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Outcast 2×04 – The One I’d Be Waiting ForTEMPO DI LETTURA 4 min

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Please, don’t let the monsters get back inside her!

Dopo l’importante rivelazione avvenuta nella precedente puntata, la narrazione prosegue su questo binario, rimettendo in discussione tutto quello che era stato raccontato nella prima stagione.
In effetti, complice il giudizio positivo e l’attenzione posta su altre questioni, nella prima stagione erano state date per scontato parecchie cose (o erano passate in secondo piano rispetto al lato crime della serie): com’è nata la “maledizione” di Kyle, come mai Giles è così amico del reverendo Anderson, com’era in generale la vita nella cittadina di Rome prima della nascita di Kyle? E soprattutto: perché il padre aveva abbandonato sua moglie e il piccolo Kyle? Tutte domande che aleggiavano nell’aria ma che, solo da questa seconda stagione, si è deciso di provare a dare una risposta. Innanzitutto perché lo spettatore ha diritto di sapere di più sul passato dei personaggi avendoli ormai conosciuti; e poi perché le rivelazioni che vengono fatte da questo episodio in poi influiranno sempre più sulla guerra contro il male che imperversa a Rome. Ma, soprattutto, le rivelazioni che questo episodio regala pongono degli interrogativi sullo stesso operato dei protagonisti e, quindi, su tutto quanto si è visto finora.

For taking us too far we’d losen ourselves, so what’s the point?

Ed è esattamente questa la domanda che la serie pone, indirettamente, allo stesso spettatore. Finora le azioni compiute dal reverendo Anderson e da Kyle non hanno portato a molto, perciò viene loro proposta una soluzione più “drastica” da Giles e dallo sfasciacarrozze Bob, il quale nasconde un’importante verità sul padre di Kyle.
La soluzione offerta, ovviamente, non è condivisa perché troppo violenta ma il dubbio rimane: e se fosse la soluzione migliore?
Outcast si rivela così una serie dai molteplici significati nascosti e (forse) l’opera più matura di Robert Kirkman proprio per queste continue riflessioni che vengono lanciate, in maniera mai troppo forzata, agli spettatori in mezzo ai dialoghi. Se per fare il bene è necessario fare il male allora chi è il vero cattivo? Sidney e il suo fantomatico piano di cui ancora non si sa nulla? O gli stessi Kyle e Anderson che cercano di combatterlo?
Domande che intercorrono per tutto l’episodio e che rappresentano il vero leitmotiv di questa seconda stagione.
Sia Anderson che Giles (di cui questa puntata svela un aspetto importante del proprio passato e il motivo dell’amicizia tra i due) sono direttamente chiamati in causa da questo punto di vista e la scena di dialogo tra i due è una delle più elevate di tutto l’episodio (anche grazie all’interpretazione dei rispettivi interpreti).
Chi pensa, però, di trovarsi di fronte ad una puntata meditativa e di puro raccordo, sbaglia di grosso: fin dalla scena iniziale si viene colpiti da un crescendo di tensione e di azione ad alto tasso emotivo che coinvolge direttamente lo spettatore che ha seguito le vicende dall’inizio. In particolare, è il ritorno di Aaron dalla madre il motore di tutti gli eventi, in una scena dove viene fatta luce sul vero motivo dell’odio da parte del ragazzo nei suoi confronti (anche questo finora dato per scontato mentre qui riemerge con estrema forza e pathos rivelando un nuovo aspetto del personaggio).
In generale il ritmo dell’episodio si sostiene molto bene tra suspense e azione, dimostrandosi uno degli episodi mai realizzati da questa serie.
Secondaria, invece, e parzialmente lunga la sequenza che vede la famiglia di Megan (lei e la figlia Holly) in fuga da Rome. Sequenza che ha certamente il merito di spezzare il ritmo nei momenti giusti per renderlo costante e che crea comunque una certa tensione (soprattutto l’inquietante preghiera-cantilena finale ripetuta all’ossessione) ma che risulta comunque, come un surplus per le vicende dell’episodio, anche se sicuramente avrà un suo perché (si spera) negli episodi successivi.
Da notare poi, come tale sequenza sia l’unica di tutta la puntata veramente illuminata. Infatti, nell’economia di luce che la serie riserva (e fa bestemmiare i recensori quando devono trovare le immagini) le scene di Megan e Holly sono le uniche che vengono mostrate sotto la luce, mentre il resto dell’episodio ha una fotografia che tende sempre ai toni cupi e bui, perlopiù limitandosi alle luci naturali, quasi a voler ribadire il concetto del male che aleggia sulla città di Rome come una cappa inquietante e claustrofobica che “oscura la ragione e genera mostri”, mentre altrove l’innocenza e il bene (la luce) trova (o cerca di trovare) il modo per sopravvivere. Un ulteriore elemento simbolico che denota l’attenzione maniacale ai dettagli e la qualità registica di questa serie.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ritorno di Aaron
  • Alti livelli di tensione ed emotività
  • Dialoghi
  • Fotografia dark
  • Dialogo Anderson-Giles
  • Cantilena inquietante di Holly
  • Scene della “fuga” di Megan e Holly forse da accorciare
  • Va bene la fotografia dark ma cazzo… una lampada in più no, eh?

 

Puntata che segna una svolta non da poco nella trama, tutta giocata su dialoghi potenti, una fotografia dark studiata nei minimi particolari e scene ad alta tensione emotiva. La domanda posta al pubblico è la seguente: è lecito combattere il male facendo altro male? L’episodio non offre alcuna risposta al riguardo ma ognuno è libero di farsi una sua opinione.

 

Not My Job To Judge 2×03 ND milioni – ND rating
The One I’d Be Waiting For 2×04 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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