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Criminal: Spain 1×01 – IsabelTEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo la curiosità suscitata dalle notizie sparse che avevano preceduto la messa in onda di Criminal, adesso finalmente si riesce a capirci qualcosa a riguardo.
Criminal è davvero un prodotto sui generis nell’attuale panorama seriale: ogni puntata rispetta canonicamente le regole delle serie poliziesche degli anni 2000, concentrandosi sulla trama dell’episodio ma lasciando qualche minuto di spazio alle vicende personali dei detective protagonisti, che aiutano a dare un ordine temporale alle puntate. Dove sta dunque l’originalità? Purtroppo solo nel fare questo tipo di scelta oggi.
Dopo una sfilza di serie crime dalle trame complicate, dai dettagli macabri o dai personaggi improbabili (per citarne solo alcune Mindhunter, True Detective, The Wire, Dexter) i creatori di Criminal hanno voluto riportare l’attenzione sul momento più classico del genere poliziesco, quello dell’interrogatorio, in cui si ripercorre narrativamente la dinamica di un omicidio con il detective che cerca di entrare in contatto con l’assassino per ottenere una confessione. Questo ha permesso da un lato agli sceneggiatori di tirare fuori pedissequamente le regole dei più classici dei delitti, quelli non-perfetti, nascosti semplicemente da una bugia che si tramuta in contraddizione e quindi in indizio, e dall’altro lato ha consentito agli attori di sfoggiare una performance di alto livello, vera protagonista di questo mini-format.
Criminal: Spain, tra le quattro miniserie del ciclo (le altre ricordiamo essere Criminal: England, Germany e France) è l’unica girata “in casa”, essendo state tutte e quattro riprese nella città di Madrid. Vuoi per la familiarità con la location, per un attentissimo casting, o per una particolare alchimia sul set, la prima puntata è riuscita abbastanza bene, pur non aggiungendo niente di nuovo al genere.
Il criminale sotto accusa è Isabel: donna di 50 anni, figlia di un collezionista d’arte, single ed irrimediabile narcisista, sospettata dell’omicidio del proprio amante in concorso con suo fratello Piti, uomo descritto come instabile, violento e cocainomane. Il personaggio è dei più classici e Carmen Machi (Skins, 2017) riesce a dargli voce alla perfezione, rivelando poco a poco una maschera che si strappa via nel momento più drammatico della confessione. Anche la squadra della detective Marìa, Emma Suarez (vincitrice del premio Goya per Julieta di Almodóvar nel 2016), con i suoi tre vice (l’aiutante, l’amante e la rivale) e il suo superiore, riporta sul piccolo schermo un equilibrio da manuale. Bravi tutti specialmente perché, nonostante non siano dotati di personaggi particolarmente complessi, riescono comunque a non annoiare. Anche la scelta di lasciar trapelare le dinamiche interpersonali, con poche battute scambiate alle macchinette e durante le pause dall’interrogatorio, è un ostacolo che gli attori riescono ben a superare.
Eppure, un prodotto così ben confezionato riesce a non comunicare assolutamente niente. La cosa non sorprende, visto che questo non è il primo – e presumibilmente nemmeno l’ultimo – dei grandi sprechi di casa Netflix. La serie di natura antologica, che è stata paragonata da molti a Law and Order, non riesce a colpire né per inquietudine né per complessità del mistero, i protagonisti non sono destinati a diventare icone di genere e le scelte registiche e fotografiche sono buone ma alla stregua di bei esercizi da piccolo schermo.
Ci si chiede, quindi, quali fossero le vere intenzioni della piattaforma, a parte quella di attirare qualche visualizzazione proponendo un format totalmente nuovo del quale non si comprendono tuttavia le scelte. Infatti, essendo tutte e quattro le serie di Criminal ambientate in una saletta per interrogatori (per altro la stessa) non si capisce quale sia la funzione di ambientarle in quattro nazioni diverse, con attori di quattro nazionalità diverse che parlano quattro lingue diverse. Che sia un messaggio politico? Con l’intenzione di dare spazio a Francia, Spagna e Germania mettendole allo stesso livello delll’Inghilterra, la cui diffusione cinematografica ha goduto del vantaggio dell’inglese come prima tra le lingue internazionali? Un po’ troppo pretenzioso…
Altro dubbio riguarda la scelta della miniserie antologica con puntate di soli 40 minuti, che sembra essere stata dettata semplicemente dalla volontà di non annoiare. La decisione di non includere flashback e di non far vedere nient’altro che l’interrogatorio è coerente con la breve durata per non rischiare l’effetto soporifero ma, dal momento che si è scelto di produrre solo tre puntate per ciascuna miniserie, non sarebbe stato più accattivante approfondire per lo meno la trama orizzontale sui membri della squadra di polizia?
La vera furbizia di Netflix sembra essere quella di convincere, con delle prime puntate senza nessun difetto formale, a continuare nella visione anche degli altri due episodi. Ed è esattamente quello che faremo noi, dando alla serie una possibilità di riscatto che in fondo si merita per avere misurato la sufficienza tecnica ed un format poco pesante, che ala fine si lascia guardare senza troppe pretese.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Buone performance attoriali
  • Misurato equilibrio tra i personaggi
  • Il richiamo del poliziesco classico
  • Nulla di nuovo all’interno del genere crime
  • Trama dell’episodio quasi banale
  • Inesistenza di stimoli sulla trama orizzontale

 

Netflix sforna una serie crime di cui non si sentiva il bisogno, che sembra uscire da un esercizio di sceneggiatura sostenuto semplicemente da un cast di qualità. Con una discreta prima puntata, Criminal: Spain è una miniserie che si può guardare, senza aspettative né pretese.

 

 Isabel  1×01 ND milioni – ND rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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