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Fargo 4×08 – The NadirTEMPO DI LETTURA 3 min

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È stato già detto qui: questa stagione di Fargo è nettamente diversa dalle altre. Chi si aspettava colpi di scena e ritmi sempre crescenti ne è rimasto deluso. È evidente però che le intenzione di Noah Hawley erano ben altre, stavolta.
Stavolta il focus sembra la costruzione di un grande affresco umano. Apparentemente slegato nelle sue parti ma molto realistico nella realizzazione. E trattandosi di Fargo, le parti grottesche non mancano mai.
Personaggi come Oraetta, Odis o lo stesso Gaetano sono piacevolmente eccessivi ed in questo episodio hanno tutti il loro momento “sopra le righe”. Soltanto che non c’è solo quello. Tutti e tre vivono un momento epifanico dove realizzano quanto la loro natura anomala sia, per così dire, limitante:
  • la strage alla stazione del treno serve a mettere “Palomino” di fronte alla sua ansia. Aver impugnato la pistola e aver sparato a quelle persone lo mette a confronto con la sua atavica paura della perdita della tranquillità; probabilmente questo non rompe il suo circolo vizioso (paura-ansia-sicurezza-necessità di avere potere) ma sicuramente gli permette di ammetterlo davanti a qualcun altro.
  • Gaetano capisce forse che suo fratello non è così sprovveduto come pensava anche se questo poteva significare perdere la vita in seguito ad una sua decisione. I due fratelli si ritrovano, conoscendosi davvero e, forse, recuperando una stima ed un rispetto che li aiuterà a condurre questa battaglia. Questo per quanto possa valere in una famiglia di mafiosi.
  • Oraetta è l’unica a cui manca un confronto o, meglio, lo rifugge. Josto è innamorato di lei ma quest’amore la turba a tal punto da perdere la testa, testa che recupera solo quando realizza che ha ancora una vendetta da compiere.
Questo è uno degli episodi più frammentati della stagione ma un tema emerge in maniera preponderante: che significato ha il potere per ciascuno dei personaggi? È interessante vedere come tutti, a loro modo, cercano di rispondere a questa domanda. Chi in maniera esplicita, come Odis davanti a Dick prima di andare in stazione, chi usando la metafora della musica come Etherilda, che era stata un po’ messa da parte negli ultimi episodi.
Nessuno di loro sembra adeguato a gestire il potere che si rivela sempre più grande di ciò che sembra e non sempre possibile da controllare. Lo stesso Loy, nonostante sia forse il personaggio più intelligente, non riesce a “far centro” con le sue macchinazioni ma, anzi, credendo ancora di fare certe cose per il bene della sua comunità.
Accanto al tema del potere si accosta quindi anche quello del bene o, forse meglio, del giusto. Almeno quello che ognuno dei personaggi vuole raccontarsi per giustificare le proprie azioni.
Fatta questa brevissima analisi, è chiaro quindi che stavolta Fargo voglia fare sul serio. Vuole provarci almeno. Vuole dipingere un grande affresco sociale dove tutti hanno una voce e molto spesso quella voce non è la realtà ma una delle tante. Il punto è quindi se lo spettatore sia disposto a seguire un percorso che non pensava di intraprendere viste le precedenti tre stagioni. Questo al di là dei difetti che ci sono (Gaetano Fadda che con due pistole sul finale scaccia uno stuolo di gente armata di mitragliatore è probabilmente l’errore più evidente) ma in questo episodio sembrano essere voluti (la già citata frammentazione della narrazione, un corpo centrale della narrazione molto sfuggente, alcuni passaggi ridondanti).
Chi scrive aspetta incuriosito gli ultimi tre episodi per completare un quadro estremamente interessante.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutti i personaggi hanno il loro momento importante
  • Uno sforzo notevole richiesto per non perdere i punti di connessione che rendono la serie molto di più di quello che sembra
  • Scena finale piuttosto irrealistica, sia per “chi è morto”, sia per l’immortalità mista a paura di Gaetano

 

Un episodio molto bello che sconta troppo il radicale cambio di registro della serie, la quale andrà sicuramente valutata nella sua interezza dopo gli ultimi tre episodi.

 

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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