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I Know This Much Is True 1×01 – Episode 1TEMPO DI LETTURA 7 min

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A Three Rivers, nel Connecticut, la notte di capodanno del 1949 nascono due gemelli omozigoti, Thomas e Dominick Birdsey, uno prima di mezzanotte e l’altro a 1950 ufficialmente iniziato, chiudendo quindi rispettivamente la prima metà del ventesimo secolo e aprendo la seconda. Circa quarant’anni dopo, negli anni ’90, Thomas, il fratello molto religioso, paranoico e schizofrenico, convinto di poter fermare col proprio sacrificio l’iniziativa americana contro Saddam Hussein, arriva a tagliarsi una mano in una biblioteca pubblica.
È questa la scena d’apertura di “I Know This Much Is True”, che sceglie quindi di catapultare, senza troppi giri di parole, lo spettatore immediatamente all’interno del dramma interiore vissuto dai due protagonisti, ossia tanto per chi compie l’insano gesto quanto per il fratello, Dominick, che la sta narrando. Una sequenza che mette subito in chiaro la forte impronta cinematografica dello show, con il lento movimento di macchina che arriva a scoprire, pian piano, l’identità di colui che con la sua invocazione alla Bibbia prima disturba e poi spaventa (e solo quando viene finalmente inquadrato, si scopre perché) i presenti nella biblioteca. Ulteriore merito della scena, poi, è quello di far già intuire quanto sia cruciale, importante e funzionale la “doppia” prova di Mark Ruffalo (che ritorna a lavorare con HBO dal film per la tv “The Normal Heart”), interprete dei due gemelli. Lo spettatore segue ora la narrazione, mesta e quasi afflitta, di Dominick, ora il delirio fanatico di Thomas, senza però che mai  avverta l’impressione di stare ascoltando in realtà la medesima e unica voce dell’attore.
L’Avenger della Marvel si aggiunge quindi ai “gemelli” della tv piuttosto frequenti in tempi recenti, tra il “doppio” James Franco di The Deuce e i due Paul Rudd di Living With Yourself. Ma se in questi ultimi casi non manca una certa comicità e leggerezza alla caratterizzazione dei personaggi, puntando quindi sull’istrionismo dei due interpreti, quello di Ruffalo è di base ben più drammatico, dove il recitare “in assenza” può far la differenza tra l’autenticità e invece il puro manierismo. Nomi in ballo, approcci narrativi e messa in scena che quindi evidenzia la natura ibrida dello show, in una commistione tra televisione e cinema che si può dire ormai più che usuale nel panorama contemporaneo, quasi superato come concetto (tanto da non rappresentare neanche più una vera novità). Basti pensare al resto del cast di questa mini-serie di sei episodi, formato da volti per la maggior parte provenienti dal grande schermo, come Melissa Leo, Kathryn Hahn e una rediviva Juliette Lewis; o ancora lo stesso autore, Derek Cianfrance, sceneggiatore e regista di “Blue Valentine” e  “The Place Beyond the Pine“, che si affaccia per la prima volta in carriera alla televisione.
“I Know This Much Is True” è anche il titolo del libro di Wally Lamb che lo stesso Cianfrance ha adattato, pubblicato in Italia come “La Notte E Il Giorno“. E proprio “notte e giorno”, come detto, non è solo letteralmente l’orario che divide i due “New Year’s babies“, ma ovviamente, in senso figurato, esprime la loro opposta personalità. Se di Thomas e dei suoi problemi mentali si è già detto, Dominick è invece ben più mite e riflessivo, come se per tutta la vita sia stato costretto a fare da contraltare al fratello, con tutte le conseguenze psicologiche del caso. “Notte e giorno” è infine, poi, l’eterno dualismo tra luce e oscurità, tra quello che viene mostrato e ciò che viene celato, non solo a livello emozionale ma soprattutto dal punto di vista narrativo, visti i numerosi segreti che si nascondono nel loro passato.

 

“You take care of your brother, huh? You take care of him.”

 

Continuando a procedere a ritroso, dopo aver presentato la propria storia famigliare, nella seconda sezione dell’episodio viene sviscerato il periodo di malattia della madre dei due protagonisti, fino alla morte della donna. “Notte e giorno” si palesano qui con il comportamento di Thomas di mostrare la propria vulnerabilità interiore, a cui si oppone invece quello del gemello, ben più esplicito e partecipativo e che porta alla frustrazione palesata in macchina nei riguardi del fratello. Una scena fondamentale per comprendere il rapporto tra i due, nonché il peso della responsabilità di cui Dominick è stato investito e al tempo stesso segnato da tutta una vita, rinnovatagli (quasi estortagli) inoltre dalla madre in punto di morte. “Non è colpa sua”, ripeterà successivamente al padre adottivo, avendocela forse in realtà più con se stesso. Perché in questo frangente temporale emerge anche la citata “oscurità” che si nasconde dietro la figura della madre e la loro storia personale in generale, come la reticenza della donna di raccontargli del loro padre biologico; o ancora ciò che trapela dal misterioso manoscritto di suo nonno, con l’analisi psicologica poco lusinghiera che la “particolare” traduttrice di italiano fa sul suo conto, facendo intendere un rapporto morboso con la propria figlia (e chissà, se tutti questi aspetti non siano orridamente connessi).
Nel ritornare al presente la cupezza e il disagio imperante respirati per tutto l’episodio raggiungono i livelli più estremi. Il “troppo” che non sembra vero, ma lo è eccome, finisce col richiedere delle conseguenze, in una società che si rifiuta di accettarlo. Lo spostamento forzato di Thomas dalla sua casa di cura al manicomio di massima sicurezza, a quello cioè che non “è il suo posto”, come non fa che ripetere Dominick, è in realtà l’espressione della condizione esistenziale di tutti i protagonisti. Perché Thomas non è il solo a non sapere quale sia il proprio posto d’appartenenza. Non lo sa Dominick, bloccato nel limbo incolore di un matrimonio fallito e il frenare continuamente i propri istinti, affettivi quanto sessuali, come si nota nei suoi due differenti approcci con Nedra, la traduttrice, e la sua ex-moglie. Non lo sa in fondo neanche la stessa Nedra Frank, che mostra continui segnali di squilibrio fino alla sua insana fuga. E se nella prima parte era il rapporto intimo e personale tra Thomas e la sua famiglia ad essere sviscerato, in quest’ultima sezione narrativa è quello che gli altri hanno nei suoi confronti a farla da padrone, ritornando così a quel movimento di macchina d’apertura che mostrava inizialmente solo le reazioni dell’intera biblioteca.
D’altronde è con la decisione di Dominick, di vietare ai medici di provare a ricucire la mano al fratello, che si apre l’episodio. Una decisione incomprensibile per chiunque altro (compreso lo spettatore), ma coerente per il protagonista, addirittura rispettosa (a modo suo) di quella pesante promessa fatta alla propria madre. Tutto “Episode 1” non fa quindi che tentare di spiegarne i retroscena, non colti neanche dal padre adottivo, ossia l’importanza di quella libertà di scelta da parte di Thomas, per quanto estrema possa essere, perché semplicemente non ha mai potuto esprimerla prima nella sua vita. Libertà che gli viene sottratta nel finale, come se il mondo, con cui gli riesce così difficile comunicare, lo voglia punire per la sua illusione. E nella sequenza finale, così soffocante e claustrofobica, in cui Dominick non riesce a farsi ascoltare e a capire dalle forze dell’ordine, i due fratelli raggiungono il medesimo livello, la stessa angosciante condizione. Qui esplode tutta l’impotenza di Dominick nel poter aiutare Thomas, dopo essersi a sua volta illuso di essere riuscito, dopo una vita intera, a comprenderlo. Ed è qui che si consuma il vero fallimento della promessa fatta a sua madre.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La “doppia” interpretazione di Mark Ruffalo
  • Realtà estrema eppure tanto autentica, la forza dello show 
  • La sequenza iniziale 
  • La scena del litigio in macchina e l’inseguimento successivo
  • Il “vaffanculo!” di una Juliette Lewis che incarna il titolo alla perfezione 
  • La lacrime di Dominick e la promessa “estorta” dalla madre 
  • La sequenza finale, al manicomio di massima sicurezza, per notevole tecnica ed efficacia sullo spettatore 
  • La parentesi del manoscritto del nonno (compresa Juliette Lewis), che pur avendo sicuramente connessioni col passato della loro famiglia, può apparire quasi slegata dal resto della trama, più aderente invece alla loro realtà e psicologia 

 

Un episodio pilota denso ed estremo, capace di presentare, con una certa crudezza e  cupo realismo (nonché con la solita qualità targata HBO), tutti gli elementi in gioco, tra rapporti famigliari, caratterizzazioni al limite e segreti oscuri ed inquietanti. Quello che si prospetta sembra essere un viaggio introspettivo nelle profondità della psiche umana, probabilmente non adatto a tutti i palati e che per ora non basta a per tesserne le lodi, ma sicuramente meritevole d’interesse.

 

Episode 1 – 1×01 0.32 milioni – 0.1 rating

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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