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Altered Carbon 1×01 – Out Of The PastTEMPO DI LETTURA 5 min

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Fin dal primo fotogramma di Altered Carbon si capisce subito di che cosa si sta parlando e di come Netflix stia cercando di puntare alto con questa nuova serie televisiva sci-fi che unisce una certa estetica cyberpunk alla Blade Runner (film con cui ha molti punti in comune) con una storia esistenzialista che si rifà ai polizieschi noir anni ’40.
Giusto per chiarire il tutto sin dall’inizio, Altered Carbon è tratto dal romanzo Bay City dello scrittore inglese Richard K. Morgan, vincitore tra l’altro di numerosi riconoscimenti e premi (tra cui il Premio Philip K. Dick, il maggior riconoscimento per i romanzi fantascientifici).
Per descrivere brevemente la trama basterebbe dire in maniera vaga che la storia è ambientata in un futuro lontano dove la morte non esiste più. O meglio: i cadaveri continuano ad esserci ma non è un problema in quanto, anche se l’involucro corporeo muore, la coscienza (o quella che alcuni potrebbero chiamare “l’anima”) può essere trasferita, mediante una “pila corticale”, impiantata alla nascita in un altro corpo mantenendo così intatti (o quasi) i ricordi della vita passata. E questa è l’unica traccia della propria esistenza oltre ai numerosi tatuaggi, anch’essi tutti più o meno simbolici che connotano il corpo di quasi tutti i protagonisti della serie. In questo modo si può effettivamente “vivere in eterno” cambiando di volta in volta corpo (la cosiddetta “capsula”) e vivendo numerose vite ogni volta che lo si desidera.
Già solo dicendo questo si capisce subito che ce n’è abbastanza per porsi domande filosofiche ed esistenziali riguardo il vivere in un mondo dove la caratteristica principale che rende gli esseri umani quello che sono (la paura della morte) viene azzerata completamente. E questo episodio pilota le affronta fin da subito giocando inizialmente su simbolismi universali che ricordano continuamente il tema principale della serie.
Il galleggiare del corpo di Takeshi Kovacs in quella che sembra una vera e propria placenta e la sua successiva (ri)nascita dalla busta di plastica in cui la sua nuova capsula è racchiusa (immagine destinata a diventare iconica) sono un perfetto esempio di come con poche, ma azzeccate, immagini si possa mostrare, in maniera semplice e facilmente comprensibile, un intero mondo.
Infatti anche senza la successiva spiegazione che l’assistente sociale del carcere fa alle capsule, appena uscite dal ghiaccio, lo spettatore ha già capito di cosa si sta parlando e si è già immedesimato nei loro sguardi persi, simili a quelli di persone appena uscite da un coma o come dei bambini appena nati (ma con un corpo da adulti).
E già da questo punto in poi emergono tutte le contraddizioni e i problemi di una società in cui non esiste, apparentemente, l’infelicità causata dall’ansia della morte. A cominciare da un’evidente squilibrio sociale dove chi è più ricco può permettersi ovviamente capsule migliori e chi è povero deve accontentarsi delle prime che trova, spesso non corrispondenti per nulla a quello che si aspettava. Per finire poi con gruppi di estremisti religiosi che considerano immorale questa pratica. In generale tutto l’episodio è impregnato di richiami alla religiosità: come nell’ottima sigla iniziale con l’elemento biblico della donna e del serpente, il quale si aggroviglia fino a formare il simbolo dell’infinito. Elemento che viene poi ripreso ripetutamente nel tatuaggio del protagonista. Così come le dimore sopraelevate dei MAT (gli individui più “anziani”, chiamati così perché hanno ormai raggiunto l’età di Matusalemme), la cui struttura richiama inevitabilmente il mito classico di Icaro, colui che si bruciò perché voleva sentirsi come gli dei superando i suoi limiti umani.
Esattamente come Laurens Bancroft (James Purefoy), multimiliardario MAT che è stato appena “risuscitato” dopo che qualcuno ha cercato di ucciderlo in maniera definitiva (cioè distruggendo la sua pila corticale). Il mistero dietro la sua morte è la molla che porta avanti l’intera trama. Di questo caso, infatti, se ne occupano l’agente di polizia Kristin Ortega (Martha Igareda) e un altro “resurrected”: il già citato Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman), ex membro di una speciale unità militare (gli Spedi) che, in passato, è stato condannato e poi ucciso per aver tradito il Protettorato (il maggior organo governativo di questo futuro) unendosi a un gruppo terroristico capeggiato dalla ribelle Quellcrist Falconer (Renèe Elise Goldsberry).

“One thing I can promise you: coming back from the dead is a bitch. Every single time.”

Resuscitato contro la sua volontà, ritrovatosi in un corpo non suo e di cui non è padrone (in quanto a pagare per la sua custodia è stato lo stesso Bancroft), Kovacs è l’antieroe nonché protagonista della serie, quello per cui non si può non provare una qualche empatia. Sicuramente, infatti, l’unione di sani principi morali e di un carattere burbero e cinico, tipica di molti anti-eroi del noir classico, lo rende fin da subito un personaggio complesso e affascinante.
Seguendo le sue azioni lo spettatore viene a conoscenza dei retroscena riguardanti la sua morte e riceve un’infarinatura del mondo futuristico in cui è ambientata la serie, un mondo dove veramente “niente è quello che appare”.
L’inizio in medias res ed i continui flashback, uniti ai deliri onirici del protagonista, fanno sì che tutte le scene siano impregnate di effetti visivi particolari. Una fotografia molto accurata e studiata nei minimi dettagli che è il vero indice di qualità dell’episodio. Non a caso il regista, per questa prima puntata, è Miguel Sapochnik, già autore della famosa “battaglia dei bastardi“, forse l’episodio migliore per quanto riguarda la saga di Martin (quale saga? sul serio?). Sicuramente uno che sa il fatto suo per quanto riguarda l’unire una trama solida a un’estetica visivamente potente.
L’unione di stilemi orientali e occidentali inoltre rende perfettamente l’idea di un mondo multiculturale e globalizzato in cui è facile sentirsi alienati al suo interno, una condizione esistenziale che richiama quella dell’uomo contemporaneo e che diventa una vera e propria gioia per gli occhi degli spettatori.
Non c’è molto altro da dire: l’episodio riesce sicuramente a catturare l’attenzione e l’unica cosa certa è che, da qui in poi, tutto possa accadere in questo mondo pazzo e delirante, non molto distante da quello attuale (anche se l’anno in cui è ambientato è il 2384).

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia
  • Cast
  • Sigla
  • Citazionismi e simbolismi
  • Effetti visivi uniti a dialoghi filosofici di alto livello
  • Estetica occidentale e orientale mescolate insieme
  • L’Hotel “Il Corvo”
  • Deliri onirici del protagonista
  • Il protagonista, al momento, è un po’ troppo statico 

 

Una nuova serie Netflix che unisce noir e cyberpunk in chiave esistenzialista, piena di rimandi cinefili e letterari. Ci sono tutti i presupposti perché Altered Carbon diventi una delle serie migliori di questo 2018 appena iniziato.

 

Out Of The Past 1×01 ND milioni – ND rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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