);

The Walking Dead 6×10 – The Next WorldTEMPO DI LETTURA 4 min

/
()

The Walking Dead è una sicurezza. Ci sono poche cose di cui si è certi nella vita, ad esempio il sole. Domani salirà, arriverà allo zenit e poi scenderà, dopodomani lo stesso e così via. Identico discorso vale per questa serie: dopo un bel episodio come “No Way Out” non ci si aspetta un altro grande episodio, non ce lo si aspetta perché si è abituati a questa serie, le aspettative sono già state deluse più e più volte e continuare a coltivarle non è saggio. È per questo che alla fine dell’episodio non si è sorpresi né amareggiati, si sa che questa serie è così, si sa e non si può fare nulla. L’ennesimo episodio piatto e senza particolari spunti non stupisce, anzi lo farebbe se non lo fosse. Tutto ciò che vediamo è ciclico, nuovamente Rick & Company devono ricostruire la loro casa, nuovamente devono andare alla ricerca di provviste, nuovamente qualcuno compie qualche azione stupida. Eppure lo si continua a guardare, c’è sempre quella lieve e flebile speranza che gli episodi come questo, come “Now“, come “Them” e come molti altri terminino ma questo non succederà mai, questo è il gioco degli autori ora che hanno raggiunto il panorama internazionale. La serie è mainstream e verrà vista in qualsiasi caso, che faccia schifo o meno, che meriti la popolarità o il dimenticatoio. Tutto continuerà così, la serie è ben lungi dal finire e probabilmente rimarrà sugli schermi per molto tempo ma, pur nel suo complesso, un episodio di The Walking Dead non è mai da buttare completamente. La regia, gli attori, gli zombie e gli sporadici colpi di scena tengono botta e ti spingono fino a fine episodio, con il fiatone o senza. Oggi ciò che tira avanti la carretta è l’innesto di un nuovo ed interessante personaggio ed è quasi il caso di dire “grazie a Dio”.

Rick: “I’m Rick. This is Daryl. What’s your name?”
Riven: “Paul Rovia. But my friends used to call me Jesus.”

Sbucato dal fumetto nulla e dicendo solamente il suo nome intriga e fa ben sperare per il futuro. Jesus, esattamente come nella sua versione cartacea, non sembra essere finito lì per caso, tanto meno essere da solo e non avere nessun accampamento: “He was clean. His beard, it was trimmed. There’s more going on there.“. Se sia lui il filo connettore con Negan non è dato saperlo ma per i cittadini di Alexandria non si prevede nulla di buono e i tempi di pace, con un personaggio ambiguo come Rovia Jesus nei dintorni, sembra che non possano durare molto.
Già, Alexandria… L’isola felice dove Carl, Daryl, Michonne e tutti gli altri avevano messo casa, nella scena finale di “Heads Up” sembrava destinata ad abissarsi dopo un’ondata di zombie, oggi (temporalmente a distanza di due settimane come gentilmente ci informano) è stata completamente ripulita, gli zombie sono stati eliminati e i recinti sono stati/stanno venendo riparati. Ma è una tranquilla che non durerà, con somma gioia di chiunque.

Wait, wait a minute.

Chiunque abbia letto e adorato il fumetto sarà rimasto schifato, schifato per lo stupro caratteriale di due personaggi che sono il cuore pulsante dello show. Nessuno qui dice che la serie debba viaggiare seguendo fedelmente le orme del fumetto, tuttavia non si vede nemmeno la necessità di fare l’esatto opposto. Eppure va di moda così nella stanza degli sceneggiatori di Gimple, lo scellerato. Michonne e Rick sono gli ultimi di una lunga sfilza di personaggi ad essere stati stuprati. Il poliziotto della contea di King dopo aver dimenticato la moglie e Jessie a tempo record, si concede a Michonne che, per niente riluttante, a sua volta non si tira indietro innescando così una delle scene più imbarazzanti e tristi dell’intero show. L’unione di questi due character risulta altamente forzata e sopratutto fuori contesto. Non se ne sentiva il bisogno, non c’era alcun motivo per arrivare a questo “accoppiamento coatto” eppure, come un fulmine a ciel sereno, abbiamo visto dar fuoco all’intera mitologia di The Walking Dead ed il tutto per il bisogno degli autori di allungare il brodo, inventandosi relazioni e reinventandosi i personaggi. Le idee cominciano a scarseggiare e far terminare la serie prima che diventi un susseguirsi interminabile di clichè presumibilmente è un sogno, un sogno destinato ad non avverarsi. Quello tra Michonne e Rick è invece un incubo vivido e reale.
“The Next World” è il decimo episodio di questa stagione e sembra un copia e incolla di diverse altre puntate. Se è piacevole rimanere sorpresi dall’arrivo di Jesus che porta con sè una ventata di freschezza, è altrettanto disgustoso venire colpiti dal rapporto amoroso più forzato dello show. Il ricongiungersi di Glenn e Maggie, la riabilitazione di Carl, lo scontro definitivo tra Carol e Morgan: si poteva e si doveva optare per tante altre trame ed invece il nulla ed il non-sense ha vinto di nuovo. Si The Walking Dead è proprio una sicurezza, è tornato come tutti lo conosciamo.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Musiche
  • Paul Rovia (Jesus)
  • “Rick. Rick, wake up. We should talk.”
  • Noia
  • La nuova coppia
  • Carl e la riabilitaz… ah no
  • Clichè del furgone
  • Daryl e Rovia che giocano ad acchiapparella

 

L’episodio precedente era uno specchietto per le allodole, questo episodio trasuda la quintessenza degli sceneggiatori di The Walking Dead. Se Robert Kirkman non ha sgozzato nessuno allora, probabilmente, si è fatto corrompere anche lui dalla fama e dai lustrini.

 

No Way Out 6×09 13.74 milioni – 7.0 rating
The Next World 6×10 13.48 milioni – 7.0 rating

 

Sponsored by Walking Dead Italia

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.

2 Comments

Rispondi

Precedente

The Blacklist 3×15 – Drexel (No. 113)

Prossima

Arrow 4×14 – Code Of Silence

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.