);

Peaky Blinders 4×06 – The CompanyTEMPO DI LETTURA 6 min

/
()

It’s us Shelbys. It’s in our gipsy blood. We live somewhere between life and death. Waiting to move on. And in the end… we accept it. We shake hands with the devils and we walk past them.

Terminata la visione di questo magistrale season finale, a prevalere, nella mente dello spettatore, è una dilagante sensazione di compiutezza, di equilibrio, la cosiddetta quadratura del cerchio. Questo perché Peaky Blinders, nonostante intrighi, tradimenti e macchinazioni di ogni sorta, ha da sempre potuto contare su due elementi in particolare, linearità e coerenza narrativa, utili a restituire quel realismo scenico che rende la serie il piccolo gioiello televisivo che è, ma anche, e soprattutto, strumenti autoriali utilizzati allo scopo di favorire la polarizzazione dello spettatore rispetto alle vicende, e più in generale alle vite, dei nostri protagonisti.
Nel corso della stagione precedente si era insistito, in più di un’occasione, su un elemento in particolare: il coraggio mostrato dalla serie. Coraggio che si manifestò attraverso l’evidente intenzione di virare verso un’impostazione diversa, arricchendo la struttura di base di gangster/historical drama con una spiccata componente socio-politica, in grado di rimescolare le carte in tavola e conferire ulteriore vitalità ad uno show che, pur mostrando un’indubbia qualità sotto ogni punto di vista, avrebbe rischiato di perdere quella verve conferita proprio dalla sua intrinseca propensione al rinnovamento, alla maturazione. Non stupisce, dunque, che questo quarto arco narrativo si concluda con l’ingresso di Thomas Shelby in politica, un esito un po’ telefonato se messo in relazione al vis a vis tra lui e Jessie avvenuto nel quarto episodio, durante il quale emerse, seppur tra le righe, un senso di inadeguatezza del capofamiglia Shelby rispetto ai delinquenti in cravatta che da ormai troppo tempo lo tengono in scacco, nascondendo la propria natura criminale dietro un alone di rispettabilità conferitogli dal proprio ruolo all’interno della società. Una parabola ascendente che ad alcuni potrà ricordare quella compiuta da Pablo Escobar in Narcos e che, seppur in contesti totalmente differenti, sottolinea un bisogno comune alle due figure televisive: la volontà di mostrare il proprio valore agli uomini in cravatta che detengono il potere, così da provare che l’unica differenza, l’unico elemento che li distingue, è la pura e semplice estrazione sociale. Un diritto di nascita privo di merito o valore, dettato solo ed esclusivamente dalla più totale casualità, e proprio per questo motivo inaccettabile e deprecabile agli occhi di uno Shelby.

As a friend of mine once said… big fucks small. So I had to find someone bigger than you.

Trova inoltre la sua naturale conclusione la storyline dedicata a Luca Changretta, in un paio di occasioni forse piegata alle esigenze narrative e romanzata più del dovuto rispetto ai canoni di realismo e veridicità cui la serie ci ha abituati. In più di una circostanza, infatti, la necessità di portare a compimento questa vendetta all’italiana, conservando sempre quel romanticismo cinematografico di fondo che da sempre ruota attorno alla figura del criminale italo-americano, ha portato gli autori a compiere delle scelte non proprio verosimili, come ad esempio l’accordo siglato tra Changretta e Polly, accettato di buon grado dal boss mafioso nonostante la sua evidente posizione di superiorità strategica, oppure la decisione di non uccidere Thomas Shelby nel corso del primo faccia a faccia tra i due. Naturalmente si tratta di pure e semplici esigenze televisive, perfettamente comprensibili e giustificabili, fatto sta che questa ingenuità del capofamiglia dei Changretta ha in parte minato l’ottima rappresentazione di Brody, rendendolo agli occhi dello spettatore, fin dalle prime battute, un nemico sì temibile, ma non abbastanza da superare in astuzia il leader degli Shelby. Piccolo difetto che comunque, pur rendendo l’esito finale piuttosto prevedibile, finisce col non intaccare il risultato complessivo, impreziosito dall’ennesimo faccia a faccia tra Murphy e Brody e soprattutto dal duplice colpo di scena relativo alla morte/non morte di Arthur e conseguente morte del villain di stagione per mano dello stesso.
Un colpo di scena magistralmente orchestrato dagli autori, bravissimi a giocare con lo spettatore, spiazzandolo con un omicidio del tutto inatteso e avvenuto in una manciata di minuti, per giunta ai danni di uno dei character più amati della serie – ma plausibile proprio in virtù del realismo di fondo citato in precedenza – per poi restituirgli le speranze proprio nel momento in cui la morte del personaggio appariva ormai come una certezza assoluta. Anche perché, oggettivamente, una dipartita di questo genere non avrebbe reso onore neppure lontanamente ad un character multiforme e sfaccettato come quello di Arthur e, per quanto coraggiosi siano, gli autori non avrebbero mai potuto riservare un’uscita di scena così misera ad uno dei loro personaggi di punta.

Thomas: “I once told you Alfie, for business reasons or in bad blood, I will kill you. I have no business reasons. It seems you have retired.
Mr. Solomons: “So this is all purely for bad blood, is it Tommy?

Altro discorso può essere fatto invece per l’uscita di scena di Alfie Solomons, uno dei character più interessanti e complessi della serie e apprezzato enormemente dal pubblico nonostante rientri a pieno titolo nella categoria dei personaggi secondari. Mr. Solomons, personalità oscura e contorta, folle e imprevedibile, ha da sempre potuto contare, oltre che su una scrittura impeccabile, su un interprete magistrale come Tom Hardy, elementi che hanno reso la sua figura una delle più amate tra gli spettatori. Il grottesco umorismo che accompagna ogni confronto/scontro che lo vede come protagonista, non ha fatto altro che alimentare la simpatia nei confronti dell’ambiguo ebreo errante di Camden Town, individuo spietato e calcolatore che non ha paura di dire ciò che pensa, neppure in faccia ad un boss mafioso in cerca di vendetta.
E proprio questo suo lato, un po’ immaturo e arrogante, lo ha portato in più di un’occasione a scontrarsi con lo stesso Tommy. Lui ed Alfie, infatti, hanno sempre condiviso un rapporto oscillante, sempre in bilico tra amicizia e ostilità, ma in tutti questi anni, la figura di Mr. Solomons, quantomeno per Thomas, ha rappresentato anche il proverbiale ago della bilancia, mettendolo di fronte alla realtà dei fatti in più di un’occasione. In un certo qual modo questo nuovo traguardo raggiunto dal leader degli Shelby, ora rappresentante al Parlamento del partito laburista, è stato reso possibile anche grazie all’apporto di Alfie, l’unico in grado di porre Tommy dinnanzi alla verità, mettendolo in guardia, in particolare nella passata stagione, circa la rabbia che da sempre muove le sue azioni, unico vero ostacolo alle sue ambizioni e biglietto di sola andata per quel vortice di violenza e autodistruzione che inevitabilmente lo porterebbe alla rovina.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’ascesa politica di Thomas
  • La morte/non morte di Arthur
  • Did you say Al Capone?
  • L’uccisione di Changretta per mano di Arthur
  • La dipartita di Alfie Solomons
  • Luca Changretta non un granché nel ruolo di stratega nella sua Vendetta

 

Anche questa quarta stagione di Peaky Blinders giunge alla sua conclusione e senza dubbio possiamo dirci soddisfatti di quanto visto finora. Le enormi aspettative riposte nei confronti della serie vengono ancora una volta ripagate e dunque ci si avvia verso una quinta stagione, probabilmente la conclusiva, che certamente si concentrerà maggiormente sulla carriera politica di Thomas e sulla sua collaborazione con il governo, ma che potrebbe presentarci nuovi interessanti personaggi, tra i quali giganteggia quello di Al Capone, menzionato da Thomas nell’ultimo faccia a faccia con Changretta. Anche quest’anno la serie conclude il suo percorso stagionale con la consueta benedizione e a noi non resta che pazientare nell’attesa di scoprire come si concluderà l’odissea dei nostri Peaky “fucking” Blinders.

 

The Duel 4×05 ND milioni – ND rating
The Company 4×06 ND milioni – ND rating

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

Rispondi

Precedente

Wormwood 1×06 – Chapter 6: Remember Me

Prossima

Oasis 1×01 – Pilot

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.