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It’s A Sin 1×01 – Episode 1TEMPO DI LETTURA 4 min

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Recensione It's a Sin 1x01“Father forgive me
I tried not to do it
Turned over a new leaf
Then tore right through it
Whatever you taught me
I didn’t believe it”
It’s A Sin – Pet Shop Boys

Le serie tv che abbracciano le tematiche care alla comunità LGBTQ+, soprattutto in questi anni, sono particolarmente prolifiche. Ma non sono una novità. Tra le serie più conosciute, oramai approdata più di venti anni fa, c’è Queer As Folks ideata da Russell T. Davies. A lui si deve anche il ritorno di Doctor Who sul piccolo schermo e i due spin off Torchwood e The Sarah Jane Adventures. Davies però non ha mai abbandonato i temi a lui più cari e nel 2015 si dichiara pronto per affrontare un nuovo progetto dal titolo The Boys About AIDS In The 1980s. La serie è stata rifiutata – probabilmente per le tematiche trattate, dichiara lo stesso Davies – per poi essere nuovamente commissionata nel 2018 dalla medesima rete che tre anni prima l’aveva rifiutata.
Nasce così It’s A Sin. Miniserie britannica con protagonisti tre ragazzi che si trasferiscono a Londra, durante gli anni ’80. Uscita il 22 gennaio sulla rete inglese Channel 4 in contemporanea nel Regno Unito, in Nuova Zelanda e in Australia. Negli Stati Uniti sarà trasmessa a partire dal 18 febbraio su HBO Max.

SMALLTOWN BOY


I motivi che spingono i tre ragazzi (Ritchie, Roscoe e Colin) a lasciare le loro cittadine per poi incontrarsi per un caso fortuito – all’interno di un gay bar – sono tra le più disparate. Il punto centrale è il cambiamento evidente nella loro vita quando si lasciano la famiglia alle spalle ed acquistano piena libertà. La comunità gay in quegli anni era in pieno fermento, a partire dai moti rivoluzionari di fine anni ’60 in poi. Per merito non solo dei maggiori diritti che stavano conquistando, ma anche grazie agli spazi dove, in linea di massima, potevano essere loro stessi, senza rischiare molestie o pestaggi.
Completamente diverso è l’ambiente familiare. Tutti e tre i ragazzi provengono da una famiglia conservatrice. I familiari di Ritchie, oltre ad avere una buona dose di maschilismo radicato, non accetterebbero mai il suo orientamento sessuale. La prova è nella reazione esagerata quando il ragazzo afferma di voler lasciare la facoltà di legge per studiare recitazione. Roscoe, drag queen di origine nigeriana, è scappato di casa dopo che la sua famiglia voleva riportarlo in Nigeria per “guarirlo”.

THE BOYS ABOUT AIDS IN 1980


Anche se segue la struttura più classica per i pilot ossia quella di presentare i personaggi principali e creare le dinamiche che li legano, il tema dell’AIDS viene prepotentemente introdotto. In quegli anni la disinformazione attorno alla malattia era molta, soprattutto perché era vista come un malore legato all’orientamento sessuale. Uno dei tanti soprannomi era proprio “l’influenza dei gay”. Ad alimentare una discriminazione già dilagante era la paura che il contagio potesse avvenire tramite contatto, come si può prendere un semplice sintomo influenzale.
Il personaggio di Henry, interpretato da Neil Patrick Harris, è l’esempio più forte in questa puntata. Collega di Colin e fidanzato da anni con Juan Pablo, viene lasciato completamente solo in ospedale dove non viene accudito per paura di poter essere contagiati da una malattia ancora sconosciuta. “They do it to protect me, not you” dice a Colin quando il ragazzo entra con una tuta sterile e la mascherina, ma le condizioni di solitudine e abbandono completo testimoniano una paura e un’ignoranza più profondi della cura verso il paziente. L’infermiere nemmeno entra per portargli il pranzo, lo lascia fuori dalla porta costringendo Henry, in mancanza di Colin, ad alzarsi dal letto nelle sue critiche condizioni.
Già Pose si era fatto carico, tre anni fa, di parlare dell’AIDS e di come venisse visto negli anni ’80, sia dal personale sanitario che dall’opinione pubblica, fino alla comunità gay.
It’s A Sin promette di parlare delle medesime problematiche unendo la storia personale dei protagonisti con quello che gli accade attorno. Nota di una profonda inconsapevolezza sia per quanto riguarda le fasi della malattia in sé, sia l’associazione della malattia con l’orientamento sessuale a causa dell’educazione sessuale nulla. Tutti questi elementi sono accennati già dal pilot. Ritchie riceve un pacco di preservativi dal padre che lo mette in guardia sulle gravidanze indesiderate. Pacco che verrà prontamente buttato in mare. Questa breve scena fa capire il grado di responsabilizzazione e conoscenza che c’era attorno all’argomento: i profilattici servono solo per evitare figli indesiderati, non per proteggersi da malattie veneree.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Buona presentazione dei protagonisti
  • Tema dell’AIDS trattato su più piani
  • La sostanziale differenza tra la vita in città con la situazione familiare dei tre ragazzi
  • Minutaggio forse non sufficiente, ma c’è ancora tempo (gli episodi sono cinque in totale) per sancire il buon utilizzo del tempo a disposizione 

 

Davies dimostra di essere incredibilmente maturato dai tempi di Queer As Folks (che, a sua difesa, aveva un tono ben differente) e di saper gestire un pilot dalle sfumature brillanti.

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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