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Orange Is The New Black 3×12 – Don’t Make Me Come Back ThereTEMPO DI LETTURA 4 min

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Se dovessimo cercare un difetto in questa terza stagione di OITNB – comunque inferiore alle precedenti – la nostra scelta ricadrebbe sicuramente sulla gestione sbagliata di alcune storyline, talvolta trattate in maniera superficiale, o ancora peggio lasciate irrisolte (una su tutte la sparizione dell’agente Bennett, che se attribuita ad un ripensamento dell’ultimo momento circa la paternità, risulterebbe assolutamente estranea alla caratterizzazione del personaggio). L’inizio un po’ in sordina e la decisione di sviluppare un numero forse eccessivo di vicende con colpevole ritardo, avranno certamente forti ripercussioni su questo finale di stagione, al quale servirebbero almeno un altro paio di puntate per sviluppare adeguatamente la moltitudine di questioni lasciate aperte al termine di questo episodio.
Questa volta il tema centrale, come sempre veicolato dal flashback di puntata, è quello della maternità, nello specifico l’importanza delle scelte compiute dal genitore e le ripercussioni sul futuro dei propri figli. Il personaggio di Aleida, emblema di una maternità arrivata troppo presto e mai affrontata con la giusta serietà, dimostra per la prima volta – con un gesto forse fin troppo prevedibile – di poter mettere da parte il proprio egoismo in nome di quella felicità che a suo avviso esiste solo nelle favole. La disillusione nei confronti della vita al di fuori di Litchfield, mostrata nel dialogo finale con Gloria, ci mostra una donna esattamente identica a quella Mrs. Miss Diaz, troppo piena di sé per concedere un attimo di felicità alla propria figlia, ma stavolta con una sostanziale differenza: l’arrivo imminente di sua nipote, e con esso la possibilità di rimediare agli errori compiuti in passato con Dayanara.
Piper continua il suo cammino alla Heisenberg, mostrando, soprattutto nei rapporti con Stella, un cinismo venuto a galla fin troppo rapidamente, funzionale per rendere la protagonista insopportabile agli occhi dello spettatore, ma che proprio grazie a questa repentinità finisce più di una volta per sembrare forzato. Un’idea, quella della trasformaziona da innnocua figlia di papà a vendicativa galeotta fedifraga, che avrebbe certamente potuto essere sviluppata brillantemente, ma che purtroppo ha risentito dell’eccessiva fretta con cui questo cambiamento è avvenuto. Abbastanza superfluo il commercio parallelo messo su dalla moglie di Cal per lucrare sull’idea di Piper. Un segmento narratvo che aggiunge ben poco alla storia e che inoltre sottrae minutaggio a vicende ben più interessanti.
Come sempre i momenti migliori arrivano grazie ai personaggi cosiddetti secondari – sebbene OITNB si sia sempre distinta per essere una serie corale e per questo ben poco legata al concetto di protagonista – in particolare dalla strana coppia Boo/Pennsatucky, alle prese con una vendetta in stile “Girl With The Dragon Tattoo”. Uno dei più classici “occhio per occhio”, mosso dal desiderio di vendicare l’ennesimo abuso perpetrato da un secondino, si trasformerà invece in una dimostrazione di umanità da parte delle due detenute, entrambe troppo buone per ripagare Coates con la stessa moneta. “I don’t have rage, I’m just sad“, la straziante confessione di Doggett si configura come l’emblema del profondo cambiamento che ha visto protagonista la ragazza in questa ultima stagione, oltre che confermare il monumentale lavoro fatto dallo show per mostrare in maniera efficace il tema della violenza sessuale sulle donne.
Le altre vicende, partendo dall’attacco a Sophia, passando per Caputo e arrivando al tentato suicidio di Soso, non fanno altro che inserirsi nello sviluppo della storyline, non proprio esaltante, dell’amministrazione della prigione, rimarcando le difficoltà derivanti dalla gestione approssimativa delle risorse del carcere. L’interpretazione di Laverne Cox in questo episodio si inserisce di diritto tra le migliori viste quest’anno, dipingendo alla perfezione il disagio di chi si è ritrovato al centro di un crimine dettato dall’odio, oltre che la rassegnazione di una detenuta che nulla può fare se non arrendersi al trasferimento in cella d’isolamento per evitare di essere schiacciata dal peso dell’ignoranza e del disprezzo ingiustificato.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La strana coppia Boo/Pennsatucky
  • L’interpretazione di Laverne Cox
  • La scena di Caputo e la gallina
  • La trasformazione troppo repentina di Piper
  • Il commercio alternativo della moglie di Cal
  • La storyline della gestione della prigione non esaltante
 

 

L’episodio scorre mediamente bene e nonostante questa terza stagione abbia offerto puntate qualitativamente migliori, l’ottima gestione dei “personaggi secondari” contribuisce ad alzare la valutazione. Siamo ad un passo dal season finale e nonostante possa sembrare difficile chiudere tutte le storyline sviluppate fino ad ora, siamo sicuri che non mancheranno i colpi di scena.

 

We Can Be Heroes 3×11 ND milioni – ND rating
Don’t Make Me Come Back There 3×12 ND milioni – ND rating

 

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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