);

Sense8 1×01 – Limbic ResonanceTEMPO DI LETTURA 6 min

/
()

Limbic resonance. 
It’s a language older than our species. He thinks that’s what happened to you in the park, and it’s all got to do with this chemical, DMT. It’s a simple molecule present in all living things. Scientists talk about it being part of an eco-biological synaptic network. 
When people take it, they see their birth, their death, worlds beyond this one. They talk of truth… connection… transcendence.

Limbic Resonance. Bisogna partire dalla definizione che dà il nome alla puntata per cominciare a parlare di Sense8 perchè è il concetto che sta alla base della serie, ed in tal senso la citazione qui sopra è necesaria. In più interviste sia i Wachowski che J. Michael Straczynski hanno parlato di quanto sia interessante analizzare i pregi ed i difetti che la tecnologia apporta quotidianamente nelle nostre vite, quanto effettivamente la migliora e quanto effettivamente la peggiora. Tra selfie, social network e utility di svariato genere nel cellulare, coscientemente o meno ci si sta progressivamente isolando in un mondo personale ed informatico. Partendo da questa riflessione il trio dai cognomi impronunciabili (che d’ora in avanti per comodità chiameremo Wacho e Stracchino) è andato oltre per affrontare la tematica che ne deriva e che Stracchino stesso ha espresso così: “We started out at one point talking about how evolution involves creating ever greater circles of empathy“.
Sense8 non è una serie facile da trasporre visivamente, sia per la gestione dell’enorme cast che viene suddiviso nelle 8 storyline di quelli che sono già stati ribattezzati “Sensates”, sia per via della trama in sè, davvero complessa e bisognosa di molto tempo per essere spiegata. I 60 minuti di “Limbic Resonance” sono confusionari, complessi, vividi ed intensi allo stesso tempo ed offrono una gamma di emozioni davvero difficile da digerire senza rimanere un po’ perplessi. La sensazione straniante degli eventi è palese e lo spettatore, esattamente come gli 8 “Sensates”, ne soffre terribilmente barcamenandosi ed implorando per un briciolo di spiegazione. La realtà è che chiunque abbia visto almeno un film dei fratelli Wacho non può che aspettarsi una gestione simile, complessa, caotica e dannatamente bisognosa di tempo per esplodere in tutta la sua potenza. “Limbic Resonance” è esattamente così, un perfetto rappresentante del modus operandi dei Wacho, qui appesantito ulteriormente dalla necessità di affrontare 8 storyline in contemporanea in solo 1 ora di tempo.
Per presentare in maniera equa e democratica i protagonisti si sarebbe quindi dovuto dedicare a ciascuno di loro 7 minuti e 30 secondi, cosa che però ovviamente non è stata fatta sia per necessità di plot sia per impostazione della serie che, come già detto, deve essere analizzata più nel lungo periodo che nel mero capitolo. Una prima presentazione di tutti i character è doverosa ed è stata fatta, pur peccando in qualche momento, discretamente bene. Certo il discorso che si è fatto per ogni pilot vale anche qui, ed infatti il mettere in evidenza alcuni personaggi a discapito di altri è un’arma a doppio taglio che si fa sentire e che si palesa chiaramente fin da metà episodio. La difficoltà principale in cui incorre Sense8 è spiegare sè stesso al pubblico ed in contemporanea farlo innamorare delle sue marionette, un compito che, seppure difficile sulla carta, è stato in parte portato a termine.
La prima scena di questa series premiere si apre in una chiesa diroccata nel cuore della notte, protagonista è una donna bionda di nome Angelica che, in un alternarsi di inquadrature, appare prima sola, poi in compagnia di Sayid di Lost Naveen Andrews, poi di nuovo sola. La regia con le sue inquadrature “salterine” ha il compito di introdurre la vera natura di Sense8 provando a non far passare per pazza la bionda Angelica. Ci vorrà di fatto tutto l’episodio per riuscire ad elaborare l’accaduto, perchè, pur non essendoci stato nessun versamento di liquido amniotico, la scena iniziale è l’equivalente di un parto di 8 piccoli “Sensates” che all’improvviso hanno visto la loro “madre”. Esattamente nel momento del suicidio della donna, 8 persone che non si sono mai viste e che sono dislocate rispettivamente a Chicago (Will Gorski), San Francisco (Nomi/Micheal Marks), Berlino (Wolfgang Bogdanow), Mumbai (Kala Dandekar), Londra (Riley Blue), Nairobi (Capheus), Città Del Messico (Lito Rodriguez) e Seul (Sun Bak) diventano come fratelli e sorelle, anzi come una persona sola. Nel momento dello sparo incominciano a provare sensazioni che non gli appartengono, sentono suoni ingiustificabili e vedono persone (i loro fratelli e sorelle) in posti e in situazioni che non hanno alcun senso logico.
È già difficile spiegare per noi quanto accade, renderlo solo tramite inquadrature, allucinazioni ed effetti sonori lo è ancora di più e qui sta la bravura dei Wacho e di Stracchino. La regia dei fratelli Wacho, che oltre a firmare la sceneggiatura di tutti e 12 gli episodi sono anche i registi di 7 puntate, è caotica ma dannatamente scrupolosa nella sua logica: non potendo spiegare a parole ciò che è successo, l’utilizzo di più inquadrature, coadiuvato da un attento mix sonoro fatto di musiche e suoni apparentemente innaturali, è l’unico modo per far capire quello che sta realmente accadendo. In questa spiegazione visiva però più di qualche volta si sfocia nella noia o nella frustrazione perchè lo spettatore, pur necessitando di uno spiegone, da metà puntata in poi è ormai all’interno della serie e capisce la situazione anche senza bisogno che la telecamera si soffermi più e più volte su allucinazioni visive.
È strano da ammettere ma l’eccessiva scrupolosità dei Wacho ha appesantito la visione del pilot che magari sarebbe stato più fluido e discorsivo con qualche battuta in più e qualche inquadratura in meno. La difficoltà di rendere una storia così complessa è un’ottima scusante, così come lo è il bisogno di avere ben più di un episodio per introdurre la serie stessa, “Limbic Resonance” è vittima di sè stesso ma ne esce quasi da vincitore se si pensa alla resa finale e ai tanti altri modi (probabilmente peggiori) in cui sarebbe potuto essere reso. Si è visto quanto basta per concedere a Stracchino e ai Wacho un altro po’ di tempo, in fin dei conti le serie di Netflix sono come lunghi film di 12-13 ore, Sense8 non è da meno e questo pilot lo dimostra.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Trama interessante
  • Perfetto utilizzo di musiche e di effetti sonori
  • Regia ed inquadrature utili alla spiegazione della situazione
  • Regia a volte fin troppo “logorroica” nel mostrare le stesse cose
  • Si denota la necessità di spiegare un po’ più a parole la situazione per rendere più fluido il tutto

 

È un inizio, non perfetto, sicuramente complicato, ma è un inizio. La scrittura a 6 mani dello script è evidente, ciascuna sceneggiatura è stata alternata affidando la numerazione dispari ai Wacho e quella pari a Stracchino che poi, in maniera opposta hanno revisionato le rispettive sceneggiature. L’effetto Wacho è quindi stato placato in parte ma appare ancora evidente soprattutto nella creazione di determinati personaggi (uno su tutti la transgender Nomi che è una diretta trasposizione dell’ego di Lana Wacho). Sense8 è un prodotto non per tutti, difficile da piazzare ma che, proprio per la sua complessità e per la sua natura, merita di essere guardato con un occhio volto anche agli episodi successivi che aiuteranno sicuramente a dare maggior senso a quanto visto in “Limbic Resonance”.

 

Limbic Resonance 1×01 ND milioni – ND rating

 

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

Rispondi

Precedente

Recenews – N°70

Prossima

Hannibal 3×01 – Antipasto

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.