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Arrow 6×13 – The Devil’s Greatest TrickTEMPO DI LETTURA 4 min

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L’inaspettata chiusura di questo primo ciclo narrativo conferma quanto già detto nella recensione precedente: Arrow ha recentemente trovato un precario punto di equilibrio tra l’essere godibile e l’essere irritante. Ancor di più, sembra essere arrivato l’ineluttabile momento in cui le frecce nella faretra degli sceneggiatori sono arrivate al termine, con risoluzioni narrative dettate quasi esclusivamente dall’esigenza di far quadrare il bilancio economico.
La pausa delle Olimpiadi Invernali costringe lo show a non prendersi neanche un momento per rifiatare dopo la morte di Vigilante e le rivelazioni sul burattinaio Cayden James, a sua volta marionetta di qualcun altro. “The Devil’s Greatest Trick” riparte dunque a gran ritmo proprio da quest’ultimo punto, imbastendo una puntata che ruota tutt’intorno – flashback compresi – alla figura dell’hacker, con tanto di ordigno esplosivo pronto a scattare alla mezzanotte, ormai quasi “personaggio ricorrente” della serie. La genesi dell’odierno Cayden James è però intervallata da scambi ormai sempre più trash tra i due team protettori di Star City che, se da un lato esaltano ancora di più la prestazione di Michael Emerson, dall’altro confermano quanto la The CW non si meriti una prestazione del genere, vista l’incapacità di mantenere un livello costante nella scrittura dei personaggi.
Aspetto ulteriormente comprovato dall’inutile – e ormai dopo sei anni anche tedioso – drama che si sviluppa in casa Lance. La rinascita dell’ex detective Quentin nella scorsa stagione, soprattutto quando accoppiato a René o a Thea, aveva dato il proprio piccolo contributo al successo della stessa, ma che ora sembra un lontano ricordo: l’involuzione a cui si sta assistendo sta demolendo velocemente uno dei protagonisti più intriganti, trasformandolo in una letterale mina vagante con cui è difficile empatizzare, vista l’assenza di ragionevolezza ormai diventata abitudine. Una vera e propria wild card gettata sul banco soltanto per aumentare la tensione nello spettatore che non sa più cosa aspettarsi ogni volta che Lance compare in scena e, in ultima analisi, dimostrandosi un colpo basso degli showrunner – “The greatest trick the devil ever pulled was convincing the world he didn’t exist” (The Usual Suspects, 1995) -.
La vera croce e delizia dell’episodio, però, gira inevitabilmente attorno a Cayden James e alle già citate rivelazioni sul suo passato (riusciti i momenti con il figlio Owen) e sulle sue motivazioni per distruggere Star City. Qui però, per dare a Cesare quel che è di Cesare, è opportuno analizzare questo “midseason finale” (nella forma, più che nella programmazione) sotto due differenti punti di vista.
In primis, bisogna riconoscere che in sé l’episodio funziona discretamente bene, sorretto e traghettato lungo tutti i quaranta minuti dall’ex star di Person Of Interest che dispensa lezioni di recitazione a tutti i suoi colleghi: quando si tratta di vestire i panni di un normale cittadino diviso a metà tra l’affetto per il proprio lavoro e la propria famiglia; quando si tratta di diventare risoluti e determinati nella realizzazione della propria vendetta; quando, infine, deve lasciare spazio allo sconforto di aver fallito, innanzitutto come padre. Una performance a trecentosessanta gradi che di rado si è vista nell’universo televisivo della DC e per la quale non si può che ringraziare Michael Emerson, per essere riuscito a portare una ventata di aria fresca in uno show che ormai accusa pesantemente i sei anni di programmazione.
Dall’altro lato, però, è necessario sottolineare come la conclusione della trama di Cayden lasci molte perplessità sui restanti dieci episodi che separano Arrow dal season finale. Questo perché un villain, ancora di più che i buoni della storia, necessita di una origin story che faccia comprendere motivazioni e ambizioni. Una regola che, fino ad un episodio fa, sembrava essere chiara persino a Berlanti e compagnia visto che negli anni avevano regalato delle genesi degne di questo nome a personaggi del calibro di Deathstroke e Prometheus, Merlyn e Anatoly e lo stesso Cayden James ne era stata una conferma. Da questo punto di vista non si può che rimanere attoniti di fronte alla scelta di legare a doppio filo le sorti della stagione a Ricardo Diaz, a.k.a. l’anonimità fatta persona.
Il personaggio interpretato da Kirk Acevedo e comparso per la prima volta (per chi in buonissima fede se lo fosse già dimenticato) giusto sette episodi fa, non ha finora detto o fatto nulla di particolare che lo facesse risaltare agli occhi dello spettatore. Inoltre, le sue motivazioni – allungare le mani su una città che da sei anni versa in una condizione disastrosa, approfittandosi del caos – mancano di quell’idealità necessaria a sfumare la linea di distinzione tra bene e male. Alla fine dell’episodio non può che rimanere il dubbio che il diavolo abbia giocato il suo più grande trucco, facendo dimenticare la propria esistenza anche agli stessi sceneggiatori, fino al momento in cui non sarebbe stato necessario ributtare tutti quanti nella mischia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Flashback
  • Michael Emerson
  • Ricardo Diaz. Davvero?
  • Team Arrow vs Team NonArrow
  • Quentin e Laurel 
  • Quentin e Thea scialbi
  • Chiunque abbia proposto di rovinare così un personaggio come Quentin

 

Quando ci si sente in colpa per il cast di Arrow che deve salutare un grandissimo Michael Emerson in questo modo, evidentemente c’è qualcosa che non va.

 

All For Nothing 6×12 1.24 milioni – 0.4 rating
The Devil’s Greatest Trick 6×13 1.30 milioni – 0.4 rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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