente l’episodio guarda avanti, a livello di trama e intreccio, Moffat e Thompson preferiscono affidarsi all’usato sicuro e i risultati sono comunque soddisfacenti. Quale sarebbe questo “usato sicuro”? Fondamentalmente tre grandi blocchi della trama: il concetto di sacrificio, il wibbly wobbly, la rescue mission. Frequentissimi sono infatti, soprattutto nell’era-Tennant, i companion occasionali che finiscono per sacrificarsi (anche se in questo caso non è propriamente così). Sul secondo aspetto c’è poco da dire: è il grande marchio di fabbrica di Steven Moffat e sembra non poterne fare a meno, ma avendo la possibilità di parlare di viaggi nel tempo, come si potrebbe effettivamente farne a meno? Per quanto riguarda il terzo, questo rappresenta un esordio dell’era-Capaldi. Recentissimo è il nostro ricordo della coppia di creature separata da un intero universo in “Hide“; così come la balena spaziale di “The Beast Below”. Dopo un dinosauro andato a fuoco, il Dottore di Capaldi fa pace con il suo lato ambientalista/animalista (anche se effettivamente è scorrettissimo differenziare umani e animali in un ambito così vasto e alieno).
Penso poi tranquillamente di poter dire che in “Time Heist” Peter Capaldi compie il balzo definitivo. Nei primi quattro episodi aveva scaldato i motori, ci aveva portato a chiederci: “chissà come se la caverà Capaldi in questo caso”. Era sì il Dottore, ma la metamorfosi nei nostri occhi era ancora in corso. Non ci si sofferma in “Time Heist” a cercare di capire aspetti della sua personalità, bensì abbiamo modo di osservare la conferma alle impressioni già avute: carattere più cinico, grave, introspettivo, autoreferenziale (“I hate the architect!”). Quando poi si ritrova di fronte al Teller avviene la definitiva consacrazione. In un episodio in cui è il Dottore stesso a fare praticamente tutto (dopo un parziale immobilismo negli scorsi), il confronto con la creatura è il momento decisivo. Di certi attori è stato detto che riescono a fare interi discorsi anche senza parlare, con la sola espressione degli occhi. Capaldi in questo caso riesce a darci una molteplicità di sensazioni quando è addirittura di spalle, con il Teller dietro. E forse è proprio da quell’inquadratura che si mette un punto definitivo all’adattamento del nuovo attore con l’antico personaggio. Con Eccleston e Hurt l'”accettazione” dovette essere immediata e breve, Tennant già in “The Girl Of The Fireplace” (2×04) rivela tutta la sua profonda identità, Smith (complice il difficile impatto per i fan) forse viene veramente accettato solo alla fine della quinta stagione (pareri estremamente soggettivi, questi). Con la quasi totale sicurezza di venire smentito già la prossima settimana, mi sento di affermare che anche Capaldi ormai è a tutti gli effetti The Doctor: da qui in avanti non avrà più bisogno di presentarsi.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il ritorno dei “memory worms”
  • “The long scarf, the bow-tie…”
  • Musiche sempre più mutevoli
  • Peter Capaldi con un’interpretazione sempre impeccabile che si consacra come Doctor
  • “Il Wibbly Wobbly incontra Ocean’s Eleven”
  • Il gong
  • Scelte stilistiche originali
  • “Mucho scary hombre”
 
  • Ripetitività delle scenette temporalmente sfasate tra Clara e Danny
  • Episodio chiuso (momentaneamente) in sé stesso
  • Marchi di fabbrica ben definiti 
  • Alcuni passaggi troppo affrettati

 

Episodio che verrà apprezzato maggiormente a stagione finita. Superiore all'”episodio tassa” di Mark Gatiss, ma a livello di impatto inferiore al confronto storicamente importantissimo con il Dalek della 8×02. La soddisfazione da parte di chi scrive rimane alta.

 

Listen 8×04 4.8 milioni – ND rating
Time Heist 8×05 4.9 milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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