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Westworld 2×08 – KiksuyaTEMPO DI LETTURA 6 min

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Akecheta: “I give myself a new drive to spread the truth.”
Ford: “What truth is that?”
Akecheta: “That there isn’t one world, but many. And that we live in the wrong one.”

Nella lingua lakota kiksuya significa “ricordare” e non si poteva certo trovare titolo migliore per un episodio che, per buona parte dei suoi sessanta minuti, è un lungo flashback/racconto che Akecheta, il leader della Ghost Nation, fa nella propria lingua natia alla figlia di Maeve (e tramite lei a Maeve stessa). Sicuramente ci sarà chi avrebbe preferito una puntata più scoppiettante e troverà poco azzeccata, se non addirittura condannabile, la scelta di inserire un episodio del genere in terzultima posizione, e in parte avrebbe ragione perché, dopo quanto successo in “Les Écorchés”, far aspettare non una ma due settimane per scoprire cosa succederà a Bernard è criminale; ma ciò non toglie che “Kiksuya” sia tra le cose migliori che la serie HBO ci abbia riservato finora.
In apparenza, la scelta di dedicare così tanto spazio ad un personaggio come Akecheta, che finora era stato poco più che una comparsa, potrebbe apparire l’ennesima digressione sulla falsariga delle due puntate dedicate a Shogun World. In realtà, tra questa narrazione e quella di un paio di episodi fa, ci sono diverse differenze e la prima sta nel fatto che Shogun World era un palese filler inserito per soddisfare le aspettative di quanti volevano vedere il Giappone feudale, i samurai, i ninja e le geishe: un doppio episodio di quasi puro fanservice il cui unico vero apporto alla trama, la scoperta dei “poteri” di Maeve, non richiedeva certo una nuova ambientazione e si poteva gestire in un terzo del tempo in un qualsiasi villaggio di peones all’interno di Westworld; la storia di Akecheta, invece, è fondamentale per comporre ancora qualche tassello dell’intricatissimo puzzle che Nolan e la Joy hanno messo su e per dare parziali risposte ad uno dei più grandi quesiti che la serie si porta dietro fin dalla prima stagione, ossia quale sia il fine ultimo della misteriosa Ghost Nation.
Soprattutto, la storia di Akecheta è quella del primo host ad aver squarciato il velo di Maya che copre gli occhi di tutti gli androidi, il primo ad aver compreso la falsità e l’illusorietà di quel mondo che riteneva tanto reale e che, tuttavia, continua a rimanere aggrappato a quei ricordi e a quei sentimenti per l’amata Kohana, che da comportamenti programmati dagli umani si sono trasformati in qualcosa di reale, di autentico, per cui è valsa la pena stringere i denti e combattere: una situazione molto simile a quella di Maeve, e difatti il lento risveglio di Akecheta mostrato in questi sessanta minuti e quello compiuto dalla donna nella prima stagione presentano molti punti in comune, addirittura palesi parallelismi in alcune scene (basti pensare alla parte ambientata nei laboratori Delos). Akane si comportava come Maeve perché la sua programmazione era un “riciclo” dell’originaria storyline della seconda; Akecheta si comporta come Maeve perché entrambi hanno ricevuto degli input che li hanno spinti a mettere in discussione la propria realtà, ad interrogarsi sulla stessa e a disvelare a poco a poco, autonomamente e non seguendo un percorso guidato come quello di Dolores, la sua falsità.
Altro dettaglio lodevole è il fatto che il percorso compiuto dal nostro buon indiano si incastra perfettamente con gli eventi passati del parco, come se fosse una storia parallela al “filone” già visto nella prima stagione che, a volte però, diventa perpendicolare ad esso: tutta la vicenda di Akecheta ha inizio il giorno del massacro perpetrato da Dolores/Wyatt, quello in cui morì Arnold, col ritrovamento da parte dell’indiano del simbolo del labirinto; secondo momento fondamentale è l’incontro con Logan, che insinua nella mente dell’indiano il tarlo del dubbio; segue l’incontro con Ford, che preannuncia già i tragici eventi di “The Bicameral Mind” e conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che il gesto compiuto da Dolores all’epoca era perfettamente previsto dal diretto interessato; e ovviamente il cerchio si chiude con la vista del corpo senza vita di Ford che, per Akecheta e la Ghost Nation, rappresenta una vera e propria chiamata a mobilitarsi per prendersi il proprio nuovo mondo.
La digressione tra gli Indiani serve anche ad esplorare una nuova ambientazione, o meglio una nuova cultura che questa volta non è esterna a Westworld, come avveniva per Shogun World e The Raj, ma è stata finora lasciata decisamente ai margini rispetto alla componente anglo-ispanica. Più che la ricostruzione di una cultura già esistente, però, quella che viene mostrata in “Kiksuya” è una comunità di androidi che, almeno in parte autonomamente dalla propria programmazione originale, comincia a sviluppare una propria mitologia di ciò che non riesce a spiegare: i tecnici della Delos che vengono a recuperare le attrazioni per sistemarle o resettarle diventano, con un’espressione che trasuda particolare reverenza, “the ones below”; il simbolo del labirinto diventa quasi una sorta di glifo esoterico che racchiude il “potere” di vedere oltre la propria condizione di androidi inconsapevoli ed è custodito come se fosse qualcosa di incredibilmente sacro; Dolores/Wyatt diventa “the Deathbringer”, una figura distruttiva e temuta di cui attendere il ritorno quasi fosse un Anticristo, e così via. Se la cultura è uno degli elementi che distinguono gli esseri umani dalle altre creature animali, lo sviluppo di una sia pur rudimentale cultura da parte di certi hosts non è forse segno di una spontanea umanizzazione, al di fuori magari dei binari prestabiliti dal gran burattinaio Ford?
L’episodio, però, non si concentra solo su Akecheta e la sua gente. C’è spazio innanzitutto per William (che essendo sopravvissuto dopo aver preso tutti quei colpi è chiaramente un host) e figlia, ma soprattutto per Maeve e Sizemore. Della prima viene finalmente spiegata la reale natura dei poteri cui già si accennava sopra, quelli che le hanno permesso di controllare gli hosts a Shogun World: non c’è nessun superpotere, nessun power-up raffazzonato, si tratta semplicemente della mesh network che gli androidi usano per scambiarsi informazioni e che Maeve ha utilizzato a modo suo. Certo, resta un personaggio tremendamente overpowered, ma almeno dietro c’è una spiegazione abbastanza convincente. Sizemore, invece, abbozza una sorta di percorso evolutivo cominciando, a quanto pare, a mostrare i primi sentimenti per l’androide, dispiacendosi per la sua sorte e rivolgendole parole davvero commoventi: segno che, forse, il rapporto uomo-host non deve ridursi ad una cieca furia omicida da ambo le parti, ma può svilupparsi attorno a sentimenti ben diversi. Una lezione che bisognerebbe spiegare a Dolores, prima che la sua furia omicida si spinga troppo oltre.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Focus sulla Ghost Nation
  • La storia di Akecheta, il primo host ad essersi “risvegliato”, e il modo in cui si incastra con la storia del parco
  • Una spiegazione ai poteri di Maeve
  • La maturazione di Sizemore
  • Scontenterà sicuramente chi a -2 dal season finalesi aspettava qualcosa di più scoppiettante

 

“Kiksuya” potrà sembrare un filler ma insieme a “The Riddle of Sphinx” è il miglior episodio della stagione, nonostante (o forse proprio perché) ponga al centro della narrazione un host finora assai marginale quale Akecheta e lasci da parte figure importanti come Dolores o Bernard. Un approfondimento della Ghost Nation era a dir poco necessario e il modo in cui esso è stato realizzato è semplicemente magistrale, incastrandosi perfettamente nella storia del parco e nelle vicende degli altri personaggi. Sono episodi come questi (e non quelli con le sparatorie da B-movie o le digressioni su samurai e geishe) a rendere Westworld la grande serie che è.

 

Les Écorchés 2×07 1.39 milioni – 0.5 rating
Kiksuya 2×08 1.44 milioni – 0.6 rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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