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Il Buio Oltre La Serie #6 – Doctor Who, Ovvero Successione Di Microintelligenze E MacrointelligenzeTEMPO DI LETTURA 10 min

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Introduzione: Fantascienza&Fiaba

Limitativo parlare di Doctor Who come di uno sci-fi qualsiasi. Anche i non amanti del genere riescono ad appassionarsi alle straordinarie vicende e agli strazianti drammi umani di cui è farcita la serie. Eppure non possiamo negare di trovarci di fronte, soprattutto negli stratagemmi narrativi, ad una fantascienza totale. Viaggi nel tempo, astronavi, alieni, tecnologie: la dimensione superficialmente procedurale del format permette una rapida successione tra scenari storici e ambientazioni futuristiche e futuriste.
Questo binomio, tra racconto strettamente umano e scenario fantascientifico, ha permesso di ricorrere, nello scioglimento di trame fiabesche, a risvolti con protagonista un’originalissima tecnologia. Quasi mai, qualora si disponga della sufficiente apertura mentale, si potrà classificare un risvolto tecnologico come inverosimile. Impossibile per i nostri tempi, quello forse sì, ma veniamo posti nella condizione di nutrire il dubbio riguardo l’effettiva impossibilità di una successiva realizzazione.
Il sovrannaturale è quindi bandito, come in ogni buona storia di fantascienza che si rispetti, ma il fantastico è comunque presente. Le premesse stesse dello show ne sono la testimonianza. Intelligenze artificiali/informatiche/robotiche sono quindi protagoniste, in vari modi, di quel clima bizzarro e umanamente inspiegabile che popola la quasi totalità degli episodi.
Dato un particolare bizzarro contesto, quindi, magari riconducibile a trame irrazionali, la storia trova sempre il punto di svolta grazie a dei deus ex machina che siano alieni, che siano tecnologici, oppure, più semplicemente, tecnologie aliene.
Si escluda però il concetto di intelligenza artificiale come creature prodotti di laboratorio. Dalek e Cybermen sono intelligenti (oddio…) e sono artificiali, ma sono ormai creature classiche con una loro indipendenza, difficilmente risolutivi nelle trame.
Protagonista dello show, quindi, una macrotecnologia/macrointelligenza come il Tardis stesso è premessa per le mille avventure, spesso risolte grazie a microtecnologie/microintelligenze differenti di episodio in episodio. Non sono poi mancate, come vedremo, estremizzazioni “tecnologiche” della realtà intera, utili a giustificare finali degni di una fiaba.

Il Tardis: Una Macrotecnologia Umanizzabile

Protagonista morale della serie, neanche a dirlo, l’iconica cabina blu, bigger on the inside. Il Tardis nasce come un concetto, come l’idea di un universo racchiuso all’interno di uno spazio finito (“Journey At The Centre Of The Tardis” dà una bella idea di ciò, ma anche “The Invasion Of Time” degli anni ’70), come Rory poi ben riconosce nel suo primo viaggio: una diversa dimensione.
Uno spazio/non spazio, quindi, come sarebbe ben facile catalogarlo. Ma anche una vera e propria personalità invisibile, un/una protagonista silenzioso/a, un’intelligenza che spesso prende il sopravvento.
Sarebbe fin troppo facile citare “The Doctor’s Wife”, dove un ispirato Neil Gaiman si diverte ad umanizzare la cabina, ponendo un fondamentale dubbio sullo spettatore e sulla mitologia della serie intera: il Dottore ha rubato la cabina o la cabina ha rubato il Time Lord? E’ il Dottore a decidere dove andare o è il Tardis a condurcelo (non è un caso che gli scenari in cui si svolgono i vari episodi necessitino sempre di un intervento)? Infine, domanda infima: è il Tardis la metafora di un’intelligenza informatica, con i suoi frequenti aggiornamenti e cambi di interfaccia, oppure lo è il Dottore, con i suoi (guarda un po’) aggiornamenti e cambi di interfaccia?
Giocare sull’ambiguità di una fantascienza così sfuggente e autoironica è un marchio di fabbrica. Vi sono però dimostrazioni ben più “materiali” della vera e propria intelligenza del Tardis. Un’intelligenza artificiale che ha la possibilità di sfruttare il time vortex avendo una visione globale dello scorrere del tempo, giostrando così gli eventi a suo piacimento. Non a caso, l’epopea di Donna vede la cabina blu come protagonista e come deus ex machina degli eventi che partono dallo speciale di Natale “The Runaway Bride” (o se vogliamo, anche dal finale della seconda stagione), fino a tutta la quarta stagione.
La perdita della mano in “Christmas Invasion” (lo speciale natalizio precedente a quello citato), dà il via ad un insieme di eventi che porterà, nel finale della quarta stagione, ad una rigenerazione abortita da parte del Dottore che avrà così modo di mantenere la stessa faccia. Da lì, l’energia della rigenerazione crea una copia “ibrida” del Dottore stesso, nato da una fusione della mano sotto vetro, l’umanità di Donna (lì presente) e la residua energia rigenerativa.
Insomma, la fusione Uomo/Time Lord che vede coinvolti Donna e la versione umana del Decimo era stata già vista dal Tardis, era un evento comprovato e fisso nel tempo (anche se futuro) e, come tale, il Tardis decide di farlo avvenire, facendo confluire gli eventi nell’incontro tra Donna e il Dottore.
Il Tardis, per concludere, rifiuta totalmente, agli inizi, anche la presenza di Clara che, in “The Name Of The Doctor”, renderà se stessa un’anomalia, scindendosi nello spazio e nel tempo per salvare tutte le versioni passate del Dottore. Anche in quel caso, il Tardis “ricorda il futuro” e reagisce di conseguenza.

Microtecnologie Al Servizio Della Narrativa

Se il Tardis si classifica a protagonista delle trame orizzontali di Doctor Who, la verticalità di molti episodi è affidata a risoluzioni che, come già accennato, utilizzano il fantascientifico per creare finali fiabeschi a tutti gli effetti.
Per rendere al meglio l’idea di questi stratagemmi narrativi, sarà sufficiente citare i lavori di uno Steven Moffat non ancora showrunner della serie, sotto la guida di Russell T. Davies (ad eccezione di “Blink”, vero e proprio manifesto della concezione spazio-temporale di tutta la serie).
Nella prima stagione (2005), con Christopher Eccleston protagonista, spicca il doppio episodio “The Empty Child”/”The Doctor Dances”. La premessa bizzarramente sovrannaturale e fantasticamente inquietante vede un bambino con una maschera antigas fusa nella sua faccia diffondere questo contagio in giro. In una fumosa Londra in piena guerra, l’atmosfera dickensiana crea un’atmosfera anacronistica ma armonica con l’idea narrativa di fondo.
L’apoteosi finale rivela alla grande tutta la dimensione fantascientifica dello show. Una dimensione fantascientifica che non fa svanire o diminuire la magia di fondo che ha regnato nel doppio episodio. Al contrario, la spiegazione scientifica del fenomeno “armonizza” ulteriormente il tutto, chiudendo una delle prime trame veramente originali del nuovo corso di DW.
Non fa una piega: un’ambulanza aliena si imbatte in un bambino, uccidendolo. Dei microorganismi rigeneranti non riconoscono l’anatomia del piccolo che portava con sé una maschera antigas e pensano che quella sia la sua originale struttura, riparandolo. A quel punto i “virus” si diffondono iniziando a “riparare” tutte le persone non danneggiate.
Con la seconda stagione Moffat affonda la penna nei sentimenti e nella grandissima differenza che intercorre tra l’essere umano e il Dottore. All’interno di un’astronave, il Dottore interpretato da Tennant percorre tutta la vita di Madame de Pompadour. “The Girl In The Fireplace” (2006) è un romantico e malinconico viaggio da un’astronave persa nello spazio al XVIII secolo. Poche ore nello spazio contro un’intera vita. “The Girl In The Fireplace” è anche la storia di alcuni robot che cercano pezzi di ricambio per la loro astronave, chiamata come il personaggio storico protagonista. Se non fosse che per farlo aprono dei portali nel tempo, prendendo troppo alla lettera l’origine dei loro pezzi di ricambio, dando così il La alla trama dell’episodio.
Nella quarta stagione, con “Silence In The Library”/”Forest Of The Dead” (2008), il buon vecchio Steve ci porta a fare conoscenza con la più grande biblioteca dell’universo, con l’ultimo e primo incontro tra River e il Dottore, con uno dei più potenti database dell’universo. La storia dà il via a una delle epopee future del Dottore, descrive un fantastico scenario imponente e pauroso allo stesso tempo (i Vashta Nerada fanno parte del percorso di Moffat nello scavo dei traumi infantili di tutti noi), ma soprattutto regala una soluzione finale che corrisponde ad un banalissimo salvataggio di informazioni, così come noi inesperti e abituali utenti dei PC conosciamo. L’intelligenza inserita all’interno della realtà informatica salvava tutte le persone colpite dai Vashta Nerada, ma secondo il senso informatico del termine.
Ancora una volta un’intelligenza artificiale muove i fili degli eventi.
Si è visto finora di come le intelligenze artificiali abbiano influenzato intere trame, giustificando atmosfere suggestive, sentimentali e fiabesche. Dalla macro-intelligenza del Tardis si passa alle micro-intelligenze presenti nel doppio episodio della prima stagione, ai robot della seconda, fino ad un database di notevoli dimensioni, presente nella quarta stagione.
Moffat ad un certo punto ci prende gusto con il finale della sua prima stagione da showrunner. La lettura che se ne può dare è la seguente: e se fosse l’universo ad essere visto come un enorme computer?


“The Pandorica Opens”/”The Big Bang”

Partiamo con un presupposto: un conto è saper usare un computer, un conto è essere esperti informatici. Chi scrive si limita esclusivamente a saper usare un computer, considerando ancora molti dei processi come semplice e pura magia.
Cosa c’entra questo con il finale della quinta stagione di Doctor Who? C’entra per la particolare – e unica – lettura che si dà nei confronti dell’universo tutto. La storia delle crepe, che accompagna tutta la quinta stagione, non sarà mai pienamente risolta, almeno fino a “The Time Of The Doctor” del 2013. Ciò che si porta a compimento però è la fiaba di Amy, the girl who waited, su come la sua vita sia stata dettata dalla percezione del suo amico immaginario, di come sia sempre vissuta al fianco di un’enorme crepa sul tessuto della realtà.
Come sono state prodotte queste crepe? Con l’esplosione del Tardis e della sua infinita massa. Come un enorme virus (si passino concetti informatici grossolani) tutto viene piano piano cancellato e distorto da tutto il tempo e lo spazio. Il futuro distopico in cui vediamo una piccola Amelia credere nelle stelle, in una realtà in cui c’è solo oscurità (in cui l’universo è minuscolo), in realtà non è un futuro distopico. E’ tutto ciò che rimane della realtà, poco conta l’effettivo scorrimento del tempo. E’ l’ultima scintilla di un sistema radicalmente danneggiato.
Cosa succede quando il vostro computer è eccessivamente compromesso? Lo si porta da un tecnico e ci si affida totalmente a lui. Ok. Ma più o meno, dalle nostre scarse conoscenze basilari, abbiamo un’idea di cosa avviene? Letteralmente si azzera tutto, si elimina alla radice il problema.
Il Dottore, infatti, lanciandosi con la Pandorica (la cui esplosione all’interno dell’esplosione del Tardis avrebbe espanso all’infinito la sua luce riavviante), si sacrifica perdendosi definitivamente all’interno della non realtà al di là delle crepe.
Se vi è capitato di formattare (o di far formattare) un computer danneggiato, sapete che qualche file o programma potrebbe inevitabilmente perdersi. A quel punto, prima dell’intervento, potete sempre salvare ciò che temete di perdere grazie ad una semplice e comoda pennetta USB o ad un disco rigido esterno.
Cosa fa il Dottore nel season finale della quinta stagione? O, addirittura, durante la quinta stagione. Spinge Amy a ricordare. Insiste con Amy e con il pubblico affermando che, per far esistere qualcosa, occorre ricordarla. Così avviene con Rory che ricompare nello scenario fittizio creato dai Dalek e co., sotto forma di duplicato Nestene, dopo essersi perso nelle crepe, e quindi dopo non essere mai esistito. Così avviene grazie alle incursioni del Dottore negli ultimi momenti della sua presenza nell’esistenza. Un tentativo disperato che trascende le classiche soluzioni dell’ultimo minuto del Dottore.
Alla fine, nel giorno del suo matrimonio (che però è anche un “primo” giorno di un universo ripristinato) Amy ricorda e il Dottore ritorna in questo universo. Amy è la pennetta USB che ha “salvato” momentaneamente l’esistenza del Dottore in questo universo. Tanto è vero che anche Rory inizia a ricordarsi di lui all’improvviso, così come probabilmente tutte le entità con lui venute a contatto nell’intera esistenza.
Un finale che mischia fiaba, deus ex machina e quindi lieto fine. La sospensione dell’incredulità necessita di un ulteriore passo, rispetto al solito. Tutto però prende forma (magari alla quinta-sesta visione) nel momento in cui vengono colti alcuni termini, ma soprattutto quando si inizia a pensare all’intero universo, protagonista del season finale della quinta stagione, come ad un sistema informatico, un’enorme intelligenza artificiale che può essere tranquillamente spenta e riaccesa. Modificata, protetta o addirittura irrimediabilmente danneggiata.

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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