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Black Mirror 4×04 – Hang The DJTEMPO DI LETTURA 6 min

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Nello sconfinato bacino seriale che la contemporaneità ci mette a disposizione, possiamo senza dubbio classificare Black Mirror come la serie antologica più rappresentativa degli ultimi anni. Un puro e semplice dato di fatto, reso tale da tutta una serie di motivi di natura diversa: in primis il tema della distopia legato alle naturali derive, morali e non, che la tecnologia porta con sé, un tema sempre accattivante e potenzialmente inesauribile; il bombardamento mediatico cominciato a partire dalla scorsa stagione in seguito all’acquisizione dei diritti da parte di Netflix, al quale si deve l’ascesa della serie in termini di popolarità e, contemporaneamente, l’adeguamento della stessa agli standard qualitativi del prodotto medio distribuito dalla piattaforma; infine, l’incredibile capacità dello show di suscitare nello spettatore quello stato di angoscia che, come un fiume in piena, lo trascina, talvolta quasi sadicamente, verso la tragedia di fine episodio.
D’altra parte, operando un semplice confronto tra quanto visto finora in “USS Callister“, “Arkangel” e “Crocodile” e quanto visto nelle passate stagioni, in particolare nelle prime due, ancora insuperabili nel loro insieme, è evidente una continua riproposizione delle medesime tematiche, seppur rimaneggiate dal punto di vista della narrazione, che in parte invalida l’ottimo lavoro compiuto dal punto di vista prettamente estetico, altro fiore all’occhiello dello show. La creazione di mondi alternativi accessibili attraverso particolari dispositivi di connessione installati direttamente nelle reti neurali dei protagonisti, il problema della privacy e la possibilità di tracciare chiunque grazie ad Internet e alla tecnologia GPS, la possibilità di accedere alle esperienze passate delle persone tramite appositi dispositivi di lettura mentale, o ancora il sistema di parental control integrato nel device di tracciamento di Sara, molto simile al blocco permanente già visto in White Christmas. Ecco, la riproposizione di tutti questi temi, seppur riadattati a trame e personaggi inediti agli occhi dello spettatore, porta con sé inevitabilmente una sensazione di già visto, già vissuto, nemmeno lontanamente percepibile nel Black Mirror delle prime due stagioni. Un deja vu che potrebbe anche essere perdonato se non fosse accompagnato da un evidente distacco dello show dalla sua natura ansiogena e grottesca, vero punto di forza del telefilm, in favore di una progressione diegetica che conserva la componente thriller senza riuscire però a instillare la solita ansia tecnofobica in colui che guarda.
“Hang The DJ”, in tal senso, non è da meno. Come accadde l’anno scorso per “San Junipero“, amore e tecnologia camminano a braccetto per cinquanta minuti, ma se nel quarto episodio della terza stagione la possibilità di trasferire la propria coscienza all’interno di una macchina, garantendo di fatto la vita eterna a chiunque, riuscì a scuotere nello spettatore l’ansia tecnofobica di cui sopra, in “Hang The DJ” la ricerca dell’emozione pura, incorrotta, finisce col trasformare l’elemento distopico in puro e semplice contorno di una storia d’amore fruibile a prescindere dal contesto entro cui essa si svolge, costruita attorno a due personaggi credibili, pieni di dubbi ed incertezze, confusi da un sistema che detta le regole e non lascia spazio al libero arbitrio, ma guidati dalla passione e dal desiderio di essere liberi. Due personaggi a cui è facile affezionarsi, con cui è molto facile empatizzare e per i quali, proprio per questa ragione, ci ritroveremo a fare il tifo. Non sarà quindi la deriva tecnologica di turno ad irretire lo spettatore, quantomeno non direttamente, bensì saranno le emozioni dei due protagonisti, le loro perplessità, le loro debolezze, a monopolizzare l’attenzione, mentre l’elemento fantascientifico viene appena accennato, scarsamente approfondito. Si torna agli stilemi classici del romanzo distopico di fine Novecento: l’amore come forza in grado di scardinare ogni tipo di regola prestabilita, oltre che strumento unico nella lotta per l’affermazione di se stessi all’interno della società. Certamente non uno spunto innovativo – e qui si torna al discorso del “già visto” menzionato in apertura di recensione – eppure, nonostante ciò, l’episodio funziona, ponendosi come migliore tra quelli visti finora.
Oltre al pregio di riuscire, in soli cinquanta minuti, a costruire una storia d’amore solida e credibile (stessa cosa che accadde l’anno scorso in “San Junipero“), favorendo così la polarizzazione dello spettatore nei confronti dei due protagonisti, il vero pregio di “Hang The DJ” sta tutto nel finale, un plot twist del tutto inaspettato che trasforma una normale storia d’amore in salsa distopica in una storia di ribellione alle imposizioni sociali del sistema – qui inteso in senso lato – per di più segnata da un finale che, seppur lineare nella sua rappresentazione, apre la strada a molteplici interpretazioni dal punto di vista prettamente morale. La sparizione dei due “avatar” dei protagonisti, inghiottiti letteralmente dal Sistema e dalla sua programmazione, percepita immediatamente come tragica e inaspettata, si trasforma così in un lieto fine in piena regola – altra particolarità dei due episodi n°4 fin qui citati – simbolo del superamento di ogni barriera, perfino quelle più rigide imposte da una società in grado di controllare ogni aspetto della vita umana, finanche l’amore stesso, in virtù del desiderio di autoaffermazione dei due protagonisti. Un amore che sfugge alla programmazione più rigida e che garantisce una compatibilità quasi totale alle loro controparti reali, sollevando un’altra questione, frutto forse di un’interpretazione che prende in esame un’altra componente molto cara al racconto distopico classico di tipo fantascientifico: lo sviluppo di una vera e propria coscienza da parte di un’intelligenza del tutto artificiale, in questo caso addirittura incorporea, in grado di ribellarsi ad ogni calcolo matematico o previsione statistica soltanto utilizzando la propria forza di volontà.
Le due figurazioni dei personaggi, reali e virtuali, finiscono col sollevare infine un ultimo grande quesito, probabilmente la vera “morale” dell’episodio: due persone che, nel mondo reale, si trovano a dover cercare la propria anima gemella affidandosi ai suggerimenti di un complesso algoritmo possono dire davvero di essere libere rispetto alle proprie rappresentazioni virtuali intrappolate all’interno di un Sistema che non lascia spazio al libero arbitrio?

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Personaggi a cui è facile affezionarsi
  • Elemento distopico sullo sfondo ma utilizzato nel modo giusto
  • Plot twist finale
  • Unico episodio che finora è riuscito ad esprimere la classica atmosfera alla Black Mirror

 

Senza dubbio il migliore episodio visto finora. Esattamente come accadde l’anno passato per “San Junipero“, Black Mirror si prende una pausa dal consueto vortice di eventi che conduce ad un’inevitabile tragedia finale e si concede una breve parentesi romantica dal retrogusto un po’ amaro ma che ci lascia col sorriso terminata la visione. Ed esattamente come accadde per lo scorso episodio n°4, concediamo la nostra personalissima benedizione nella speranza che i prossimi due episodi possano mantenere stabile l’oramai altalenante livello dello show.

 

Crocodile 4×03 ND milioni – ND rating
Hang the DJ 4×04 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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