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American Crime Story: The People V. O. J. Simpson 1×06 – Marcia, Marcia, MarciaTEMPO DI LETTURA 5 min

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Il caso vuole che per la settimana dell’8 Marzo American Crime Story focalizzi la propria attenzione su una donna molto importante nell’universo della serie, il procuratore Marcia Clark.
Come abbiamo detto più volte, la narrazione usa il processo Simpson per descrivere diversi aspetti politici e sociali dell’America di quel periodo (e non solo); il tema del razzismo è fondamentale, così come lo sono i diversi giochi di potere e un sistema giudiziario che infallibile non è, come ci ha dimostrato “The Race Card“. La sovraesposizione mediatica, che in Italia è stata denominata anche “macchina del fango”, è l’altro punto su cui American Crime Story si concentra ed è in questo contesto che “Marcia, Marcia, Marcia” si inserisce, aprendo la strada ad un argomento sempre attuale ovvero la discriminazione sessuale.
Il personaggio della Clark non è simpatico, non crea empatia e lei stessa sa quanto sia importante entrare nel cuore dei giurati e dell’opinione pubblica, ma non vi riesce, complice un carattere spigoloso e una moralità ben diversa da quella di alcuni suoi colleghi. Durante tutto il processo, nonostante Marcia faccia il suo lavoro e cerchi di farlo al meglio seguendo le regole, la procura è impotente, proprio perché piacere ai mass media è molto più importante della verità:  plagiare il pubblico, distorcendo i fatti, è una prassi “normale”, tanto da permettere agli avvocati di usare questa stessa tecnica per arrivare a vincere o a perdere una causa.
E sono sempre i mass media a infliggere un colpo letale all’accusa, sbattendo in prima pagina la vita di Marcia, le sue debolezze, alimentando il pettegolezzo e colpevolizzando la donna di essere tale e di lavorare duramente in un mondo, quello legale, sostanzialmente dominato da uomini.
Il gioco al massacro è cominciato e la Clark, ormai nell’occhio del ciclone, è costretta ad affrontare una notorietà non voluta. Tutti si abbattono su di lei, dalle radio con i sondaggi per decidere se è più bella o stronza, al giudizio su capelli e vestiti. Dall’ex marito che approfitta di questa situazione per avere la custodia dei figli, a foto nude sui giornali scandalistici; nulla le viene risparmiato e lo spettatore assiste a questa escalation di violenza psicologica in attesa della reazione della donna. Sarah Paulson ci consegna prima una Marcia tutta di un pezzo, poi un essere umano che ha le sue fragilità e insicurezze ma che solo per due volte si lascia andare emotivamente al tormento che sta vivendo.
Il primo di questi è con suo figlio Travis, che la sorprende in un raro attimo di tranquillità mentre fuma una sigaretta; il ragazzo l’abbraccia e cerca di darle conforto ma quest’intimità è turbata dal sottofondo del televisore che ancora una volta schernisce la Clark.
Il secondo momento Marcia lo vive con il collega Christopher Darden, l’unico a sostenerla, a offrirle una spalla su cui piangere e bellissima è la scena in cui le chiede di ballare, così da lasciarsi tutto alle spalle anche per pochi minuti. Emblematica è la risposta: “I can’t afford to be accused of having a fun time“; non si può mai, nemmeno per un minuto, mollare il colpo poiché quello è il momento in cui ti colpiranno. Questo è l’insegnamento che la vicenda di Marcia vuole insegnare, un monito da tenere presente quando si è letteralmente immersi in un tritacarne dove niente e nessuno ne esce intonso.
A tutto questo la Clark reagisce con un’azione che moltissime donne nella vita fanno quando vogliono cambiare qualcosa nelle loro esistenze, recidere un legame con la propria femminilità e dare un segnale forte: tagliarsi i capelli.
Per Marcia è un’ affermazione di orgoglio e presa di coscienza che purtroppo non riesce a reggere. Nel momento in cui entra in aula a testa alta, non può ignorare le risatine che accompagnano la sua camminata, dove nemmeno il giudice le risparmia la presa in giro, e ancora una volta la Paulson grazie alle espressioni del viso, dà voce al tormento interiore che la donna sta vivendo: dalla sicurezza iniziale fino alla vergogna e infine al dolore.
Come detto ad inizio recensione, la protagonista della puntata è senza dubbio Marcia ma c’è tempo anche per dare un’occhiata a quello che accade alla controparte, all’avvocato Cochran.
L’uomo è un manipolatore spietato, tra i più bravi a modificare la realtà a proprio vantaggio: è un seguace dell’apparenza, del riuscire a far credere ciò che vuole ai suoi interlocutori. Proprio come i media che raccontano la propria versione della storia, mistificando i fatti reali, così fa Cochran. Non è importante ciò che davvero succede ma come lo si racconta al fine di far credere ciò che si ritiene opportuno. Abbiamo già evidenziato come il sistema “democratico” della giuria faccia acqua da molte parti e uno dei motivi è proprio questo, riuscire ad attenersi alle prove dei fatti, alla verità senza farsi ingannare (o comprare) da uomini senza scrupoli interessati a ben altro che alla giustizia.
Le arringhe sono iniziate e sarà interessante vedere come le diverse fazioni affronteranno la causa anche se, purtroppo, ne conosciamo già il dubbioso esito.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Eccellente interpretazione di Sarah Paulson
  • Tanti temi trattati in modo approfondito e interessante, soprattutto i più scottanti
  • Poca retorica e molta sostanza
  • Travolta e Schwimmer non pervenuti

 

American Crime Story dimostra di saper sfruttare la storia principale, il processo Simpson, per raccontare ben altro e lo fa con un ritmo fluido, incalzante e per niente banale. Si concentra su vari temi lasciando loro il giusto spazio, avvalendosi della bravura del cast, nonostante qualche nome altisonante che ancora non è venuto fuori al meglio. Ottimo episodio, con una bravissima e intensa Sarah Paulson, la serie appassiona e tiene gli spettatori incollati allo schermo, in attesa dei prossimi sviluppi.

 

The Race Card 1×05 2.72 milioni – 1.3 rating
Marcia, Marcia, Marcia 1×06 3.00 milioni – 1.2 rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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