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Game Of Thrones 5×06 – Unbowed, Unbent, UnbrokenTEMPO DI LETTURA 5 min

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Con un’alternanza quasi matematica, prosegue con il contagocce la narrazione di questa quinta stagione di Game Of Thrones, arrivando alla metà del suo percorso stagionale. Se nella scorsa puntata, “Kill The Boy“, si era indagato su Jon Snow e su Daenerys, nell’ultimo episodio, “Unbowed, Unbent, Unbroken”, invece, si approfondiscono altre storyline, inerenti alla famiglia Martell, alla combattiva Arya – usata, vessata, tenuta all’oscuro, addestrata nella Casa del Bianco e del Nero per diventare un Uomo senza Volto -, a Tyrion – salvatosi dal precedente scontro con gli Uomini di Pietra e qui rapito dagli schiavisti – e alla povera Sansa – costretta per l’ennesima volta a soggiacere al Destino sposando Ramsay.
Iniziando dal titolo, “Unbowed, Unbent, Unbroken” è il motto di una delle casate più importanti dei Sette Regni, i Martell, casata narrata nei libri, meno nella serie tv. Nella quarta stagione avevamo conosciuto Oberyn, la sua sete di vendetta per la morte di Elia, stuprata dalla Montagna, assassino anche del piccolo Aegon. In questa puntata il fantasma del Principe è ancora presente, ma sono altri i personaggi al centro dell’episodio: le Serpi delle Sabbie e il principe Trystane (assieme alla Lannister Myrcella).
Nonostante “Unbowed, Unbent, Unbroken” venga presentato come un episodio incentrato sul regno di Dorne, è proprio questa parte ad essere poco approfondita e meno ficcante: le Serpi combattono, si scontrano ma il duello con Jamie e Bronn – che dà il meglio di sé con la sua sola presenza, come ad esempio quando intona una canzone – non raggiunge gli apici a cui la serie ha abituato. Sicuramente si era atteso fin dalla prima apparizione delle donne Martell il loro combattimento, ma la resa finale non convince, debole è proprio la costruzione della scena, più una scaramuccia che un vero scontro in armi che fa a cazzotti con l’indole “da amazzoni” delle combattenti.
La sceneggiatura di questo episodio intreccia, come spesso capita in Game Of Thrones, le varie storie le une alle altre arrivando a momenti di forte tensione, forza espressiva ed estetica, in un climax ascendente e uno di questi è sicuramente il matrimonio di Sansa e Ramsay.
Sansa è uno dei personaggi che in queste stagioni è stato meglio raccontato, donna negli anni tormentata, fiaccata dalla Vita e dalla Morte: la sua pena è una marea che monta, mai libera e, quando riesce a “fuggire”, la sua situazione precipita inesorabilmente per ritrovarsi con un nuovo “carceriere” ancor più crudele del precedente.
Ora Sansa, cresciuta, più pronta ad affrontare gli ostacoli che le si parano davanti, ha a che fare con Reek e con Ramsay. Quest’ultimo, uomo di incredibile cattiveria e crudeltà gode nel vederla soffrire, disperarsi, dibattersi nella difficoltà – la presenza di Reek la logora, facendole ricordare il suo passato – e architetta macchinazioni terribili – basti pensare a quando l’uomo chiede proprio a Reek di condurla all’altare.
Il matrimonio tra l’uomo e la donna è ben costruito, in una sorte di funerea congiunzione tra due anime che mal si congiungono: l’atmosfera, l’ambientazione, la cerimonia notturna, la presenza delle candele, fanno pensare più ad una veglia funebre che ad un matrimonio. E’ come se questa unione rappresenti qualcosa di più di un matrimonio sbagliato: la stessa preparazione del corpo della sposa, ricorda molto il lavaggio dei cadaveri – stessa posizione, stessi movimenti -, dell’apertura di puntata con la piccola Arya.
Ancora una volta la Stark è costretta a soggiacere agli ordini e non all’amore – basti pensare alla pausa lunghissima della ragazza prima di accettare l’uomo come marito; il giovane Bolton viola la verginità della moglie con una ferocia inaudita e incomprensibile, o meglio comprensibilissima conoscendo la cattiveria del personaggio – Reek è costretto a guardare. Cattivi presagi per la novella moglie infelice. A fare da contrappunto alla scena, in realtà solo immaginata e non vista totalmente, è il primo piano del bravissimo Alfie Allen che racchiude in sé il sentire dello spettatore che si strugge per l’ennesima violenza nei confronti di Sansa.
Un’altra donna attorno alla quale ruota Game Of Thrones è sicuramente Cersei, sempre più cinica e spietata: qui la si vede orchestrare una congiura diabolica nei confronti della famiglia Tyrell, contro Loras e la regina Margaery. Il dialogo tra Cercei e Lady Olenna è ben pensato: le due donne sono molto più simili di quanto si possa immaginare, entrambe ciniche, temibili, fortemente legate ai figli e nipoti. Nelle loro parole taglienti è evidente l’astio che l’una prova per l’altra, inconsapevole l’una di ciò che è capace l’altra. Stavolta però, la più crudele e agguerrita è sicuramente Cersei che riesce, grazie all’interpretazione di Lena Heady, ad essere ancor più mefistofelica, intrigante – si pensi anche al dialogo tra lei e Ditocorto – e machiavellica.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il matrimonio tra Sansa e Ramsay
  • Il volto di Reek
  • La canzone di Bronn
  • Lo scontro tra Cercei e Lady Olenna
  • Dorne poco rappresentata
  • Il combattimento delle Serpi mal gestito

 

Sicuramente questa sesta puntata ha un incipit un po’ fiacco e piatto che non coinvolge totalmente, soprattutto se messo in relazione con altre parti della puntata stessa. “Unbowed, Unbent, Unbroken” è nel complesso un buon episodio che però non mostra il meglio di sé ed è un vero peccato. E’ impossibile che ogni storyline appassioni nello stesso modo, un po’ perché Game Of Thrones spesso prende strade diverse rispetto ai libri, lasciando perplessi i lettori che guardano la serie, un po’ perché con Game Of Thrones si ha l’impressione di non averne mai abbastanza e di potersi aspettare sempre di più.

 

Kill The Boy 5×05 6.56 milioni – 3.5 rating
Unbowed, Unbent, Unbroken 5×06 6.24 milioni – 3.1 rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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