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Philip K. Dick’s Electric Dreams 1×02 – Impossible PlanetTEMPO DI LETTURA 4 min

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In a world of inhumane reality, dreams are the only humane sanctuary left.[Paprika, 1991]

I ricordi e tutto ciò che ad essi si collega rappresentano il nocciolo centrale del secondo episodio tratto dai lavori di Philip Dick e andato in onda su Channel 4. Dopo un primo episodio quanto meno acerbo, ci si aspettava un veloce riscatto, dal momento che la serie conta nomi ben noti nel panorama seriale/cinematografico. Tuttavia, “Impossible Planet” rappresenta un fallimento sotto diversi punti di vista, ma cerchiamo di andare con ordine presentando quanto meno (abbozzandola) la trama di puntata di questa serie antologica.
“Impossible Planet” presenta due sottopagati operai della Astral Dreams, una agenzia di viaggi interspaziali che si prodiga nel portare i propri clienti a visitare determinate zone dell’universo. O, basandosi sul nome dell’agenzia stessa, si prodiga nel realizzare i sogni e le aspirazioni dei propri clienti. Ed è ciò che dovrebbe avvenire con una diversamente giovane donna desiderosa di visitare la Terra (pianeta inabitato dal 2451). Il plot di partenza appare forse eccessivamente banale, ma questa non giunge come una cattiva notizia dal momento che è l’esecuzione del plot e la sua resa sul grande/piccolo schermo a sancirne il valore. Da questo punto di vista, come si diceva, la puntata peggiora ancora di più le cose.Velocità della narrazione

Il primo aspetto, quello fondamentale, nel quale la puntata deficita è rappresentato dalla velocità della narrazione: lo spettatore viene introdotto in maniera decisa ed improvvisa nel nuovo tessuto sociale che permea la puntata (così come era avvenuto per “The Hood Maker“, quindi), cercando di far cogliere determinati elementi caratteristici che possano identificare sia la collocazione nel tempo della narrazione (il futuro), sia la particolare locazione delle riprese (lo spazio). Nonostante questa introduzione in medias res sia congeniale alle narrazioni antologiche, “Impossible Planet” pecca di una doppia velocità narrativa che azzoppa l’intera puntata: il viaggio appare scorrevole (nonostante, dai dati del navigatore, sia prevista una durata di tre giorni), ma in esso la dilatazione del tempo appare accelerata e rallentata a proprio piacere da parte degli sceneggiatori. Infatti se da una parte si preferisce soffermarsi sui dialoghi (premonitori per via dei flashback/flashforward?) tra Irma e Brian, d’altra parte si decide di saltare tutto il resto del viaggio quasi gli sceneggiatori stessero premendo FF sul proprio personale telecomando. Proprio per tale motivo risulta ambiguo ed incollocabile il personaggio dell’androide, a sprazzi malefico (complice una scelta di ripresa che coglie il finto sorriso del droide nel chiaro-scuro) a sprazzi quasi gentile ed “umano”.

Una gestione mala

Di conseguenza a questa alternanza nella velocità c’è una malagestione del finale, ma soprattutto del tempo a disposizione in generale. Al termine dell’episodio, la prima cosa a cui si pensa (tralasciando i vari commenti del caso) è: “ma quel flash al quinto minuto che senso aveva esattamente in quel preciso istante?” Perché sì, si può discutere e filosofeggiare sul significato del finale, del potere del ricordo che trasmigra da corpo a corpo diventando una sorta di coscienza di specie, ma non si sta parlando o vedendo The Leftovers, Lost o altre serie di questa caratura ed è proprio per tale motivo che molti fatti sembrano semplicemente gettati alla rinfusa all’interno della puntata, giusto per cercare quel tocco di intimismo o profondità che fa tanto chic.
Il tempo appare mal gestito in generale, si diceva, perché appare quanto meno singolare che si preferisca far soffermare lo spettatore su determinati elementi così di cornice (la fidanzata, per esempio) piuttosto che cercare di analizzare ed ampliare quel sentimento (o risentimento) che da quella cornice viene celato.

Approccio alla tematica

La tematica dell’episodio appare fumosa e non bene inquadrata, ma ciò non risulta come elemento negativo dal momento che la costruzione stessa della serie sembra atta a portare lo spettatore sulla strada del significato della puntata, ma non fino alla meta (questo potrebbe spiegare il perché dei finali tronchi ed inconclusivi). Tuttavia l’approccio al tema (i ricordi, l’alternanza di passato/futuro, la verticalità e non la linearità del tempo…) appare decisamente forzato e banalmente espresso nell’episodio, tanto da rendere i minuti conclusivi della puntata una sciocca macchietta a coronamento di una puntata tutt’al più mediocre.

If you could see your whole life from start to finish, would you change things?[Arrival di Denis Villeneuve, 2016]

In conclusione, tenendo regia e fotografia come unici elementi positivi, si può dire che la puntata è un grosso buco nell’acqua. Resta la speranza che i successivi episodi riescano a colmare questi enormi problemi di gestione che azzoppano prodotti di letteratura di alta levatura.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia e fotografia
  • Flashback/flashforward…?
  • Tematica
  • Gestione del tempo
  • Puntata a velocità alternata

 

Attento caro Philip K. Dick’s Electric Dreams: da chic a kitsch il passo è breve.

 

The Hood Maker 1×01 ND milioni – ND rating
Impossible Planet 1×02 ND milioni – ND rating

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

6 Comments

  1. Ciao Francesco! Le opinioni sono sempre accette, ma bisognerebbe cercare di argomentarle un minimo per individuare il punto di snodo che porta ad una cosí diversa visione della puntata (:
    Oltretutto "non c'è sempre bisogno e di guardare la TV con il misurino": siamo un sito che recensisce puntate e serie TV è ovvio che cerchiamo di soppesare molti dettagli cercando di guardare l'intero background della serie, quindi quella frase perde abbastanza di senso qui sopra, visto il contesto critico in cui vive RecenSerie. Paradossalmente anche produzioni nostrane come Don Matteo potrebbero essere serie TV di qualità se non si guardano con il misurino. Appunto per questo…chi decide cosa (e non) vada visto con il misurino? (;

  2. Mi dispiace ma non concordo. A me è sembrata una splendida "favola" fantascientifica… Proprio perchè racconto "dickiano" non è fantascienza hard e, pertanto, non tutto è "spiegato" e totalmente coerente, bensì crea un'atmosfera di notevole impatto emotivo (a mio parere).
    Ritengo, poi, che l'androide sia stato volutamente rappresentato come ambiguo ma,in fondo, più umano del collega del protagonista…
    Gli elementi non spiegati totalmente,a mio avviso, fungono da contorno all'ambientazione e non sono stati introdotti alla rinfusa o tanto per fare i "fighi", come tipico del sopravvalutatissimo Lynch…
    In conclusione ho trovato quest'episodio molto bello e toccante, nel rispetto dell'ottima tradizione qualitativa della televisione britannica.

  3. Non è Wood Maker, ma Hood Maker, come il racconto originale (la citazione nel secondo paragrafo). A parte le scematine di questo tipo, e i giri di parole da pomposo critico improvvisato (la velocità di navigazione? Fuma di meno dico io), mi aspetterei una mezza parola per confermare che l’autore del pezzo ha quantomeno letto l’opera originale, dicendomi, fra le altre cose, che l’epilogo è diverso. Le critiche negative lasciano ancor più l’amaro in bocca, se sono molto più brutte dell’oggetto della critica.

  4. Ciao Mario, noi di RecenSerie ci troviamo spesso a scrivere, in risposta ai commenti delle nostre recensioni, di essere felici di averli ricevuti. Ed è vero.
    Per questo commento non vale questa regola in quanto la tua critica ed il tuo parere sfiorano l’insulto ed hanno come focus non gli argomenti esposti nella recensione (presentati ed articolati in paragrafi). Unitamente a ciò, questo è un mio personalissimo parere che si addice al caso, non risulta obbligatorio dover per forza creare paragoni e rassomiglianze tra opera scritta e cinematografica dal momento che la fruizione della seconda deve riuscire a risultare godibile e a sè stante. Senza dover dipendere o essere interconnessa a doppio filo con l’opera scritta.
    La critica in sè verte sull’episodio e tale mantiene come elemento centrale; e sempre dell’episodio si parla nella recensione. Non dell’opera scritta di riferimento.
    Ci tengo a sottolineare che è giusto avere ed esporre pensieri differenti relativamente ad un’opera, ma sarebbe quanto meno piacevole (e basilare per poter creare un vero dialogo) che tali commenti non vengano esposti con tono d’insulto e/o cercando di porre il proprio interlocutore sotto una estrema luce negativa.
    Namasté, Mario

  5. Concordo con tutti quelli che hanno commentato, difendendo un bellissimo episodio, ma davvero bello e poetico.
    Grande Francesco che dice che guardate troppo la tv col misurino. Tu dici “e cosa potremmo fare, siamo un sito che recensice”, ed è proprio questo il problema… Non c’è sempre bisogno di recensire tutto, analizzare e misurare… cosa ancor più vera quando si fa questo per mestiere, dimenticando la semplicità con cui da piccoli guardavamo la tv 🙂

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