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Messiah 1×01 – He That Hath An EarTEMPO DI LETTURA 3 min

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La prima release dell’anno di Netflix si fa notare sin da subito per un titolo alquanto importante e delle tematiche (religione, immigrazione, discriminazioni razziali) molto attuali. È un chiaro segno che l’azienda di Los Gatos stia cercando di espandere i propri orizzonti tentando un po’ tutte le strade, non solo quelle che passano, con successo, per la fantascienza (Stranger Things, The Witcher) ma anche quelle che si possono definire “un po’ più profonde” per i temi affrontati.
Nel tentativo di far parlare di sé grazie al titolo e ad il trailer, la serie è già riuscita a suscitare le ire di gran parte della comunità musulmana sunnita a causa della somiglianza tra il protagonista, chiamato Al-Masih e la figura di Al-Masih ad-Dajjal (in italiano Dajjāl), considerato come l’Anticristo nella religione musulmana.

 

Listen to me! Listen to me, my brothers and sisters. They pretend to preach God’s word, and all they do is twist its meaning. It is written in The Book.

 

Va chiarito fin da subito, e lo si vede anche durante questi 50 minuti scarsi del pilot, che Messiah non è un capolavoro. Se si era alla ricerca del fantomatico “nuovo Lost” allora è meglio non proseguire con la visione, diversamente questo nuovo titolo potrebbe riservare qualche buona ora di televisione con una visione tutto sommato intrigante. La serie, creata dal misconosciuto Michael Petroni (che ad occhio e croce non sarà né il prossimo Sam Esmail e nemmeno un Lindelof qualunque), è composta da 10 episodi girati in giro per il mondo (Amman, Jordan, Albuquerque, Mountainair, Estancia, Belen, Santa Fe, Clines Corners, New Mexico) e vede come protagonisti Michelle Monaghan e Mehdi Dehbi, rispettivamente nel ruolo di un ufficiale della CIA che è assegnata all’indagine sul personaggio interpretato da Dehbi, che è un fantomatico messia.
Questa “He That Hath An Ear” riesce ad introdurre molto bene lo spettatore nella realtà di Messiah, sia dal punto di vista dei rifugiati siriani, sia dal punto di vista israeliano e americano. Non si fatica infatti a credere a ciò che si vede, soprattutto quando gli immigrati arrivano al confine con Israele, c’è chiaramente molta realtà dietro questa finzione cinematografica.
L’unica cosa che si può criticare fortemente a questo pilot di Messiah è il passaggio, troppo frettoloso e senza alcun fondamento, del character interpretato dal belga Dehbi che all’inizio predica a Damasco poco prima di una tempesta di sabbia enorme mentre viene chiamato Diavolo, successivamente invece lo si ritrova a capo di qualche centinaio di persone che lo seguono ciecamente in mezzo al deserto verso il confine israeliano. Uno sviluppo più lungo, magari mostrato meglio nel giro di un paio d’episodi, avrebbe creato più sostanza e credibilità al personaggio misterioso di Dehbi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Buona regia
  • Personaggi, principali e secondari, che sembrano a prima vista abbastanza curati e con una buona dose di storia e problemi
  • L’utilizzo di veri canali televisivi come fonte di notizia rende tutto molto reale
  • La fuga di Al-Masih dalla prigione
  • Vengono affrontate tematiche attualissime in maniera molto efficiente
  • Manca il collegamento tra la “nascita” di Al-Masih e la sua “ufficializzazione”, cioè manca una spiegazione razionale che mostri al pubblico cosa sia successo tra la tempesta di sabbia e la fuga nel deserto
  • Qualche scena un po’ troppo esagerata

 

“He That Hath An Ear” è una series premiere che promette molto ma non conferma tutto. Ci sono degli ottimi spunti attuali, come i rifugiati siriani e la guerra in Siria, che vengono approcciati con cura e molti dettagli, altri, come l’ascesa di Al-Masih, che non vengono spiegati. Tutto sommato un inizio più che sufficiente che attira l’attenzione dello spettatore ma necessita di più tempo per esplodere completamente. Va sicuramente dato più tempo ma finora la serie di Petroni convince abbastanza.

 

He That Hath An Ear 1×01 ND milioni – ND rating

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

1 Comment

  1. Siccome mi è piaciuta Messiah, spezzo una lancia a suo favore. Anche perchè il punto è un elemento centrale della serie. Si dice nei thrums down che:” manca una spiegazione razionale su cosa sia successo tra la tempesta di sabbia e la fuga nel deserto”. E’ successo che i profughi di Damasco hanno creduto al miracolo del Messia, cioè di essere stati salvati grazie alla tempesta di sabbia dall’imminente invasione. Per questo lo hanno seguito subito riconoscendolo come inviato da Dio. Pure io nello loro circostanze avrei fatto lo stesso. Tenete d’occhio ai miracoli, e a cosa fareste voi o farebbero gli altri quando ne incontrano uno. Il mio voto sulla serie: Bless them all

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