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New Amsterdam 1×01 – PilotTEMPO DI LETTURA 4 min

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Quando viene annunciato un nuovo medical drama, la domanda viene davvero spontanea: “Dobbiamo proprio, dottore?”. Mettere al centro di una serie tv medici, avvocati o poliziotti dà sicuramente modo agli sceneggiatori di affrontare una varietà di storie e casi umani diversi, con episodi autoconclusivi, ma d’altro canto l’invasione di telefilm ambientati negli ospedali dura ormai da decenni, rendendo sempre più difficile trovare elementi originali e sorprendenti novità.
Questo New Amsterdam, in particolare, sin dal trailer non aveva incontrato particolare grazia agli occhi di chi scrive.
Il motivo di questa prima impressione negativa era l’accostamento, nel trailer, della scena in cui il protagonista fa un discorso ad altissimo tasso di retorica sul tema “rimettere la cura del paziente al centro dell’operato del medico” e non il fatturare e di un’altra scena in cui, al medesimo protagonista, viene diagnosticato un tumore. Talmente tanta carne al fuoco, tutta in una volta, da far pensare ad un fallimento in partenza dello show.
Invece no, per fortuna: tra i due momenti mostrati nel trailer c’è tanto materiale, fin troppo, molto più interessante e gradevole. Potrebbe essere un effetto della differenza fra gusti statunitensi e gusti italiani, ma stupisce la scelta di presentare una serie con la scena forse meno riuscita della prima puntata, cioè quella del discorso di cui sopra.
Viene innanzitutto presentato il simpatico dottor Max Goodwin, interpretato da un Ryan Eggold appena uscito con tutti gli onori da cinque anni di The Blacklist. L’attore si conferma subito piacevolmente poliglotta, come già era stato nel ruolo di Tom Keen. Goodwin è il nuovo dirigente medico del New Amsterdam, presentato come l’unico ospedale pubblico in America attrezzato per assistere, contemporaneamente, il Presidente degli Stati Uniti e il suo staff piuttosto che i membri dell’Onu o pazienti colpiti dal virus Ebola o i detenuti del carcere di Rikers.
Questo puntualmente avviene: al centro dei casi di giornata ci sono appunto ambasciatori, un ragazzo appena arrivato dall’Africa e infettato appositamente con un virus ed una donna vittima di diagnosi sbagliate assistita dal dottor Kapoor, il quale per fortuna è molto più acuto nel centrare una diagnosi che nel ricordarsi dove ha messo gli occhiali.
Questo simpatico medico, non più giovanissimo, è uno dei personaggi che spiccano positivamente, insieme alla dottoressa Sharpe, interpretata da Freema Agyeman, cioè Amanita di Sense8. Donna in carriera, la dottoressa Sharpe non intende rinunciare ai suoi impegni in giro per il mondo e alle sue interviste in tv con Oprah o chi per lei, perché insomma raccoglier fondi è un mestieraccio, ma qualcuno dovrà pur farlo. Da quanto visto nelle scene finali, sembra anche umanamente disponibile ad aiutare Max Goodwin nelle difficili sfide umane che lo attendono, perché oltre al tumore in gola il dottore si prepara pure a diventare padre, di una bimba da chiamare Luna come la sorellina che gli morì proprio all’ospedale New Amsterdam. Praticamente, mette insieme gli indimenticati medici di E.R. Mark Greene e John Carter.
Per quanto riguarda il problema del trovare originalità nell’ennesimo medical drama, è da segnalare, ma non in positivo, la presenza del dottor Frome. Sensibile dirigente del reparto psichiatria, ricorda troppo da vicino il dottor Charles di Chicago Med, magistralmente interpretato da Oliver Platt.
Proprio questa mescolanza di elementi e figure già viste suscita dubbi e perplessità. Sarà davvero difficile per gli sceneggiatori dipanare una così aggrovigliata matassa in modo credibile. Per ora, non hanno dimostrato di saper trarre nulla di straordinario dal libro Twelve Patients: Life and Death at Bellevue Hospital, scritto dal dottor Eric Manheimer: l’ospedale pubblico ricco di storia e tradizione è il Bellevue, il dirigente medico colpito da tumore Manheimer stesso.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ryan Eggold sempre poliglotta
  • La simpatica dottoressa Sharpe, interpretata da Freema Agyeman
  • Rarissimo caso di puntata meglio del trailer
  • C’è troppa carne al fuoco, rischia di bruciarsi
  • C’è molto di già visto, data anche l’inflazione di medical drama
  • Momento fastidiosamente retorico “Torniamo a mettere al centro della medicina la cura del paziente”

 

La serie comincia meglio del previsto, ma non esente da difetti anche grossi che impediscono di dare non più della sufficienza, con riserva di rimangiarsi la parola in seguito. Gli ascolti iniziali sono davvero incoraggianti, forse anche grazie al traino della corazzata This Is Us. Vi sono stati però, in questi ultimi anni, diversi casi di serie partite molto bene, i cui ascolti si sono però rapidamente sgonfiati (vedere Blindspot e Designated Survivor). Non sembra probabile un grande aggiustamento che elevi la qualità della serie nella seconda o terza puntata, se non si sono sparate le cartucce migliori nel pilot. Potrebbe comunque confermarsi un prodotto adatto certamente alle fans di Ryan Eggold, ma anche a chi ha sempre bisogno di un medical drama da seguire.

 

Pilot 1×01 8.44 milioni – 1.09 rating

 

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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).

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