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American Horror Story: Hotel 5×02 – Chutes And LaddersTEMPO DI LETTURA 5 min

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Per comprendere i segreti di una persona, di un luogo, bisogna scoprirne prima di tutto le origini; ogni storia ha un inizio, ogni cosa ha un suo creatore. American Horror Story ci ha da sempre, o quasi, abituati ad una forza generatrice, animata da pensieri malati e crudeli, che tutto crea e tutto distrugge; questa quinta stagione rientra in tale progetto, instaurando una relazione molto stretta con le stagioni precedenti, soprattutto con Asylum. In American Horror Story: Hotel il demiurgo è James March, è lui ad aver costruito l’Hotel Cortez con ogni atomo della sua malvagità, è lui ad aver ucciso, intrappolato, fatto scomparire qualunque persona abbia varcato la soglia del suo gioiello.
“Chutes and Ladders”, secondo episodio di American Horror Story: Hotel, gronda sangue, violenza e orrore da ogni parte, cuciti dentro il materasso, murati vivi dietro le pareti dell’hotel, nascosti dentro una sala giochi. L’episodio è un complesso affresco, fatto di molti strati, è un castello dei destini incrociati in cui alle volte primeggia la sensuale Contessa, alle volte ha la meglio il detestabile James March.
Il pubblico è affascinato dal monstrum, tutto lustrini e paillettes, che si trova d’innanzi e a poco a poco ne scopre i segreti, ne conosce gli abitanti – i corridoi ciechi, il suo “padrone”, i bambini che sembrano quelli dell’isola che non c’è in salsa horror però – e, in men che non si dica, ne resta intrappolato, come i suoi avventori; è impossibile uscirne vivi.
Ryan Murphy celebra i topos del genere horror e li amplifica, gonfiandoli di modernità e citazioni, di delirio e paura, di erotismo ed eccitazione, e immerge la storia in un liquido amniotico putrido e “lussuoso” insieme che risulta maleodorante e erotico allo stesso tempo.
Tutto è disturbante, estraniante e malato in American Horror Story. Poco importa se l’episodio si apre con una sfilata di moda sfarzosa – in cui compare come guest star Naomi Campbell -, o se tornando indietro nel tempo scopriamo, in un flashback (figlio ammirato dell’espressionismo tedesco),  chi sia stato James March, oramai sappiamo bene leggere tra le righe della serie, in questo mondo non c’è speranza alcuna – e la religione è una sorta di nemico da sconfiggere (March parla del padre, molto credente, ma terribile umanamente, come di uno che, parafrasando, mangiava l’ostia e beveva vino).
La sfolgorante Lady Gaga, così giusta nel ruolo da impressionare, è la regina incontrastata del mondo diegetico, la sete (di sangue e sesso) la anima e la muove. Lo spettatore resta abbagliato dalla bellezza della Contessa, struggente e dolorosa, abitata da un desiderio mai pago, che va alla ricerca di un nuovo amante – mentre suona “In a lonely place” dei New Order. Lei, crudele come solo le femme fatale sanno essere, si ciba prima dell’amore del meraviglioso Donovan/Bomer – gli amplessi dell’altra puntata resteranno memorabili -, lasciandolo disperato e solo alla fine, e poi di quello del modello Tristan – con un rito d’iniziazione/amplesso simile a quello con l’ex – di cui l’ha colpita la disperazione e lo  spasimo.  E’ lo stesso spasimo per il quale lo sguardo della Contessa ha incontrato quello di Tristan, lo stesso per il quale i due si sono riconosciuti e capiti, durante la sfilata, mentre si sente “Don’t stop the dance” di Bryan Ferry.
Interessante il flashback in bianco e nero, di chiaro stampo espressionista, in cui il giovane, ricco – anzi arricchito – March costruisce il suo parco giochi orrorifico e spaventoso. Si racconta un uomo mefistofelico, pieno di voglia di sangue, desideroso di fare degli omicidi commessi delle opere d’arte, un vero e proprio genio e sregolatezza. Dal carbone al petrolio al sangue, siamo di fronte ad una carneficina senza pari, in una reazione a catena che non ha mai fine.
“Dio è morto”, così cantava con la sua voce calda e trascinata Guccini, riprendendo le parole di Nietzsche (nella “Gaia Scienza”), James March/Evan Peters invece ha un solo intento ucciderlo. Si scende negli inferi, si bruciano bibbie e si bestemmia dio. Il Cortez è un hotel, il migliore di tutta Los Angeles, ma è anche una macchina di tortura perfettamente orchestrata: i corpi cadono da scivoli nascosti, martelli guidati da una mano malata e malvagia battono e sbattono su corpi indifesi e senza colpa. L’orrore striscia dappertutto, il sapore del sangue e l’odore di Morte impregnano gli arredi di ogni stanza, consumano ogni personaggio – personaggi caratterizzati da un fascino fortissimo per quel malinconico dolore da cui sono mangiati, quella erotica fatica del vivere.
E’ evidente quindi che il detective Lowe arrivi alla riflessione secondo la quale i vari omicidi sono un chiaro riferimento ai Dieci Comandamenti (ci ricorda in un certo qual modo “Seven” con i sette vizi capitali). Lowe ha anche il suo mistero da risolvere quando la figlia sostiene di aver visto Holden, il fratello, nell’hotel, si infuria, si arrabbia, ma alla fine deve fare la sue indagini, perché qualcosa non torna, in quella macchia nella fotografia fatta dalla ragazzina vi è tutto il desiderio di non aver perso il proprio figlio – e in questo caso sì si parla di speranza.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Lady Gaga meravigliosa nel ruolo di Contessa
  • La prima vittima di Tristan
  • La figlia del detective Lowe, sveglia e pronta ad investigare
  • Il flashback in cui ci viene presentato March
  • Il personaggio di Sarah Paulson poco presente in questa puntata
  • Le sequenze fuori dall’hotel sono meno forti

 

“Chutes And Ladders” è un buon episodio: l’unione di personaggi ben costruiti, la violenza sempre pronta a scattare e il sangue senza pronto a sporcare le pareti fanno ben sperare; i misteri e gli enigmi che si celano e si mostrano un po’ alla volta tengono avvinti a sé gli spettatori.

 

Checking In 5×01 5.81 milioni – 3.0 rating
Chutes And Ladders 5×02 4.02 milioni – 2.2 rating

 

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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