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The Leftovers 2×08 – International AssassinTEMPO DI LETTURA 6 min

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Dopo lo scioccante finale di “A Most Powerful Adversary“, tutti noi, in cuor nostro, abbiamo rifiutato la possibilità di una svolta realistica della serie. Il corpo esanime di Kevin ci ha fatto sperare che si trattasse dell’ennesima parentesi esoterica a cui lo show ci ha abituato in questi due anni di messa in onda, escludendo a priori la malafede del gesto di Virgil. L’omicidio/suicidio senza un senso apparente sarebbe stata certamente una scelta coraggiosa e spiazzante, ma, alla luce di questo ottavo episodio, il viaggio di Kevin tra purgatorio e inferno si dimostra in primis un’opzione maggiormente in linea con lo stile dello show e, in secondo luogo, uno spiraglio di luce in una stagione composta, fino ad ora, da episodi narrativamente serpeggianti e volutamente elusivi.

Know first who you are, and then adorn yourself accordingly.

“International Assassin” è un episodio che solleva un quesito di lostiana memoria: questo posto è reale o si tratta di una sorta di purgatorio? Quando venne il momento di far luce sul reale significato dell’isola, Lindelof tuonò in maniera perentoria: quelle persone stavano realmente vivendo tutte quelle esperienze. La percezione del pubblico divenne poi talmente forte da portare gli stessi sceneggiatori a guardare al loro prodotto in termini metatestuali. Ma questa è un’altra storia. Il vero scopo di questa temporanea digressione è quello di garantirci una premessa. Premessa mediante la quale vogliamo mettere in chiaro il concetto fondamentale alla base della serie e del modo con cui approcciarsi ad essa: attribuire un significato inappellabile a questo – ma in realtà a qualunque – episodio, sarebbe una scelta quantomeno azzardata. L’unica certezza è quella di non avere certezze.
Salvaguardata la doverosa libertà di rappresentazione, l’episodio ci mette di fronte ad un viaggio, più precisamente ad un percorso tortuoso che ha come obiettivo una metaforica rinascita. Al centro di questa “missione” troviamo Kevin – una centralità solo apparente e dovuta al ruolo di “protagonista” della serie, in realtà ciascun individuo presente in questo hotel sembra avere a che fare con i demoni del proprio passato – nudo, immerso in una vasca da bagno. Dopo essere morto, Kevin rinasce attraverso la più classica allegoria cinematografica, trovandosi immediatamente di fronte ad una scelta: il ruolo da impersonare. Non ci è dato di sapere se lo scopo del suo viaggio sarebbe cambiato indossando un’altra identità tra quelle presenti nell’armadio, forse scegliendo l’abito da prete la ragione precipua del suo viaggio sarebbe stata la ricerca della redenzione attraverso il perdono, invece che l’omicidio della sua nemesi. Ma anche questa è un’altra storia.

None of this is real.
Friend, this is more real than it’s ever been.

Unica certezza, a scarso di simbolismi, è la location in cui il viaggio ha luogo: un hotel. Il temporaneo collegamento televisivo con il padre di Kevin lascia sorgere ulteriori dubbi sulla definizione del piano esistenziale d’appartenenza, mostrando una possibilità comunicativa tra due dimensioni evidentemente separate tra di loro. Anche qui non è possibile determinare quanto questo collegamento sia effettivamente reale, oppure se rappresenti l’ennesimo tentativo di depistaggio narrativo da parte degli autori.
Volendo proseguire con l’interpretazione dantesca già avviata nel corso della precedente recensione, il riferimento al Virgilio del Sommo Poeta assume ancor più significato se esteso a questo ottavo episodio. Prima attraverso il suo status, ormai assodato, di guida spirituale di Kevin, e poi, fugando ogni dubbio, in seguito al consiglio di non bere l’acqua. Un chiaro riferimento alle acque del fiume Lete, citato prima nell’Eneide di Virgilio (“Le anime che per fato devono cercare un altro corpo, bevono sicure acque e lunghe dimenticanze sull’onda del fiume Lete“) e poi ripreso da Dante nel Purgatorio (Dante immagina che, grazie alle acque del fiume Lete le anime vengano purificate prima di salire in paradiso, “dimenticando” in questo modo le proprie colpe terrene).
In fin dei conti per Kevin si tratta proprio di questo: dimenticare. Passare oltre eliminando la causa principale del suo dilaniante dolore, colei che si è prepotentemente insinuata nella sua vita, portandogli via Laurie e costringendo Nora ad abbandonarlo. Una volta arrivati al confronto finale, epilogo di un discorso aperto in “Cairo” (non a caso proprio ottavo episodio della prima stagione), però, la domanda sorge spontanea: chi, tra i due, ha maggiormente bisogno di essere liberato da questo dolore? Un dolore che come un cappio cinge la loro fragile esistenza, e che mette i due di fronte ad una scelta: “cross or jump”, due opzioni riconducibili rispettivamente all’assunzione delle proprie responsabilità, con le dovute conseguenze a cui esse porteranno, e alla classica easy way out, che però in questo caso porterebbe auspicabilmente ad un’eternità di prigionia in questo limbo.
Inoltre, per trovare ulteriore conferma alla teoria del purgatorio, basta tornare indietro di qualche settimana, a “Off-Ramp“. Intorno al minuto 18, in sottofondo, possiamo sentire una voce al telegiornale raccontare di un uomo, un tale David Burton, resuscitato vicino alla città di Perth (la stessa menzionata dal padre di Kevin durante il collegamento), ricoperto di punture di zanzara, che afferma di essere stato in un hotel prima di tornare in vita.

Our cave collapsed, Kevin. Now, we can spend all our time digging through the rubble looking for signs of life, or we can transform.

Grazie alle battute conclusive della sosia/senatrice Levin, la criptica sequenza iniziale di stagione, che ci catapultava indietro fino all’età della pietra, trova finalmente un’interpretazione chiara e simbolicamente percepibile. Oltre a ciò, si pone come elemento d’innesco della macchina narrativa che di lì a poco porterà Kevin a compiere la sua personale trasformazione, cedendo al suo ruolo di assassino pur di liberarsi dai propri demoni. Il tutto accompagnato magistralmente dal Va’ Pensiero del Nabucco, a scandire ogni momento cruciale del viaggio di Kevin.
Il confronto finale con Patti rimescola le carte in tavola, mostrandoci per la prima volta una donna fragile, con cui finalmente lo spettatore riesce ad empatizzare. Dal racconto della donna emerge prepotente il suo bisogno di libertà. Una libertà desiderata per sfuggire alla prigione di un matrimonio ormai privo di senso.
There’s a power to that. Silence“, con questa affermazione forse troviamo una soluzione al misterioso voto di silenzio dei C.S., o forse no. Poco importa. Da quella frase in poi l’unico elemento davvero importante è uno: la paura di agire e il conseguente rimorso per non aver agito. Al termine di un abbraccio salvifico in stile Santo Wayne, Kevin allegerisce Patti dal suo fardello, liberandola dalle sue paure, affogandola in quell’acqua che, purificandola dalle proprie colpe terrene, le garantirà così l’ingresso nel regno dei cieli.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutto
  • Nulla

 

The Leftovers fa incetta di benedizioni e, dopo un episodio perfetto sotto ogni punto di vista, si avvia verso il finale di stagione, ingiustamente minacciato dalla falce del mietitore seriale. Per rimanere ulteriormente in continuità con Cairo, ci sembra doveroso riproporre le medesime parole conclusive utilizzate in quell’occasione, stavolta pronunciate in veste di incoraggiamento nei confronti del team Lindelof/Perrotta: “Lo spettatore alla fine di “International Assassin” non si sente sazio del mistero, anzi, non vede l’ora di scoprire qualcosa in più”. E allora, saziateci.

 

A Most Powerful Adversary 2×07 0.61 milioni – 0.2 rating
International Assassin 2×08 0.69 milioni – 0.3 rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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