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The Path 1×06 – 1×07 – Breaking And Entering – RefugeesTEMPO DI LETTURA 6 min

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Dopo un inizio di stagione letteralmente tempestato di critiche e dubbi, con questa doppietta di episodi The Path entra ufficialmente nel vivo della narrazione, mostrando tutto il suo potenziale rimasto finora latente. Con “Breaking And Entering” ci occupiamo, come suggerisce il titolo stesso, di irruzioni – letterali e metaforiche – continuando inoltre ad esplorare la comunità meyerista, finora descritta volutamente in maniera vaga e sfuggente per consentire allo spettatore di scoprire e analizzare le finalità del movimento in maniera obiettiva, senza cioè essere traviato da una visione cinica – o ancor peggio caricaturale – del culto. Proprio a tal proposito, lo show ha mostrato un’incredibile maturità autoriale, riuscendo nell’impresa di conferire al meyerismo un fascino irresistibile scaturito non solo dall’ambiguità intrinseca progressivamente insinuata nella mente dello spettatore, ma anche dal ritratto estremamente umano dei suoi componenti. Una rappresentazione, quest’ultima, che ha il pregio di portare lo spettatore a provare empatia nei confronti di molti dei fedeli, piuttosto che etichettarli istantaneamente come fanatici lobotomizzati.
Come accennato poche righe sopra, al centro dell’episodio troviamo delle “irruzioni”: nel caso di Sarah in senso letterale, nel caso di Eddie in senso metaforico. Se la prima, mossa dalla paura di perdere Hawk, finisce per irrompere nell’abitazione di Tessa, per il secondo si tratta invece di un’intrusione molto più invasiva. Il riavvicinamento avvenuto tra Cal e Sarah scatena in Eddie una crescente paranoia, acutizzata ulteriormente dalla visione avuta nel bosco, che finisce per irrompere bruscamente all’interno della sua mente spingendolo a notare ogni piccolo gesto d’intesa tra i due. Un’intesa, quella con Sarah, che ormai lui sente di aver smarrito.
È soprattutto grazie alla fantastica interpretazione di Michelle Monaghan che riusciamo, contemporaneamente, a empatizzare con il personaggio di Eddie, sopraffatto da dubbi e incertezze e alla costante ricerca della verità e dunque uno dei character più complessi proprio per questa sua umana tendenza all’esitazione, ma anche, all’opposto, a condannare la sua incapacità di imporsi all’interno di una famiglia chiaramente disgregata a causa della cieca obbedienza di Sarah al movimento. Nulla da dire nemmeno sull’ottima performance di Aaron Paul che riesce
nell’arduo compito di “staccarsi” dal ruolo di Jesse Pinkman, evitando
così di restare confinato nell’interpretazione che lo ha reso celebre.

La lenta evoluzione della faccenda legata alla morte di Jason Kemp raggiunge in questi due episodi un duplice punto di svolta: da un lato porta a corroborare le teorie oscure formulate da Alison, a maggior ragione in seguito al delirio di onnipotenza mostrato da Cal (al centro dell’ennesima effrazione in “Breaking And Entering”) sfociato poi nell’imprevedibile omicidio di Silas in “Refugees”; dall’altro contribuisce a chiarificare la visione di Eddie in merito ai metodi utilizzati dal movimento, riuscendo così a orientare la sua ricerca della verità nella giusta direzione. Una ricerca che, in parallelo, diventa via via più chiara anche ad Abe, grazie al quale arriviamo a scoprire l’esistenza di onerose ricerche sperimentali sulla cura del cancro al pancreas, legate probabilmente alla precaria salute di Steve Meyer, fondatore del movimento.
Un altro dei percorsi diegetici dotati di maggiore interesse è quello intrapreso da Hawk e Ashley, al centro di una storia d’amore dal retrogusto vagamente shakespeariano. Il momento di temporaneo smarrimento mostrato dal ragazzo ha come esito principale la messa in discussione dei dogmi meyeristi, per la prima volta considerati da lui desueti in quanto tendenti alla generalizzazione dei cosiddetti “Ignoranti”. Una generalizzazione che a Hawk appare ulteriormente fuori luogo una volta emersa la vera natura di Ashley che, con il suo giudizio scevro di preconcetti nei confronti del culto, non fa altro che sottolineare la chiusura mentale insita nelle linee guida del movimento, spingendo involontariamente Hawk ad allontanarsi dalla visione insindacabile e monodirezionale mostratagli dalla famiglia – in particolar modo da Sarah – in più di un’occasione. Sarà proprio questo atteggiamento da “setta religiosa estremista” a spaventare la madre di Ashley e a causare così la separazione tra i due ragazzi, una separazione che porterà Hawk a riavvicinarsi al culto meyerista. A riprova del fatto che, nella maggior parte dei casi, l’adesione a un gruppo religioso trae gran parte della sua raison d’etre da un iniziale sentimento di disperazione.
Il fulcro di “Refugees” rimane però la storyline di Cal, personaggio che trae tutta la sua potenza narrativa dalle innumerevoli contraddizioni che hanno segnato finora la sua caratterizzazione. A rendere interessante il suo character è principalmente il conflitto interiore scatenato dalla contrapposizione tra la sua concezione “romantica” del movimento e la concezione più “materiale” portata avanti dai leader del culto. Lo scontro tra queste due visioni del meyerismo farà emergere per la seconda volta (questo aspetto era già emerso in passato con la questione del figlio di John Ridge) il lato più materiale dell’organizzazione, evidenziando da una parte l’importanza della componente socio-economica e dall’altra la pericolosità delle implicazioni politiche scatenate dalla decisione di dare rifugio alla famiglia Fields.
Ben poco interessante è invece la storyline di Mary che nella sua debolezza narrativa dà quasi l’impressione di essere completamente slegata dall’universo diegetico del telefilm. Un problema che tendenzialmente non invalida il buon lavoro fatto finora ma sicuramente finisce per mettere in mostra tutta una serie di scelte narrative interessanti dal punto di vista della suspence, poco sensate però se viste in riferimento al contesto narrativo nella sua globalità. L’impressione è che si sia cercato di osare più del dovuto con l’elemento mystery, ottenendo come risultato una spaccatura interna alla narrazione grazie alla quale questa storyline appare meno intensa e strutturata delle altre.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rappresentazione del movimento
  • La deriva di Cal
  • Ottime le performance recitative dei tre protagonisti principali
  • La storyline di Hawk e Ashley
  • L’alone di mistero attorno alle reali motivazioni del movimento
  • La storyline di Mary
  • Kyle Allen (Hawk) non proprio esaltante nella sua performance

 

Grazie a un cast di tutto rispetto e a un concept estremamente intrigante, The Path ha dimostrato fin da subito di avere tutte le carte in regola per diventare una serie di successo. Dopo un inizio un po’ in sordina, lo show ha finalmente trovato il suo equilibrio, mostrando sì qualche difettuccio ma compensando il tutto con una costruzione articolata e coerente dell’universo narrativo. Una coerenza che trae ulteriore fascino dalla naturale fluidità attribuita dal comparto autoriale ai diversi elementi del racconto e grazie alla quale lo spettatore viene spinto a empatizzare con i protagonisti delle vicende senza che le loro credenze risultino ridicole e immotivate. Inoltre, a confermare il nostro giudizio positivo, giunge il rinnovo ufficiale della serie per una seconda stagione che sarà composta da dieci episodi.

 

The Hole 1×05 ND milioni – ND rating
Breaking And Entering 1×06 ND milioni – ND rating
Refugees 1×07 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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