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Doctor Who 9×02 – The Witch’s FamiliarTEMPO DI LETTURA 8 min

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“I came because you are sick and you asked.”
 
Steven Moffat, con questa doppia premiére, ha immediatamente calato l’asso. E’ rappresentato un insieme di elementi mitologici, applicati ad una scrittura volta, da un lato ad esprimere un particolare tratto stilistico, dall’altro ad esaltare tutte le potenzialità di attori e storia. Per questo motivo lo sceneggiatore scozzese riesce ad essere contemporaneamente così amato e così disprezzato, capace di dividere le piazze tanto da poterlo definire lo Zdenek Zeman della BBC. Questo episodio, da considerarsi forse come uno dei più importanti nel rinato repertorio whovian, per estetica, per classicità, per mitologia, per impatto nella nuova stagione, presenta al suo interno un dualismo che dipinge Moffat in tutto il suo stile. Moffat dialoga con il fandom, non lo fa neanche velatamente (“sono incoerente”, dirà il Dottore ad un certo punto). E’ oramai storia il monologo di Matt Smith nell’atto di rigenerarsi in cui consigliava ai Dalek di non farsi ricordare le regole sulla rigenerazione. Allo stesso modo, rivolgendosi a tutti gli “spettatori di scienza” non disposti ad accettare la non spiegazione sulla sopravvivenza di Missy (per due volte) e di Clara, monta su un teatrino niente male: il flashback in bianco e nero, narrato dalla Time Lady, volutamente vago e generico vuole essere un chiarissimo “tiè, volete le spiegazioni? Eccovene una a caso. Ora zitti e guardate l’episodio”. Fastidiosissimo per alcuni, da applausi per altri.
Allo stesso modo, però, la chiusura del cerchio di questa doppia premiére presenta in calce un ulteriore tipo di firma da parte dello showrunner scozzese. Il Dottore portatore di etica, l’ambiguità morale (Davros chiede: “am I a good man?”), il wibbly wobbley, i Dalek così diversi ma così simili al Dottore: sono questi elementi recentemente ricorrenti. Può considerarsi “The Witch’s Familiar” come la chiusura della mini-saga, estesa nel tempo, comprendente: “Genesis Of The Daleks“, “Dalek!”, “Into The Dalek“, “The Magician’s Apprentice“/”The Witch’s Familiar”. Nella miriade di avventure contro gli abitanti di Skaro, infatti, possono questi essere considerati capitoli introspettivi, mirati all’ambiguità morale, con meno azione, con più conflitti interiori. In tutti questi casi i Dalek non mirano alla conquista/distruzione dell’universo, non rappresentano una minaccia improvvisa (come nella maggior parte dei casi), quanto minaccia provocata da agenti esterni, tra cui l’intervento stesso del Dottore. Ed è proprio la “mancanza” di azione pura e semplice, non dettata da grandi moti dell’animo, a poter muovere un’accusa nei confronti di Moffat, notando come le premesse di un’ambientazione su Skaro possano essere state tradite. Tradite non dal risultato complessivo, bensì dall’ennesimo esito introspettivo, dopo un’ottava stagione dove ogni episodio era occasione per tracciare e confermare tratti caratteristici nella personalità del Dottore.
Tutto ciò è pura speculazione se si va poi a soppesare l’effettivo risultato estetico di questa 9×02. La potenza dei dialoghi tra Davros e il Dottore pone sullo sfondo anche il piano cervellotico del creatore dei Dalek, con tanto di ancora più cervellotica risposta del nostro protagonista, il quale aveva già misteriosamente compreso tutto. Ma qui sta il gioco, come detto nella precedente recensione, in merito alle morti eccellenti, nessuno si potrebbe prendere una responsabilità come quella di rompere un’inimicizia storica come quella tra gli abitanti di Gallifrey e quelli di Skaro, con una lente di ingrandimento sul Dottore e su Davros. L’inganno reciproco con conseguente faida è la conditio sine qua non possa essere costruita un’architettura romantica come quella del confronto tra acerrimi nemici, composta da attimi poetici (dalla risata tra i due all’inquadratura finale dove “un vecchio e un bambino si preser per mano”). Non fosse stato così, lì sì che si sarebbe potuto abbondantemente accusare Moffat di stravolgere il tutto.
Eppure, tanto per continuare a dividere gli spettatori, non si può dire che tutto rimanga perfettamente uguale: i Dalek apprendono il concetto di mercy, ovvero pietà/misericordia, il centro cui orbita l’argomentazione dell’inizio di questa nona stagione. A questo punto, giusto perché – porca miseria! – non può mancare qualcosa di ambiguo che continui ininterrottamente a creare tensione, riportiamo alla mente un gustoso precedente. Nella 5×13 – “The Big Bang” – nell’universo ormai quasi completamente imploso dall’esplosione del Tardis, River Song si imbatte in un Dalek tutto rotto e impolverato il quale, dopo aver riconosciuto il soggetto a lui di fronte, invoca pietà. Il termine utilizzato, neanche a farlo apposta è “mercy!“. Non ci troviamo di fronte ad un buco di trama, le spiegazioni possono essere molteplici e questo altro non è che pane per i denti degli “spettatori di fede“. Possiamo forse dire che era colpa del wibbly wobbley e il passato di Davros era già stato cambiato? Oppure l’universo in decadenza portava elementi della realtà futura, così come lo stesso universo poteva aver alterato la natura del Dalek? O molto semplicemente i Dalek conoscevano già il concetto di pietà inteso come “abbi pietà di me”, quindi auto-conservazione, ma non quello di “sono in grado di provare pietà”, come poi il Dalek/Clara esprime chiaramente. Non abbiamo dubbi che prima o poi Moffat inserirà un simpatico spin-off su uno sfortunato “aggiornato” Dalek viaggiatore che finirà dritto in un universo in fase di riavviamento, trovandosi in un museo con una giovane Amy Pond e con la folta chioma di River a spaventarlo. Tanto per farci nuovamente smettere di formulare domande a raffica.
Mentre il Dottore e Davros si intrattengono in una statica ma coinvolgente diatriba sull’etica, sulle radici e sulle sedie, a Clara e Missy è riservato il momento di pura azione. La separazione tra companion e Doctor richiama moltissimi stilemi della serie classica, così come la già citata presenza del Master a fare da “disturbatore” e non da villain a tutto tondo. Il dualismo Clara/Missy regala momenti avvincenti e mai privi di ritmo. L’imprevedibilità della Time Lady (e la mai abbastanza menzionata bravura di Michelle Gomez) non scade mai nel macchiettismo, anzi arriva a regalare veri e propri momenti di tensione. Lo scherzo tirato al Dottore, nel finale, è all’origine del brivido freddo lungo la schiena che avrà percorso gran parte degli spettatori. E’ vero che Clara è in fase calante, che la parte dell’ingenua fessacchiotta utile solo come spalla per i tiri di Missy ci porta ad un minor coinvolgimento e affetto nei suoi confronti. E’ anche vero che nessuno di noi sarebbe mai stato pronto ad un addio (annunciato) tanto crudele come quello che avrebbe visto, nel migliore dei casi, Clara intrappolata dentro un Dalek su Skaro (neanche vale la pena citare il parallelismo evidentissimo con “Asylum Of The Daleks”), nel peggiore, Clara vittima del Dottore stesso. Sarebbe stata una liquidazione spietata ed affrettata del personaggio, anche se costruita in maniera originale. Non ci avrebbe poi dato l’enorme curiosità su questa misteriosa idea venuta a Missy nel finale…
Si delinea così la nona stagione. Con un testamento a fare da trama orizzontale, con una Clara partente da un momento all’altro e, soprattutto, con tanti tanti doppi episodi. L’evocazione, nell’ottava stagione, della serie classica, mediante le continue trame verticali, lascia spazio ad una nuova evocazione costituita da lunghe avventure (i cari vecchi serial), caratterizzati ovviamente da un tipo di linguaggio più rapido, moderno e estremamente “moffattiano”.
Nota finale di commiato. Come accadde per Peter Davison e il suo quinto Dottore, il mitico sonic screwdriver sembra lasciarci. A chi urla al sacrilegio occorre ricordare che solo secondo, terzo e quarto Dottore, in passato, utilizzavano il cacciavite. Viene riportato poi in auge dal settimo Dottore ma solo nel film del 1996 (quindi a serie classica conclusa), per poi essere definitivamente adottato dai dottori di Russell T. Davies, diventando così un’icona della nuova serie nata nel 2005. Non si può dire che a Moffat – e al resto della crew che non si è opposta – sia mancato il coraggio, soprattutto considerata la vistosa soluzione sostitutiva. Solo i posteri ci sapranno dire a proposito di un eventuale boom di vendite di occhiali da sole, oppure di un immediato ritorno al cacciavite sonico per radicale calo di ascolti (su cui non occorrerebbe scherzare: occhio ai dati).
 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Dialogo Doctor-Davros
  • Missy
  • Lo spiegone di Missy
  • Dalek/Clara
  • Mercy
  • Il Dottore sulla sedia di Davros
  • Scenografie fantastiche (i corridoi di Skaro come apparivano in “The Daleks” del 1963)
  • Murray Gold sembra star sfornando nuovi temi
  • Ciao sonic screwdriver!
  • Clara ormai relegata a spalla e niente più
  • Cervellotico il piano di Davros, ancora più cervellotica la risposta del Dottore
  • Sicuri fosse la prima volta che un Dalek pronunciava “mercy”?

 

Come già detto, questa doppia premiére, che piaccia o meno, è importante nella mitologia whovian e rappresenta l’antitesi di molti (non tutti) inizi diesel delle precedenti stagioni. Il ritorno su Skaro, l’impatto con Davros bambino, il ritorno stesso di Davros, l’evocazione di tanti avvenimenti passati, oltre ad una certa dose di attesa regalata, ci spingono ad una solenne benedizione di questo episodio. Non sarà più il numero dei “Thumbs Down” a sminuire la considerazione macroscopica di un episodio che, volenti o nolenti, contribuisce più che mai a tenere vivo un simile show. In un recente passato avremmo tenuto conto della proporzione tra “Thumbs Up” e “Thumbs Down”, oggi, nell’oggettività (ambita) dell’analisi di un episodio, ci concediamo il lusso della soggettività nella valutazione finale, derivante da ciò che nel complesso la visione ci ha suscitato.

 

The Magician’s Apprentice 9×01 4.58 milioni – ND rating
The Witch’s Familiar 9×02 3.70 milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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