);

Poldark 3×07 – Episode 7TEMPO DI LETTURA 9 min

/
()

È uno strano e paradossale Giano bifronte questo settimo episodio della terza stagione di Poldark: da un lato è festaiolo, incredibilmente festaiolo, perché si apre con una danza in cerchio per festeggiare il primo raccolto della terra donata da Ross ai contadini nella precedente puntata e continua con il matrimonio “pubblico” di Dwight e Caroline e con il ricevimento di lord Basset a Tehidy; per non parlare dei preparativi per il compleanno di zia Agatha (che purtroppo per lei non si svolgerà mai). Dall’altro è forse uno dei più cupi e deprimenti dell’intera serie, grazie alla micidiale combo “morte di un personaggio – vita matrimoniale piena di abusi – litigata tra Ross e Demelza – adulterio nell’aria – ennesimo successo del villain viscidone”.
Proprio la festa per il raccolto e, poco dopo, la vista del pancione di Morwenna ormai incinta del reverendo Whitworth (che poi tanto reverendo non è, visto come si comporta), fanno subito capire che c’è stato un timeskip di qualche mese dall’ultima puntata, durante il quale Drake sembra essersi rassegnato alla perdita del suo amore e si reinventa fabbro proprio per voltare pagina, per avere un nuovo inizio. Ma è tutta apparenza, in cuor suo  il minore dei fratelli Carne si strugge ancora per la sua donna e le ore passate sulla riva del mare a osservare l’orizzonte, pensieroso e incurante degli sguardi delle ragazze, lo dimostrano. Non che la cosa sorprenda, mentre sorprende scoprire che, forse, per suo fratello maggiore Sam esiste qualcosa al di là dell’amore di Dio con cui ha frantumato gli zebedei ammorbato i poveri parenti fin dalla sua prima apparizione: gli sguardi che rivolge a Emma Tregirls, la figlia del contrabbandiere pirata becchino Tholly e l’insistenza con cui cerca di condurla in chiesa, vanno ben oltre le preoccupazioni di un pastore per una pecorella smarrita, sono il preludio di qualcosa di più.
Se Drake soffre, Morwenna non è certo messa meglio, anzi, la sua vita matrimoniale è un vero inferno e non perché non c’è amore verso il reverendo, ma perché questi la costringe (appellandosi persino alle lettere di San Paolo) a soddisfare ogni suo capriccio sessuale e la minaccia di percosse nel caso rifiutasse di obbedire. L’unico sfogo che è concesso alla poverina è quello di poter dichiarare a voce, mentre il marito dorme, il proprio vero amore (I love Drake Carne), ma si tratta di un blando palliativo che non migliora più di tanto la sua condizione e semmai la rende ancora più dolorosa, ricordandole a cosa ha dovuto rinunciare per sottostare al vile ricatto di George Warleggan. Forse più utile potrebbe rivelarsi la presenza al suo fianco della sorella Rowella, chiamata dal reverendo per assisterla durante la gravidanza, anche se proprio quest’ultimo particolare fa scattare un campanello d’allarme e alimenta il timore che la ragazza, lungi dall’essere di conforto a Morwenna, finisca per aggiungere altre sofferenze a quelle che già ha.

Caroline: “Truly, I believe that if you and I walked into a room, all the men would look at me, but within five minutes they’d all clustered around you.”
Demelza: “I’m not sure that’s a compliment.”
Caroline: “It is! But not one I think Ross woulf appreciate.”
Demelza: “If he even noticed.”

Diversa, invece, è la situazione di Dwight Enys e Caroline Penven, che convolano finalmente a nozze pubbliche (e finalmente riescono a consumare questa benedetta prima notte di nozze!). I  due sembrano ormai aver ritrovato un buon rapporto, dopo che i traumi del medico dovuti alla prigionia sembravano averli tragicamente allontanati l’uno dall’altra, e ciò, unito alla decisione dell’ammiragliato di non reintegrare Dwight nella marina perché ritenuto inadatto a riprendere servizio, lascia supporre che finalmente per la coppia sia arrivato il momento di godersi un po’ di felicità. Purtroppo, in Poldark c’è un equilibrio cosmico da mantenere e se una coppia è felice l’altra deve soffrire: questa volta tocca a Ross e a Demelza, che pure erano apparsi così uniti e affiatati negli ultimi episodi, dopo aver superato (almeno in apparenza) la crisi matrimoniale causata dall’adulterio con Elizabeth. Stavolta ciò che mina l’unione è qualcosa di molto più sottile, uno strisciante malcontento della rossa verso un marito che non la tiene in giusta considerazione, che dà per scontato l’amore di lei senza mai profondersi in qualche sincero e romantico atto d’affetto, che arriva a trovare inverosimile persino l’idea che sua moglie possa essere oggetto di un altrui corteggiamento.
Su questo animo ferito e amareggiato gli approcci di Hugh Armitage, il superstite di Quimper con lo spirito del poeta e del disegnatore, trovano terreno fertile, né può essere altrimenti: per la prima volta Demelza si sente davvero corteggiata e desiderata da un uomo che prova per lei un autentico sentimento amoroso, a differenza di Ross, che l’ha sposata più che altro per senso dell’onore (ciò non esclude che il moro provi autentico affetto per lei, ovvio, ma si tratta di qualcosa sorto col tempo), e del capitano McNeil della scorsa stagione, che vedeva in lei solo un mero oggetto sessuale. Demelza, che è sempre stata la donna pratica e realistica, cede alle lusinghe di un amore che probabilmente ha solo sentito nelle storie e visto nelle vite delle altre persone (come Dwight e Caroline), ma se all’inizio ciò le sembra solo un gioco, un trastullo, una fantasticheria da non spingere oltre un certo limite, la litigata finale con Ross (causata in buona parte proprio da lei che sbaglia clamorosamente il momento in cui fare la ramanzina ad un uomo distrutto dal dolore per la morte della zia Agatha) fa temere che possa verificarsi il peggio; e forse non sarebbe poi così male se la rossa ripagasse il marito fedifrago con un bel paio di corna, giusto per par condicio.

Ross: “I cannot be another man’s puppet… not even one I admire nor whose wiews are so similar to my own.”
Basset: “You cannot ignore the way the world works. If you dislike the system, change if from within.”
Ross: “There is sense in what you say.”
Basset: “But?”
Ross“But the noble impulse which impels a man to enter policts often falls by the wayside. Power is purseud for its own sake rather than the good it can do. Who am I to claim exemption from these failings?”
Basset: “Will you not even try?”
Ross: “I cannot believe I would emerge from this process with my soul intact.”
Basset: “You soul? Your stubborness! It will be your undoing, Poldark.”

L’idealismo e la testardaggine di Ross sono due aspetti del suo carattere con cui lo spettatore ha imparato a convivere e che tuttavia sorprendono sempre, perché non si sa mai quale sarà la prossima cavolata di cui saranno la causa. Ross è il classico individuo che vorrebbe cambiare il mondo, renderlo un posto migliore, più equo e più giusto soprattutto per chi ha meno e per chi è più debole, eppure non riesce ad andare oltre questa dimensione solitaria della sua lotta titanica contro tutti, non riesce ad accettare l’idea che cambiare il sistema dall’interno potrebbe essere preferibile all’eroica, ma sterile lotta dall’esterno: lo ha dimostrato rifiutando la carica di magistrato e lo dimostra ancora rifiutando l’offerta di lord Basset di diventare il prossimo candidato al Parlamento dopo la morte di Arthur Piers, aprendo così di fatto le porte all’ennesima conquista di George Warleggan (per quanto sia un po’ ridicolo vedere un progressista liberale come lord Basset ripiegare su un tale spregevole conservatore).
E’ una vera e propria altalena di emozioni quella che George sperimenta durante l’episodio: l’infido “banchiere-magistrato-borgomastro-pezzo informe di materia organica anfibia” passa dalla gioia della notizia che il rachitismo di suo figlio Valentine non è così grave come si temeva, alla speranza di agguantare un posto in Parlamento, dalla rabbia di essere stato per l’ennesima volta snobbato da lord Falmouth allo scoramento più profondo quando, dopo essere stato costretto ad aspettare per ore nell’anticamera di lord Basset mentre questi giocava a birilli con gli ospiti, origlia per sbaglio la conversazione per Ross riguardo la sua nomina politica e, quando finalmente la candidatura arriva, per il forfait dell’odiato rivale, la gioia è comunque avvelenata dalla rivelazione fatta da Agatha Poldark riguardo la paternità di Valentine. Il confronto tra George Warleggan e la vecchia matriarca di casa Poldark è uno dei momenti più alti e tragici di tutta la serie, grazie non soltanto alla scrittura e ai dialoghi ma anche e soprattutto alle prove recitative di Jack Farthing e Caroline Blakiston, che si congeda dalla serie come meglio non poteva fare, rendendo al meglio tutti gli stati d’animo che la zia Agatha prova in rapida successione: la paura dovuta alla scoperta da parte di George del suo inganno (la donna non è nata nel 1695 ma nel 1697 e quindi non deve festeggiare cent’anni ma “solo” novantotto), l’umiliazione di dover supplicare l’uomo di concederle la sua festa offrendogli in cambio la fine di ogni ostilità da parte sua, la disperazione di vedersi rifiutata quella richiesta, la rabbia da cui scaturisce la volontà di ferire l’avversario rivelandogli (o meglio facendogli notare, perché gli indizi c’erano già tutti) che Valentine non può essere suo figlio nato prematuramente; e poi la soddisfazione di vedere George distrutto, il pentimento e il rimorso di aver detto qualcosa che danneggerà Elizabeth, l’unica persona della sua vecchia famiglia che nel bene e nel male le è rimasta accanto e che è unica spettatrice della sua morte. Agatha Poldark lascia questo mondo e con lei se ne va un’altra parte dei Poldark di Trenwith, ormai ridotti al solo Geoffrey Charles (ma come dice sconsolata Demelza George’ll find a way to part him from his inheritance); se ne va non prima di essersi presa la sua rivincita sull’odiato George, ma è una rivincita vana, di cui non potrà godere i frutti e che rischia anzi di coinvolgere un povero innocente quale Valentine… sempre che il suo padre putativo non decida di ingoiare il rospo (giusto per citare un animale che tanto gli piace) e tenere la cosa per sé, per evitare scandali che comprometterebbero la sua già fragile situazione di parvenu tanto ricco e potente quanto disprezzato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Dwight e Caroline
  • Il confronto tra George e zia Agatha e le rispettive prove attoriali
  • Ross e Demelza di nuovo in rotta

 

Il settimo episodio stagionale di Poldark rappresenta sicuramente un nodo cruciale della narrazione, dopo il quale la vita degli abitanti di Truro e di Nampara potrebbe non essere più la stessa. Non si sa se Demelza tradirà Ross, se George rivelerà ad Elizabeth ciò che zia Agatha gli ha detto, se Morwenna e Drake avranno il loro lieto fine, se Sam finalmente scoprirà cos’è la figa l’amore di una donna, ma una cosa è certa: in questa serie non ci si annoia mai, si soffre (e tanto) ma non ci si annoia mai.

 

Episode 6 3×06 ND milioni – ND rating
Episode 7 3×07 ND milioni – ND rating

 

 

Sponsored by Poldark Italia

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

Rispondi

Precedente

Midnight, Texas 1×01 – Pilot

Prossima

Turn: Washington’s Spies 4×07 – Quarry

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.