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Louie 5×01 – PotluckTEMPO DI LETTURA 5 min

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No dai, ancora questa e poi giuro che vado a dormire“. Se anche voi siete maniaci seriali, non del genere “stasera quasi quasi ammazzo un paio di prostitute sul ciglio della strada e poi dritti a nanna“, ma più tipo “ok, mi mancano 12 puntate per finire la stagione, sono le due e mezza di notte, ho la sveglia alle 8. Ce la posso fare“, vi sarà sicuramente capitato di mentire a voi stessi in questo modo. Non importa quante notti in bianco passerete, non importa quanto vi odierete il mattino dopo, se la maratona comincia, la maratona deve finire. Un po’ come quando compri un pacco da due chili di noccioline e pretendi di mangiarne “solo” due manciate. È inutile sperare, finiremo sempre e comunque per perdonare noi stessi e la nostra flaccida forza di volontà.
E siccome da grandi poteri derivano grandi responsabilità, a quelli che, come il sottoscritto, vivono a pane e serie tv, sarà certamente capitato di udire la fatidica domanda: “senti, ma tu che segui un sacco di serie tv, quale mi consigli?“. Il cervello di un malato della serialità televisiva tende ad escludere certi nomi, credendo possa essere impossibile che qualcuno non abbia visto serie come Breaking Bad, Scrubs, I Soprano, Game Of Thrones, Sons Of Anarchy, The Walking Dead, Lost e via dicendo, dimenticando per un attimo che al mondo ci sono persone che prediligono la vita sociale alla vita da agorafobico, e quindi si lancia in consigli arditi che spesso lasciano sulla faccia dell’interlocutore un’espressione a metà tra stupore e compassione. Nel mio caso la scelta ricade sempre su Louie.
Questa serie, targata FX, è scritta, diretta e interpretata dal comico americano Louie CK, molto popolare in patria per i suoi spettacoli stand-up, e arrivato addirittura a lavorare con Woody Allen in Blue Jasmine e con David O. Russell in American Hustle. Con il suo stile irriverente ed eccessivamente sboccato, CK tocca ogni genere di tema: famiglia, sesso, religione, omosessualità, cibo, peti (sì, peti.) e un sacco di altri argomenti, spesso al limite dell’assurdo, toccando picchi di genialità senza precedenti. La sua comicità è qualcosa di unico, distante anni luce da quella a cui siamo abituati qui in Italia. La volgarità di linguaggio non si riduce a mero espediente per strappare forzatamente una risata (ogni riferimento a cinepanettoni e webstar dal dubbio talento è puramente casuale), ma diventa invece strumento per veicolare riflessioni ben più profonde, nascondendo dietro siparietti bizzarri e surreali punti di vista sorprendentemente articolati e ragionati.
Con questa serie CK alterna piccoli spezzoni delle sue esibizioni a situazioni di vita reale (la sua vita), rovesciando lo schema classico della comedy, sperimentando nuove tecniche di regia e rompendo la classica struttura narrativa che ci si aspetta da una serie di questo genere.
Oh my god, I’m a boring asshole now.”
Il confine tra Louie, il personaggio, e Louie, il comico, si fa sempre più sottile. La differenza che invece appare più chiara, al termine di questo primo episodio, è quella tra Louie di “Pamela Part Three” e Louie di “Potluck”. Ci troviamo di fronte a un uomo più sensibile, terrorizzato a tal punto dall’idea di essere diventato un “cazzone noioso” da partecipare a una cena sociale organizzata dai genitori dei compagni di classe delle sue figlie pur di stare in compagnia.
Allo stesso modo, anche la serie segue le orme del suo protagonista, rinunciando alla sua classica comicità a favore di momenti di riflessione riguardanti lo stato sociale e psicologico di Louie, confuso circa il suo posto nel mondo e visibilmente spaventato dall’idea di una vita da trascorrere in totale solitudine. Il flirt con Julianne e la totale assenza di Pamela all’interno dell’episodio sono elementi che suggeriscono una possibile marcia indietro nella loro relazione, traguardo raggiunto faticosamente al termine della passata stagione. Nessuna sorpresa comunque. Lo show ci ha abituati fin dall’inizio a simili cambi di rotta, mettendo in evidenza la componente realistica della serie, poco incline al classico lieto fine.
Lo stand-up iniziale funge da trampolino di lancio, interpretando in chiave comica il punto focale attorno a cui si svilupperà l’intero episodio: la sensazione di sentirsi estranei a casa propria. Si è diversi solo perché visti attraverso gli occhi di chi ha la presunzione di considerarsi normale, individui talmente egocentrici da considerare le altre persone il loro “Sud America“.
Dopo cinque stagioni CK non perde il suo tocco. Dialoghi surreali e situazioni grottesche si alternano a picchi di comicità e intermezzi musicali sistematicamente piazzati nei momenti cardine della puntata, rendendo il tutto incredibilmente bilanciato. Un inizio decisamente incoraggiante, che fa ben sperare sul futuro di questa serie, emblema di come la totale libertà creativa e la volontà di sperimentare siano elementi imprescindibili per la realizzazione di un prodotto di qualità.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La seduta dallo psicologo
  • La cena sociale sbagliata
  • Il rapporto sessuale con rottura delle acque
  • Pamela???
  • Inizio di stagione leggermente più fiacco del solito
Con questa recensione abbiamo cercato di presentarvi a grandi linee la serie, un must per tutti quelli che hanno voglia di sperimentare nuove frontiere nel genere comedy, dominato da mostri sacri quali The Big Bang Theory, e spesso delimitato da steccati troppo rigidi che impediscono una reale diversificazione all’interno della categoria. Il nostro consiglio è quello di iniziare subito il recuperone delle precedenti stagioni, assolutamente fattibile visto il numero contenuto di episodi e il minutaggio classico di 20/30 minuti a episodio. E se tutto ciò non fosse bastato a convincervi, andate su YouTube a guardare qualche spezzone dei suoi spettacoli di stand-up comedy. Risate e crisi respiratorie sono assolutamente garantite.
Pamela (Part Three) 4×14 0.56 milioni – 0.4 rating
Potluck 5×01 0.63 milioni – 0.3 rating

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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