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Hannibal 3×12 – The Number Of The Beast Is 666TEMPO DI LETTURA 5 min

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Hannibal, l’abbiamo già sottolineato, è una serie complessa, colta e piena di metafore, simbolismi e simbologie. Hannibal è come il serial killer, affascinante e misterioso, è a volte lento, ampolloso, ma ricco di trame e sottotrame, è affabulatore, ma difficile da decifrare. Hannibal è enfio di filosofia, arte e musica. Hannibal è grondante di religione (pagana e non), erotismo e crudeltà. Hannibal ha in sé una forza centrifuga che parte dal centro (Hannibal The Cannibal appunto) per poi dipanarsi lungo le varie direttrici (Will, Alana, Jack, Dolarhyde e così via), è un’onda anomala che travolge ogni cosa (pensiamo a tutte le sequenze in cui l’acqua invade Will e gli altri personaggi).

Cosa non è Hannibal? Una serie tv che si può liquidare con “non la capisco, quindi non mi piace”. Nel momento in cui ci sembra di aver capito quale sia il sottile filo che tiene insieme ogni immagine della serie, quest’ultima vira e cambia strada.
Hannibal con “The Number Of The Beast Is 666” è ad un passo dalla fine e ancora una volta strizza l’occhio, fin dal titolo, al libro dell’Apocalisse: il Drago, il Diavolo, l’Agnello e Dio sono figure che fanno parte del testo biblico e che si fanno corpo nella serie. Nel dialogo tra Hannibal e Jack i due, in una singolar tenzone, affidano ciascun ruolo biblico agli altri compagni d’avventura (Dolarhyde, Hannibal, Will e Jack) ma ciò che appare evidente è che ancora una volta giocano con Will, L’Agnello di Dio che sta per trasformarsi in Leone, pronto a colpire. Cosa ci aspetterà? Cosa farà il Leone?
Durante la visione di “The Number Of The Beast Is 666” emerge che questa terza stagione ha due ritmi e due storie differenti che danno la sensazione di una sorta di scissione interna: da una parte i primi episodi, serviti a ricordarci dove eravamo rimasti, dall’altra gli ultimi, più tesi, lavorano intorno alla figura affascinante e seduttiva del Red Dragon – quindi fortemente legata all’omonimo libro. E’ proprio il famigerato Drago Rosso a dare linfa vitale alla stagione e ai personaggi, primo fra tutti Hannibal che ha una nuova pedina tra le mani (Dolarhyde), ma anche il tenebroso e cervellotico Will, che ricomincia a lottare con i propri fantasmi e con le proprie paure (quella mano di Will sulla spalla di Chilton è una condanna per lo psichiatra) dopo i tre anni in cui ha tentato di costruirsi una vita.
Fondamentale per comprendere la natura di Will è sicuramente il dialogo con Bedelia Du Maurier, che oltre a mettere in luce il lato oscuro del profiler – ne analizza sogni, visioni, pensieri -, indaga anche il rapporto tra l’uomo e Hannibal. Le due mogli di Barbablù, una di fronte all’altra, sviscerano il dubbio che ha percorso tutte e tre le stagioni della serie: “Is Hannibal in love with me?”. Tornano in mente scene, immagini, gesti, parole che hanno legato indissolubilmente i due personaggi – prima fra tutte la sequenza dell’amplesso (Alana-Hannibal e Will-Margot Verger) e quella finale della seconda stagione in cui Hannibal parla di una famiglia composta da lui, Will e  Abigail – e che hanno strizzato l’occhio ad un legame omoerotico. E’ evidente che Hannibal abbia da sempre nutrito un’ossessione per il suo nemico/amico più amato, verso il quale prova una fame (mangiare-vivere-morire) vorace, un bisogno che lo muove. Hannibal vuole sempre mangiare chi ama di più (Will, Bedelia) e ciò è tanto più evidente se lo si mette a confronto con Dolarhyde che qui colpisce indirettamente – come durante i suoi cruenti omicidi si disfa prima degli animali domestici delle famiglie, così in questo caso si sfoga prima sul cane (Chilton, utilizzandolo come una sorta di Capro Espiatorio), poi sul padrone (Will).
Will ha introiettato tutti gli insegnamenti del killer, creando con lui un’osmosi fisica e mentale, un’empatia amorevole e dolorosa insieme, infatti a giocare non è solo il maestro che, nonostante sia rinchiuso in prigione, è ancora colui che muove le fila di tutto, ma a giocare è anche l’allievo che dice: “If you play, you pay”.
In questo dodicesimo episodio capiamo anche quanto possa essere perverso e malvagio il Grande Drago Rosso – fino ad ora sottotono – e quanto la voglia di fama di Chilton sia la sua prima nemica. Il dialogo tra i due riprende quello dei due personaggi del libro: da una parte c’è il Male in divenire, dall’altra la paura, da una parte il desiderio di vendetta per l’onta subita, dall’altra la consapevolezza di essere stato usato. Tutto questo monta in una delle sequenze più feroci, meglio recitate e sadicamente orchestrate di questa stagione: Raul Esparza e Richard Armitage incorporano la rabbia e il terrore, la fragilità e il demoniaco, la consapevolezza della fine e la speranza di sopravvivere e lo fanno con un corpo attoriale completamente in balia dei loro personaggi. Saliva, spasimi e disperazione di Chilton sono la risposta alla risoluta voglia di Dolarhyde, ormai trasformatosi quasi completamente, di dimostrare a Will chi egli sia veramente: non “la Fatina dei denti” ma il Grande Drago Rosso.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Chilton-Red Dragon
  • Will-Bedelia
  • La fotografia che immortala il bacio di Giuda di Will a Chilton
  • La gioia di Hannibal che sente nuovamente “l’odore” della carne umana
  • La troppa fretta nel risolvere alcune questioni
Questa penultima puntata, nonostante alcuni problemi che sono propri di questa stagione, alla fine risulta ben orchestrata, probabilmente per la bravura degli attori e per alcune scene sicuramente forti, prima fra tutti quella della tortura di Chilton. Ci stiamo catapultando inesorabilmente verso la fine di Hannibal, la speranza è che non si buttino via le storie all’interno della serie stessa, banalizzando un’opera che non se lo merita.
… And The Beast From The Sea 3×11 1.45 milioni – 0.4 rating
The Number Of The Beast Is 666 3×12 2.34 milioni – 0.7 rating

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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