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The Get Down 1×06 – Raise Your Words, Not Your VoiceTEMPO DI LETTURA 4 min

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♪Say one, two, three♪
♪Say three, two, one♪
♪’Cause the Get Down Brothers♪
♪Are down to have fun♪
♪Shaolin’s the DJ That we call conductor♪
♪’Cause Shaolin Fantastic’s A bad mother…♪

In sei episodi Luhrmann e Stephen Adly Guirgis (vincitore nel 2015 del premio Pulitzer per il miglior drama nel contesto musical) sono riusciti a (ri)creare un mondo, dando vita a personaggi e generando dal nulla quell’empatia che garantisce ad una serie il suo pubblico di aficionados. Ci sono volute sei puntate ma alla fine il risultato è più che onesto.

“Manhattan, Bronx, disco, the get down, moving up, moving out. We made it this far. Just keep loving me and I promise it’s gonna all be all right. ‘Cause all we gotta do is love each other, right?

In tutte le puntate di questa prima parte di stagione ogni titolo è stato preso e traslato direttamente dai vagoni di un treno, “Raise Your Words, Not Your Voice” non è da meno e, come tutti i suoi cinque predecessori, riflette il significato all’interno dell’episodio. Traducendolo in maniera spicciola si potrebbe intitolare “Fai sentire le tue parole, non la tua voce”, come ad indicare che il significato è molto più importante del tono di voce ed, effettivamente, è il pensiero che espone Zeke durante i suoi freestyle o anche nel comizio elettorale. Il Bronx non è un posto facile e gli abitanti lo sanno, ci convivono, lo animano ma non possono salvarlo da soli: le scritte sui vagoni ed il tentativo di ribellione tramite la musica sono solo un mezzo, un tentativo. Il Bronx non può essere salvato da sé stesso, ha bisogno di un aiuto esterno, politico o di abitanti che sono riusciti a fuggire e che ora lo vogliono sistemare.
Manhattan per Zeke e Mylene rappresenta la chiave di volta per poter fuggire da lì, anche se più che una meta è una destinazione per poi iniziare una nuova vita. La prefazione di ciascun episodio lascia intuire che Zeke ce l’abbia fatta (non sul versante politico), di Mylene tuttavia non c’è alcuno spoiler ma va bene così, in fin dei conti, come si diceva all’inizio, questa prima parte di The Get Down è servita per impostare un universo presentando tutti i personaggi e le loro rispettive alchimie: missione compiuta in tal senso. In questi primi sei episodi Luhrmann e Stephen Adly Guirgis sono riusciti a portare i personaggi al loro “starting point”, uno “starting point” che in molti film sarebbe stato posto come epico happy ending ma che qui invece costituisce la fine di un prologo e l’inizio di un nuovo atto.

♪Get down♪
♪D is for do it O is for our crew♪
♪W is for winning N is naturally what we do♪
♪D is for do it♪
♪W is for winning N is naturally what we do♪
♪Shaolin’s the DJ That we call conductor♪
♪’Cause Shaolin Fantastic’s A bad mother…♪

Negli episodi precedenti si era intravisto le potenzialità del freestyle e della rap battle nel Bronx, specialmente in “Where There Is Ruin, There Is Hope For A Treasure“, tuttavia niente a che vedere con l’epicità insita negli ultimi minuti di “Raise Your Words, Not Your Voice”. È nello scontro per la supremazia sopravvivenza dei The Get Down Brothers che emerge la ribellione e la voglia di vivere ed esprimersi di un gruppo di ragazzi attraverso la musica. L’energia che trasuda quell’insieme di rime e scratch (anche volutamente eccessiva vista e considerata la poca esperienza di uno sparuto gruppo di adolescenti nel genere) funziona sia come affresco di un momento storico, sia come momento finale di un midseason. Nella sua realizzazione plastica e fin troppo perfetta senza sbavature Luhrmann riesce a raggiungere il suo scopo nel modo che più gli riesce meglio: rivestendo ogni aspetto storico, ludico e sceneggiativo di una patina di perfezione estetica che nella realtà non è riproducibile. Apprezzabile o meno che sia per la conseguente mancanza di veridicità, bisogna riconoscere la bravura nell’esecuzione e l’effetto prodotto.
Il processo di empatizzazione con i The Get Down Brothers è terminato. Positivamente.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rap battle
  • Realizzazione scenica
  • Sensazione di conclusione di un primo arco narrativo
  • Leggermente poco plausibile il discorso politico di Zeke e la perfezione scenica della rap battle

 

Anche i più scettici, arrivati a questo punto, si saranno fatti una ragione delle potenzialità di The Get Down. Luhrmann è così e così sono i suoi prodotti. Prendere o lasciare. Noi vi consigliamo di prendere.

 

You Have Wings, Learn to Fly 1×05 ND milioni – ND rating
Raise Your Words, Not Your Voice 1×06 ND milioni – ND rating

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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