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The Good Place 1×04 – Jason MendozaTEMPO DI LETTURA 4 min

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“How are you soul mate?”
“I’m cool.”

Proprio perché cerchiamo di non essere mai auto-referenziali, facciamo riferimento, come in una nostra recente recensione di Son Of Zorn, a come una comedy, per funzionare, debba seguire alcune linee parallele. Due di queste sono quelle inerenti ai dialoghi e al possibile accenno di trama orizzontale che una comedy può garantire. L’accattivante sinossi di base, come visto in molti casi, può fungere da specchietto per le allodole, spesso vero e proprio effetto boomerang per il prosieguo di una serie.
The Good Place affronta una tematica tanto ancestrale come origine, quanto forse poco sfruttata nella serialità televisiva – no! Lost non è ambientato in un aldilà -, un mix azzeccato tra classicità narrativa e fonte di trovate originali per il piccolo schermo.
Presto per tirare somme definitive, ma The Good Place sta vincendo proprio per la semplicità – verrebbe da dire la “classicità” – con cui sta esponendo orizzontalità e verticalità nella serie. I dialoghi di Eleanor, i suoi tentativi di imparare ad essere una brava persona, l’eccentricità/ingenuità di alcuni comprimari, la caratterizzazione complementare dei co-protagonisti (possiamo a questo punto considerare tale Jason?) costituiscono la semplice ossatura di una comedy, evidenziando una certa essenzialità nella sua struttura.
Però tutto questo accade in un aldilà, con le sue regole, con la sua organizzazione. E qui arriva l’elemento di novità. Capiamoci: gli elementi classici da comedy qui esposti presuppongono quegli ingredienti, come dialoghi brillanti, che difficilmente fanno fallire un prodotto seriale da 20 minuti. Da differenziare assolutamente con i cliché che spesso rischiano di materializzarsi, non importa quanto particolare sia la trama di partenza.
L’aldilà, quindi, con la sua generica perfezione (“il posto buono”, dove un ristorante appena inaugurato si chiama “il buon piatto”), con la sua burocratica costruzione diviene elemento mobile della trama nel momento in cui si scopre la falla nel sistema. Non l’eccezionale caso di Eleanor, bensì la sistematizzazione dell’errore con la rivelazione del finto monaco, alla fine del precedente episodio. Traduzione: questo paradiso funziona male. Di conseguenza: l’imprevedibilità degli eventi aumenta esponenzialmente. Come riflesso di ciò, anche il personaggio di Michael, con la sua apparente perfezione, dà solidità al suo potenziale comico, ad un una incombente inettitudine. E così via con Tahani, con la sua caratterizzazione macchiettistica, con il suo essere involontaria antagonista in una realtà dove, fino ad ora, nessuno può essere cattivo. Stupido sì, cattivo difficilmente.
A tal proposito, si è parlato nelle precedenti recensioni di come possa rappresentare un peso per la serie il cast composto da figure a dir poco sconosciute (fatto salvo eccezioni), avanzando in tal modo legittimi dubbi sulla recitazione di questi. Ciò che emerge in questa 1×04 – personalissima opinione del recensore – è come la recitazione stilizzata di alcuni personaggi (Jason, Tahani, Janet) rappresenti un valore aggiunto nel clima minimale e insieme demenziale della serie, lasciando Kristen Bell come punto di raccordo.
Così come Jason si è scoperto essere più stupido (ma veramente stupido) di Eleanor, allo stesso modo, verosimilmente, l’intera perfetta realtà presentata ad inizio serie andrà a scoprire delle carte importanti per quanto riguarda una crescente idiozia diffusa, di conseguenza un accrescimento della demenzialità, quindi del gradimento della serie. In tal senso non sarebbe sbagliato iniziare a pensare di accostare The Good Place con capisaldi cult di “comedy-breve”, come Wilfred o The Last Man On Earth.
Non si può tacere, poi, la perfetta immersione di Kristen Bell. La sua interpretazione, unita ad efficaci battute, riesce contemporaneamente a rendere: il suo personaggio visibilmente fuori luogo in un aldilà paradisiaco, il personaggio di Jason particolarmente stupido, senza che egli debba sforzarsi granché in chissà che interventi. Con la dovuta precauzione, possiamo iniziare a vedere Kristen Bell, oltre che come la celebre Veronica Mars, anche come Protagonista (notare la maiuscola) femminile di comedy di serie A. Amy Poelher e Tina Fey come ideali modelli da raggiungere.
In conclusione, i frequenti cliffhanger a fare da raccordo tra gli episodi chiudono il cerchio, aggiungendo allo spettatore la curiosità di proseguire la storia, senza esagerare nei colpi di scena grazie al clima da comedy “minimal” cui si è già fatto riferimento.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il personaggio di Jason Mendoza, in tutto e per tutto
  • La strategia di bucare la torta
  • Demenza diffusa
  • Cliffhanger finale
  • Mancanza di picchi di comicità: manca ancora la risata esplosiva
  • Storyline di Tahani e Michael rivedibile

 

Che ci sia qualche risatina e sorriso diffuso, che comunque riusciamo ad avere la curiosità per i prossimi episodi, che la trama stia andando in una direzione specifica: sono tutti motivi per credere che il picco comico sia sulla strada.
Oppure si può semplicemente dire che sono 20 minuti settimanali gradevoli senza farla tanto lunga.

 

Tahani Al-Jamil 1×03 5.25 milioni – 1.4 rating
Jason Mendoza 1×04 4.38 milioni – 1.2 rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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