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Doctor Who 10×11 – World Enough And TimeTEMPO DI LETTURA 11 min

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“Pa-pa-pa-pam” (Murray Gold)
 
Era stato buono buono per i primi dieci episodi di questa decima stagione. Basti guardare l’incipit di ogni precedente recensione per rendersi conto di come il punto comune di ogni episodio fosse la semplicità. Semplicità dovuta ad una linearità narrativa, ad una classicità delle avventure, alla presenza di una trama orizzontale dosata con il contagocce e anche vagamente indefinibile. Soprattutto il viaggio nel tempo è stato esclusivamente semplice espediente per garantire una varietà ambientale ad ogni singolo episodio. Tutto questo silenzio del wibbly wobbley risuonava più che mai minaccioso.
Steven Moffat si deve essere alzato una mattina, pochi giorni dopo la decisione di passare il timone della serie, stabilendo finalmente il suo colpo di coda. Un brillante, crudele, audace colpo di coda. Il buon Steven, alzatosi la mattina, esattamente come Paul McCartney che aveva già Yesterday in mente, si deve essere detto: facciamo diventare la companion del Dottore il primo Cyberman. Così, senza fronzoli.
Esattamente come in “World Enough And Time”, dove nella prima metà i flashback hanno una funzione importante, occorre fare un passo indietro per spiegare il perché la scelta sull’origine dei Cybermen sia così importante nell’epopea di Doctor Who.
La prima apparizione di questi storici villain avviene nel 1966, più precisamente in “The Tenth Planet“, l’ultimo serial con protagonista Will Hartnell. La storia si svolgeva al Polo, sotto la minaccia dai misteriosi abitanti del pianeta Mondas, ovvero i primi Cybermen. Definirli “primi”, oltre che per la loro apparizione, ha senso anche considerando il loro outfit. Non l’argentea armatura cui sono tutti ormai abituati, bensì una sorta di calzamaglia in faccia, con i buchi per gli occhi e l’ormai classico elmetto in testa. Abilità degli sceneggiatori di Doctor Who è stata quella di non ignorare la differenza “stilistica”, bensì dare alle creature una vera e propria evoluzione (upgrade direbbero gli stessi Cybermen), individuando così quelli di questo episodio come i primi della specie.
Sta di fatto che se era esistito il celeberrimo serial “Genesis Of The Daleks“, dei Cybermen non si sapeva nulla. Unica origine a cui si era assistito era quella dei tempi di David Tennant (2×05 – 2×06 – “Rise Of The Cybermen” – “The Age Of Steel”), con la differenza che ci si trovava in una dimensione parallela.
Insomma, Steven Moffat decide di dare il via alla parte finale della sua carriera come showrunner di Doctor Who irrompendo prepotentemente nella mitologia più remota della serie, decretando così anche gli ultimi momenti del Dodicesimo, presentando tutti i segni di riconoscimento possibili immaginabili della sua scrittura.
 
“Short version: because of the black hole, time is moving faster.”
 
Il Tempo torna protagonista su diversi fronti. Steven Moffat muove la quarta dimensione a suo piacimento, utilizzando nuovamente i 44 minuti di episodio per far scorrere (almeno in un piano narrativo) un’incredibile quantità di tempo. L’enorme astronave si trova in un punto di precario equilibrio nei pressi di un buco nero. Di conseguenza, nei due estremi il tempo scorre a velocità diverse. In questa stagione si è ripetuta più volta la classica separazione tra Bill e il Dottore ma questa volta c’è anche la scusa per accentuare questo momento di distacco.
Se questo citato è però l’elemento più lampante di utilizzo del Tempo, vi sono una serie di altre questioni che meritano di essere almeno elencate, per poterle approfondire più avanti:

  • tutti gli eventi di questo episodio (e verosimilmente del prossimo) sono antecedenti ai fatti di “The Tenth Planet”, il Dottore di Hartnell vivrà il futuro di una situazione vissuta dal Dottore di Capaldi;
  • l’intero episodio è un flashback della prima sconvolgente sequenza;
  • a sua volta è presente un flashback inerente Bill, a dimostrazione che questo vezzo assai raro in DW è stato abbondantemente sposato in questa decima stagione (ad esempio in “Extremis” ve ne era uno abbastanza lampante);
  • per la prima volta nella serie si assiste ad un incontro tra due incarnazioni di The Master, tutto ciò che dice il Master di Simm fa riferimento al “paradosso” del loro incontro;
  • la visione della 10×11 porta al pensiero della 10×01 (e tutte le avventure seguenti) e alla presentazione della semplice Bill, destinata a quanto pare a diventare il primo Cyberman.

 
“I waited.”
 
Sul crudele fato (per ora) di Bill, gli accostamenti si sprecano. Il bello è che sono tutti accostamenti con vicende recenti. Dopo aver inserito una quasi-companion dentro un Dalek, Moffat non poteva esimersi dal renderne un’altra un Cyberman (il primo!). Ripetere alcuni passi vissuti con Clara, cosa che in questa stagione avviene spesso, ha perfettamente senso se si considera che tutta l’esperienza accumulata dal Dottore nel periodo passato con la penultima compagna di viaggio è stato dimenticato. Tutto ciò che il Dottore diventa, tutte le sue evoluzioni sono frutto di esperienza, proprio quella che è venuta a mancare con l’amnesia di “Hell Bent“.
Parallelismo ben più lampante a livello narrativo (finito, in questo caso, decisamente peggio) è quello con la terzultima compagna di viaggio, ovvero Amy. Il concetto stesso di attesa lungo un tempo interminabile per gli umani, brevissimo per un Time Lord, era la chiave di tutto il periodo in cui la rossa scozzese viaggiava nel Tardis. Sin dal loro primo incontro in “The Eleventh Hour”, fino ad un episodio in cui l’attesa diventa soggetto principale (“The Girl Who Waited”), la differenza tra tempo umano e “gallifreiano” diviene crudele dato di fatto nello scorrere della vita del Dottore.
Potrà finire in qualsiasi maniera la vicenda di Bill (basti pensare come si “aggiustò” la morte di Clara della scorsa stagione), allo stato attuale, però, coglie di sorpresa il secondo sacrificio consecutivo di una companion, soprattutto se si considera che l’ultima morte era avvenuta con il Dottore di Peter Davison.
Già è stato detto che la più recente compagna del Dottore è stata scelta per essere il primo – o uno dei primi – Cybermen della storia?
 
Mr. Razor: “You don’t remember being here before, do you?”
Missy: “I’ve never been here before.”
 
Che The Master fosse al centro di questa decima stagione – forse al centro dell’intera epopea di Capaldi – era abbastanza lampante. Forse solo poca gente con qualche problema (come chi sta scrivendo) potrà aver riconosciuto, sin dall’inizio, i tratti di John Simm in Mr. Razor. Sta di fatto che uno dei cliffhanger finali – l’incontro di Missy con la sua precedente incarnazione – lancia diversi spunti, oltre a un lieve disorientamento.
Da notare immediatamente come il Master di Simm venga immediatamente avvolto da un’aura ben più “moffattiana”. Chiede a Missy se le piace ancora travestirsi: durante la serie classica, le apparizioni del Master erano spesso anticipate da più o meno improbabili travestimenti. Rispetto all’apocalittico Harold Saxon di Russell T. Davies, Moffat recupera una versione più luciferina dello storico antagonista del Dottore, spesso impegnato solo a una crudeltà fine a se stessa, piuttosto che a mastodontici piani di conquista.
Ciò che disorienta sono i ruoli che i due assumono durante la conversazione. Durante “The Day Of The Doctor” è il Decimo ad essere più disorientato dell’Undicesimo. I due non ricordano niente, ma sicuramente si nota nella rigenerazione più recente un modo più consapevole di agire. Fu inserito, in quel caso, l’espediente narrativo dell’amnesia dopo gli incontri tra più incarnazioni della stessa persona. Da qui la spiegazione sul fatto che Missy non ricordi niente di aver già vissuto la stessa avventura in vesti maschili.
La delicata e solo accennata trama orizzontale della decima stagione vedeva come centro una possibile redenzione di Missy, negli ultimi episodi più che mai mossa da emozioni, in quest’ultima addirittura disposta ad assumere il ruolo di Doctor Who. Sembra essere questa la “preoccupazione per il futuro” che attanaglia il Master di Simm, ovvero un cambio di “prospettive morali”. Lo spettatore ha tutto il diritto di voler assistere almeno a una rigenerazione dei due (considerando che Michelle Gomez lascerà lo show), oppure anche soltanto ad un ragguaglio sui buchi lasciati dopo “The End Of Time”, riguardo The Master.
Una considerazione slegata da tutto: quando in “The Witch’s Familiar” Missy dice ai Dalek di avere un’idea (l’ultima volta nella nona stagione in cui viene mostrata, abbandonata su Skaro), probabilmente non si avrà mai una risposta in tal senso. Proprio la caratterizzazione del Master, tipica della serie classica, di persona capace di sopravvivere anche in situazioni avverse, senza mai mostrarne allo spettatore le modalità, potrebbe aver avuto una sua evocazione anche lì.
 
“‘I can confirm… thanks to the power of time travel I’m back…’ – John Simm The Master returns” (tweet di @bbcdoctorwho del 6 aprile 2017)
 
Oltre a questa notizia, trailer e promo vari hanno rivelato più spesso anche la presenza dei già citati arcaici Cybermen.
Si potrebbe chiudere questo paragrafo dicendo solamente: “grazie tante eh”.
Il rimpianto enorme per non aver potuto godere della sorpresa di un così gradito ritorno (che poteva essere anche immaginato, sin dall’avvento di Missy) lascia l’amaro in bocca. La consapevolezza del ritorno di Simm, come già detto, ha portato a guardare con enorme sospetto Mr. Razor, sin dalla sua prima apparizione. Non è certo una novità, per la BBC, quella di anticipare eventi così importanti nello svolgimento di una storia. Se l’anticipazione, nello scorso promo, del nome Mondas può essere stata utile per gli spettatori meno esperti, per andarsi così a informare (così come l’immagine dei proto-Cybermen onnipresente dai primi promo della decima stagione), l’anticipazione di John Simm suona tanto come strategia promozionale.
Doctor Who ha una sua storia e un suo andamento, i ritorni possono essere contemplati senza essere forzature di trama come in altri casi. Annunciarlo preventivamente fa pensare tanto all’esatto contrario: prima al bisogno di inserire un volto noto, poi a ricamarci sopra una storia per farcelo stare. Fortunatamente pare che Moffat non abbia preso benissimo questa anticipazione, esattamente come quella dell’abbandono di Capaldi, a dimostrazione di avere già le idee chiare sui movimenti di trama.
Meno promozionale, come già accennato, è l’inserimento dei suddetti riferimenti a “The Tenth Planet”. L’intera stagione ha avuto più di un richiamo al classico. Ciò che era avvenuto recentemente, però, erano sempre piccoli accenni (come quello del Venusian Aikido, praticato dal Terzo Dottore e ripreso qui da Capaldi). Inserire Mondas in maniera così prepotente è un’azione contraria a strategie promozionali di qualsiasi tipo. Lo spettatore odierno potrebbe infatti non cogliere l’enorme aggancio con il serial di 51 anni fa. Serial in cui il Primo Dottore si rigenerava in mezzo alla neve e ai ghiacci.
 
“Nooooooo!”
 
Occorre lavorare molto con la deduzione, mediante processi di esclusione, per poter in qualche modo arrivare a prevedere cosa avverrà nell’immediato futuro (mettersi l’anima in pace e aspettare 7 giorni non è contemplabile).
La discontinuità temporale mediante l’uso dei flashback è stata già trattata e non si può assolutamente tacere della sequenza che apre l’episodio: il Dottore – da solo e con più capelli – esce dal Tardis in mezzo a neve e ghiaccio, abbastanza malconcio, e inizia il processo di rigenerazione.
Per esclusione verrebbe da allontanare l’idea dell’ennesima trollata targata Moffat, se non altro perché già in “The Lie Of The Land” veniva utilizzato questo espediente (e spiattellato in tutti i promo possibili e immaginabili). Verosimile pensare ad una scena di rigenerazione dilatata nel tempo, filo conduttore di questo episodio, del prossimo e probabilmente pure dello speciale natalizio. Moffat saluterebbe così con un’altra trilogia destinata a fare storia, al pari del trittico “The Name Of The Doctor”, “The Day Of The Doctor” e “The Time Of The Doctor“.
 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Non solo riferimenti classici, ma immersione nel repertorio della serie classica
  • Trollate che questa volta non dovrebbero essere tali (il fato di Bill, la rigenerazione)
  • John Simm e la sua interazione con Missy
  • Sfasamento temporale su più piani
  • Discorsi iniziali di Missy (Doctor Who)
  • Genesis of the Cybermen
  • Atmosfera tra le più cupe di sempre
  • Oltre ai vari richiami già citati, vedendo John Simm in un’astronave di coloni che cerca una nuova vita, impossibile non pensare a “Utopia”
  • Ultima companion = primo Cyberman
  • Gli spoiler della BBC (tra l’altro che quelli con la maschera bianca siano futuri Cybermen lo si capisce subito)
  • Leggermente straniante sentire l’incarnazione più vecchia (John Simm) avere il controllo del dialogo con l’incarnazione più recente (Michelle Gomez)

 

Episodio ricchissimo di spunti che è solo la prima metà di un’avventura doppia (che potrebbe essere tripla con l’episodio di Natale). Ad un primo approccio si può essere infastiditi dal fatto di conoscere alcuni punti di arrivo, grazie ai citati spoiler, ad una seconda visione si capisce che Moffat ha messo la marcia giusta ed è pronto a salutare con una buona dose di epicità e il giusto grado di strizzate d’occhio al fan di vecchia data come poi lui stesso è.

 

The Eaters Of Light 10×10 2.89 milioni – ND rating
World Enough And Time 10×11 3.37 milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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