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A Christmas Carol (2019) 1×03 – Chapter Three: A Bag Of GravelTEMPO DI LETTURA 5 min

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“Everything in life is a lesson if you care to learn. The sprinkling of gravel on ice is an action taken by a person for the benefits of others without expectation of any reward of any kind. A whole new philosophy on human nature encapsulated in an handful of gravel!”

Con il “Chapter Three” si conclude questo ennesimo adattamento della favola natalizia di Charles Dickens.
Una versione alquanto discutibile, nonostante le premesse iniziali: la regia di Nick Murphy, la scrittura di Steven Knight, nonché celebri nomi tra i produttori esecutivi come Ridley Scott e Tom Hardy. Si può dire che si è trattato di un tentativo di riproporre la storia classica in versione horror/fantasy, in un’epoca in cui questo abbinamento, da Game Of Thrones in poi, trova sempre di più consenso fra il pubblico.
Ma non sempre le mode possono adattarsi su tutto e questa versione 4.0 di “A Christmas Carol” ne è la prova. Già nei precedenti capitoli si è visto come Knight abbia cercato di mostrare il più possibile quelle parti della storia che i lettori di Dickens potevano solo immaginare, cercando di restituire il background del personaggio principale, Ebenezer Scrooge (un tutto-sommato-buono Guy Pearce), a 360 gradi. Questo spiega anche l’attenzione esagerata, nei precedenti episodi,  verso la prima parte del racconto e lo Spirito del Natale Passato, mentre a questa puntata spetta il compito di riassumere (in 50 minuti) le parti legate agli altri due Spiriti e, soprattutto, dare una conclusione degna a tutta la vicenda.
Si tratta di uno sbilanciamento di minutaggio che già di per sé non rende giustizia a queste parti del racconto che pure sono fondamentali nel percorso interiore che dovrebbe avere il personaggio. È evidente che l’obiettivo principale di autore e regista era quello di sfruttare il più possibile gli effetti speciali per valorizzare Andy Serkis nei panni dello Spirito dei Natali Passati. Ed è un peccato perché, in realtà, anche Charlotte Riley e Jason Flemyng (miglior rappresentazione originale dello Spirito dei Natali Futuri, con la bocca orrendamente cucita) avrebbero meritato lo stesso trattamento nei panni degli altri due Spiriti, invece che sembrare due parentesi veloci. E per quanto riguarda la vicenda di “A Christmas Carol” questo è abbastanza grave, anche perché in un adattamento che mira ad essere “il più horror possibile” si vanno a tagliare così proprio quelle parti che dovevano essere le più horror in assoluto (l’arrivo dello Spirito dei Natali Futuri non rilascia alcuna suspense ed è stato completamente tagliato il discorso legato ai due fratelli Ignoranza-Miseria).
Questo anche perché Knight sceglie appositamente di dare un nuovo significato all’intera vicenda in cui alla fine non sembra esserci, in realtà, alcuna redenzione nel personaggio di Ebenezer Scrooge. E, d’altra parte, come dargli torto? Il cuore della vicenda stava nel fatto che, riflettendo sulle sue azioni passate e presenti e come si sarebbero evolute nel futuro, il vecchio e acido brontolone Scrooge avrebbe riflettuto sulla sua vita e capito che, dimostrando più fiducia e amore nell’umanità, questa sarebbe migliorata. Quindi il senso ultimo del Natale.
Una morale certamente un po’ ingenua, ma d’altro Canto (in tutti i sensi), quella di Dickens era in fin dei conti una “favola” che non aveva alcuna pretesa di razionalità e che, anzi, faceva del suo “stupore fanciullesco” il proprio punto di forza.
Il volere razionalizzare tutto (come fa Scrooge nei suoi deliranti monologhi ad alta voce simil-Sherlock, come quello sopra-citato) non fa che impoverire questo messaggio facendo, anzi, passare il tutto per una semplice “vendetta/maledizione” da parte di Mary Crachit (questo è quello che si evince dal finale) in cui il vecchio Ebenezer, vittima di una sadica vendetta nei suoi confronti, non rimpiange nulla di quanto fatto ma empatizza solo un po’ di più con il piccolo Tim, facendo una sorta di “patto” con gli Spiriti per salvarlo (peraltro eseguendo un atto vandalico nei confronti di chi magari voleva solo farsi una pattinata sul ghiaccio quel pomeriggio).
L’errore più grave da parte di Knight, in questo senso, è il fatto di aver tolto quella componente di responsabilità che legava la morte di Tim alle azioni dello stesso Scrooge. Nel romanzo, infatti, il piccolo muore perché i genitori non hanno i soldi per curarlo. E non hanno soldi perché Bob è pagato troppo poco dal suo tirchio datore di lavoro, da qui i sensi di colpa di Ebenezer e la volontà di cambiare, proprio perché capisce che le sue azioni possono avere un peso nei confronti degli altri, e anche un semplice “Buon Natale” e un po’ di affetto in più nei confronti del prossimo possono fare la differenza. Qui la morte di Tim è, alla fin fine, il frutto di una semplice casualità (e anche se non muore pattinando cosa gli impedisce di morire male successivamente, a prescindere dal comportamento di Scrooge nei confronti della sua famiglia?) e il cambiamento d’animo in Ebenezer è minimo (in pratica cambia solo verso Bob e la sua famiglia ma poi verso il prossimo ha lo stesso atteggiamento di prima, come si vede nella sua uscita finale).
Le parole finali di Mary Crachit, infine, sembrano più una sorta di minaccia che non un vero e proprio lieto fine (che comunque lei e la sua famiglia hanno). Che il duo Knight-Murphy abbia in mente una seconda stagione per le “avventure” di Ebenezer Scrooge?
Sarebbe un bel cambiamento, parecchio forzato per quella che dovrebbe essere semplicemente una “favola natalizia” e che già qui è parecchio snaturata della sua morale e intenzione originaria.
Siamo ben lontani da quel “God Bless Us Everyone” che tutti gli spettatori/appassionati dell’opera dickensiana ricordano. È chiaro che si tratta di un adattamento particolare che, nelle intenzioni degli autori, voleva essere più “adulto”, anche se poi il messaggio finale di fatto risulta molto più banalizzato e superficiale. Ha avuto senso, quindi, forzare in questo modo una trama che, in fin dei conti, era già di per sé perfetta (come dimostrano gli innumerevoli adattamenti della storia)?
Forse a questo punto tanto valeva vedersi Festa in Casa Muppet, che almeno aveva delle belle canzoni in mezzo.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Guy Pearce
  • Scenografie e ricostruzione della Londra vittoriana
  • Rappresentazione originale dello Spirito dei Natali Futuri
  • Cambiamenti senza senso nella trama originale
  • Scrooge che, alla fine, non evolve
  • Finale blando
  • L’ultima frase è una minaccia?

 

Chi si aspettava un “God Bless Us Everyone” finale rimarrà deluso! Non c’è alcuna redenzione alla fine di questo “A Christmas Carol”. E ci si chiede allora che senso abbia sorbirsi questa mini-serie BBC allora…

 

Chapter Two: The Human Heart 1×02 ND milioni – ND rating
Chapter Three: A Bag Of Gravel 1×03 ND milioni – ND rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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