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Mad Men 7×14 – Person To PersonTEMPO DI LETTURA 10 min

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Mad Men 7x14 - Person To Person

Matthew Weiner ha chiuso un cerchio.
In questi anni abbiamo viaggiato per il tempo e per lo spazio: dagli anni 60′ retrocedendo all’infanzia di Don, fino a saltare al 1970 che è la fine di un significativo decennio, l’inizio di un lungo e controverso periodo storico, ma soprattutto, per noi, rappresenta the end of an era.
Abbiamo conosciuto Don Draper per quello che tutti vedevano, per quello che tutti volevano vedere: bello, ricco, una moglie bellissima, una famiglia unita, una carriera sfavillante a Madison Avenue, amanti e belle donne come se piovesse.
Poi abbiamo imparato a conoscere Dick, ed è cambiato anche il modo di vedere Don. Di vedere i suoi difetti e i suoi pregi: abbiamo cominciato a comprendere quell’infedeltà, vista in maniera diversa dalla prospettiva di chi è cresciuto in un bordello. Vediamo in maniera diversa il comportamento quasi anaffettivo nei confronti delle donne, dei figli, per chi non ha avuto una vera e  propria madre che fosse sua, per chi ha avuto un padre pronto solo a gonfiarlo di botte. Vediamo in maniera diversa cosa c’è dietro tutti quei soldi e quel successo che sembra quasi regalato (considerato che una giornata di lavoro viene passata tra alcool, sigarette e uscite extra, mai alla scrivania di chi è ligio al dovere), se pensiamo a chi non ha avuto mai una lira, ha dovuto sudarsi tutto vendendo pellicce. Vediamo diversamente quel nome che scintilla nell’olimpo dei pubblicitari e che viene aggiunto all’intestazione di un’azienda, se pensiamo a chi un nome non ce l’ha mai avuto, a chi ha voluto cambiare la sua condizione di bastardo senza meriti e senza futuro tramite un nome. Pensiamo bene all’identità del protagonista che otto anni fa ci è stato presentato, se pensiamo a chi un’identità l’ha rubata.
In questi anni abbiamo viaggiato per il tempo e per lo spazio: abbiamo conosciuto Don Draper negli anni 60′ a Madison Avenue e abbiamo conosciuto Dick Whitman negli anni ’30. E d’improvviso abbiamo capito, compreso, empatizzato con Don. Lo abbiamo giustificato in tutto, rapportando Don all’infanzia infelice di Dick. Don ha una moglie, dei figli, un lavoro. Dick ha avuto una prostituta per amica, una matrigna, un padre violento e un patrigno, senza nessun futuro e possibilità di riscatto all’orizzonte.
E poi è arrivata la guerra, la Corea e il segreto di Don, di Dick, che piano piano è diventato un po’ anche il nostro segreto. Tutte le volte che Don si comportava in un determinato modo, inspiegabile agli occhi degli altri, noi sapevamo il perché e quasi volevamo urlarlo, per difendere quell’uomo indifeso. Così autoritario, così deciso, così forte, ma indifeso.
Dall’altra parte però abbiamo imparato anche a conoscere Don: ambizioso, amante del proprio lavoro, creativo, narcisista, lungimirante, ammaliante, persuasivo, abile, lussurioso, viziato, sognatore, intraprendente.
Matt Weiner ha chiuso un cerchio: è partito da Don per farci conoscere Dick, ritornando a Don.
Non si può scegliere chi essere, ma si può scegliere chi diventare. E in un’epoca dove le differenze sociali erano ancora molto forti e condizionavano il futuro di tutti, Dick Whitman ha scelto chi essere e chi diventare, anticipando un po’ quelli che sarebbero stati gli anni 60′, gli anni che abbiamo scoperto insieme a lui. Don è stato in qualche modo precursore di un’era e allo stesso tempo ne ha rappresentato la fine.
Quest’ultima, straziante, puntata non è stata niente più niente di meno che un epilogo già scritto. Don nelle scorse puntate aveva abbandonato la pubblicità: la McCan, le riunioni con il pranzo al sacco, la Coca Cola come marchio di sottomissione non facevano per lui. E in uno strano viaggio alla ricerca di sé stesso -in una delle sue solite fughe dalla realtà, dalle responsabilità- è tornato Dick Whitman.
Ma cosa è andato storto? Dick non aveva i soldi di Don. Ed ecco che esce fuori l’amara esistenza di Don: avvicinato, considerato, desiderato solo per i suoi soldi. Dal piccolo ladruncolo dello scorso episodio, ai ragazzi delle auto fino alla ragazza nel suo letto: tutti in cerca di una fetta di torta. E in questa visione, a noi pietosa e straziante, le uniche telefonate che fa sono a Sally, Betty e Peggy. Le tre donne della sua vita.
Il rapporto tra Don e Sally è sempre stato così controverso e viscerale da farci soffrire ogni volta che i due interagivano. Don non è stato mai un buon padre e quest’ultimo episodio non fa che dimostrarlo. Ma Sally sa, esattamente come noi. Forse è l’unica che è riuscita veramente a comprendere Don, da quel momento, da quello sguardo lanciato al padre quando questi gli fa vedere la casa dove è cresciuto. Sally ora è cresciuta e, per quanto adolescenziale possa essere, sembra più coscienziosa del padre e più matura della madre. Sally ha fortemente odiato il padre per le sue donne, ha fortemente odiato la madre per essere una donna infantile, viziata, dispettosa e irrispettosa nei confronti della figlia. Eppure Sally è sia suo padre che sua madre e non potrebbe essere altrimenti. Sally non può che essere il riflesso incondizionato di una vita cresciuta con Betty. Non è un caso che entrambe le donne Draper -pur sostenendo soluzioni diverse per il futuro dei due piccoli bambini- concordino sul fatto che non è decisamente Don la persona con cui dovrebbero andare a vivere una volta morta Betty. “I want to keep things as normal as possible, and you not being here is part of that.”
E poi c’è quella telefonata tra Betty e Don. L’ultimo contatto tra i due, bellissimo e carico di emozioni. In quella telefonata c’è tutto il risentimento di Betty nei confronti di Don per non essere stato mai un padre presente; c’è tutta la presunzione di Don di poter prendere i suoi figli e sradicarli dalla loro quotidianità semplicemente perché “I’m the father”; ma c’è anche tutto l’amore e tutta una vita passata insieme che non vuol dire per forza essere ancora innamorati, ma significa molto di più per entrambi.

“Birdy…”
“I Know.” 

Betty e Don sono l’essenza di Mad Men. Sono due personaggi meschini, egoisti, viziati e superficiali. Eppure qualcosa ci ha legato a loro, così tanto da soffrire per Betty anche quando la vediamo irrimediabilmente determinata ad essere sé stessa di fronte al cancro. Ci è venuto così difficile entrare in empatia con Megan, che all’inizio era così bella, dolce, innocente e materna; e invece abbiamo sempre tenuto Betty nei nostri cuori, una donna glaciale, una bambina mai cresciuta e un senso materno che faticava ad uscire fuori. Forse Betty è il personaggio che più ci mancherà: con quel suo infantilismo che la porta a fare amicizia con un bambino di dieci anni e con quella sua sigaretta in bocca per sentirsi adulta.
E poi c’è l’ultima telefonata di Don. A Peggy. La sua protetta, la sua scoperta, la sua sottoposta ma al contempo la sua collega, la sua discepola, la sua confidente, la sua amica fidata. Nel corso delle stagioni il rapporto tra i due è stato un crescendo: Peggy è l’unica donna che Don ammira e considera una sua pari. E’ l’unica segretaria che ha promosso a copywriter perché ne ha riconosciuto subito il talento (Megan non vale, l’ha fatto solo per realizzare un sogno più suo che della moglie stessa); è una delle poche persone con cui è riuscito a confidarsi, è l’unica persona che ha chiamato nel momento del bisogno e che ha taciuto il suo segreto. Già dalla prima stagione il rapporto tra i due è andato ben oltre il semplice lavoro (Don aiuta Peggy e mantiene il suo segreto riguardo la gravidanza e il bambino abbandonato) e tra i due, pur essendoci pochi contatti, c’è sempre stato un silenzioso spalleggiamento e un prendersi cura dell’altro a vicenda. La telefonata tra Peggy e Don, quelle battute, poche ma intense, rappresentato il momento più alto della serie. Don non è mai stato sincero con nessuno, non è mai riuscito a confidarsi con nessuno, non ha mai chiesto aiuto a nessuno. Eccezion fatta per Peggy. “I’m not the man you think I am. I broke all my vows. I scandalized my child. I took another man’s name and made nothing of it.  I only called because I realized I never said goodbye to you”.
Peggy nel corso delle stagioni è stata lo specchio, involontariamente, del suo mentore. E’ diventata ciò di cui per anni si è cibata: il lavoro ha rappresentato per lei l’unico scopo nella sua esistenza, con una vita privata angusta e infelice, caratterizzata da una delusione dopo l’altra. Eppure, nel momento di caduta di Don, Peggy ne rappresenta il riscatto. Don non ha più possibilità di cambiamento, di rialzarsi e vivere una vita felice con le persone a cui tiene e che lo amano a sua volta: questa possibilità Matthew Weiner la da a Peggy, riscattando in qualche modo Don Draper tramite la sua discepola. Tramite una telefonata. Un’altra ancora.
L’episodio lascia spazio ad una serie di irrisolti rapporti: Peggy e Peter che hanno condiviso qualcosa di più di un lavoro o di una pianta: un figlio. Così come Joan e Roger, che decidono di dividersi per sempre ma sanno di essere irrimediabilmente legati per sempre, non solo da Kevin ma dal sincero affetto che traspare tra i due. E poi ci sono Joan e Peggy che hanno rappresentato due opposte tipologie di donna. Così apparentemente diverse ma infondo molto simili. Joan ha avuto il riscatto che meritava e che, con il passare degli anni, sembrava non arrivare più: in un mondo dove gli uomini l’hanno sempre dominata e sottomessa tanto nel lavoro quanto nella vita privata, Joan prende la decisione più coraggiosa che potesse fare. Lascia il compagno che pretendeva di mantenerla e apre un’agenzia tutta sua. “You need two names to make it sound real”. Holloway-Harris: Joan non ha mai avuto bisogno di Peggy o di chiunque altro, se non di sé stessa. Tutti i rapporti tra personaggi in quest’ultima puntata della serie si scindono senza alcuna possibilità: sappiamo che non si rivedranno più Betty, Don, Roger, Joan, Peggy, Peter, ma sappiamo anche che ognuno di loro è collegato all’altro da qualcosa di molto più profondo e allo stesso tempo troppo sottile per essere colto. E’ un tacito patto tra loro e noi telespettatori, tra noi e Matthew Weiner.
Un cerchio che si chiude. E tra intrecci di telefonate che sembrano delineare la fine o l’inizio di tutti i rapporti di Mad Men, torniamo nuovamente a Don. Don che crede di ritrovare e ritornare Dick semplicemente aggrappandosi alle persone che glielo ricordano e che lo conoscono e lo hanno sempre conosciuto solo come Dick. Ma è tornando da Stephanie e seguendola nel ritiro spirituale che Don si rende conto di quello che abbiamo evidenziato nelle scorse recensioni: si rende conto di quanto egli sia solo. Betty e Sally non lo vogliono vicino in alcun modo, rifiutano il suo aiuto, così come Stephanie. Tutti sembrano accettare i suoi soldi, nessuno vuole la sua compagnia. E Don riesce a chiudere un cerchio, quando ascoltando le parole di uno sconosciuto, rivede sé stesso.

“You spend your whole life thinking you’re not getting it, people aren’t giving it to you. Then you realize they’re trying and you don’t even know what it is.”

Don forse riesce, tramite le parole di un uomo infelice come lui, ad accettare la sua miserabile condizione ed è proprio ritrovando Dick che riesce a capire chi realmente è. Da Don a Dick. Da Dick a Don. Person to Person.
“New day, new ideas, a new you.” E mentre la guida recita questa parole, Dick mente a sé stesso, perché Dick non ha mai smesso di essere Don.
La chiave è sempre stata lì, nei titoli di testa: non potrà mai smettere e mai smetterà di essere un Mad Man.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
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Un cerchio che si chiude: dalla Lucky Strike alla Coca Cola. Grazie Mad Men.

 

The Milk And Honey Route 7×13 1.87 milioni – 0.6 rating
Person to Person 7×14 3.29 milioni – 1.1 rating

 

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