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Raised By Wolves 1×01 – Raised By WolvesTEMPO DI LETTURA 4 min

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“Guardiamo il mondo che va all’inferno…!”
“Wir wollen zusehen, wie die Welt zum Teufel geht-!”
(Metropolis, 1927)

Raised By Wolves è la nuova creatura approdata su HBO Max ad inizio settembre, un prodotto che può vantare alle proprie spalle due nomi d’alto valore: il primo è Ridley Scott, che non necessita di essere introdotto; il secondo è Aaron Guzikowski (Contraband, The Red Road ed in particolar modo Prisoners, prodotto che contò Denis Villeneuve come regista). Ma è del regista inglese che la serie profuma maggiormente: la tematica sci-fi; la commistione di androidi, umanità e paesaggi spaziali; un forte desiderio di creare una sorta di mitologia narrativa in cui calare lentamente il proprio pubblico. Raised By Wolves raccoglie tutti questi elementi principali così tanto cari a Scott nei vari Alien e in Prometheus da divenire vera e propria colonna portante di un franchise planetario ed il risultato è una series première eccessivamente desiderosa di raccontare il maggior numero di cose al proprio pubblico. Tutte, però, decisamente troppo abbozzate.
Il contesto narrativo assume toni post apocalittici in cui due androidi (Mother e Father) si ritrovano incaricati di salvare la razza umana (a rischio estinzione, come verrà esplicitato verso metà puntata) andando su Kepler-22b a far sviluppare degli embrioni tramite una sorta di collegamento esterno con la Madre che, per nove mesi, li nutre. Il piano si rivela essere fallimentare nel momento in cui un solo bambino rimarrà in vita, mentre tutti gli altri periscono sciaguratamente a causa di svariati motivi (anche se il principale motivo è la debolezza fisica degli umani).
La serie in questo pilot manca di contestualizzare, tuttavia, il perché di questa fuga nello spazio vista come necessaria da Padre e Madre. Viene citata (e mostrata) una guerra che sembrerebbe aver devastato (ma potrebbe essere ancora in corso) il pianeta di partenza, quindi questo potrebbe essere una delle motivazioni principali della necessità di una nuova culla per l’umanità. Padre e Madre, essendo androidi, prefigurano l’esistenza di un loro creatore, argomento che viene fugacemente preso in esame quando i due decidono il nome per il più giovane dei bambini chiamandolo per l’appunto Campion, “after our creator”.
Altra debolezza evidente è la decisione di strutturare il pilot con una sequela di salti temporali a ripetizione. Si intravede la bontà della decisione, volta ad accompagnare lo spettatore subito nel vivo, ma lascia abbastanza inebetiti con la sensazione di venir sballottati da una parte all’altra di una stanza senza avere la vaga idea di quando questa imperitura corsa possa arrestarsi. Il principale rischio, nel momento in cui si procede a raccontare una storia a singhiozzi, sfruttando i salti temporali, è quello di perdere il pubblico tra un salto e l’altro, facendolo staccare (e stancare) da ciò che la puntata sta cercando di raccontare e presentare.
Il ruolo transitorio di “Raised By Wolves” è evidenziato non solo dal fatto di essere il primo episodio, ma anche dalla conformazione della puntata. E, sotto un certo punto di vista, appare più che corretto il desiderio di dare il maggior numero di informazioni allo spettatore rispetto a quanto gli verrà mostrato da qui in avanti. La sensazione però, terminati i circa cinquanta minuti di visione, è quella di aver ricevuto informazioni solo parziali, non sufficienti e che dovranno ben presto essere approfondite spendendo altro tempo, sottraendolo magari ad un diverso utilizzo.
Come si appuntava ad inizio recensione, infatti, la serie ha il chiaro obbiettivo di andare a costruire, episodio dopo episodio, la propria personale mitologia narrativa presentandola allo stesso tempo al proprio pubblico. L’attacco che Madre subisce dagli umani, proseliti del culto mitraico, in cui Campion rischia di essere rapito (o salvato?), porta all’attenzione dello spettatore un possibile scontro tra fede e scienza, tematica sempre interessante se trasposta in maniera adeguata, nei prossimi episodi. Da annotare poi come la figura di Madre, specialmente nella sua figura androide, richiami Hell-Maria di Metropolis (1927), figura cinematografica di grande importanza nel film muto. Considerato il paragone, anche come tematica volendo ben vedere, sarà interessante se e quanto Amanda Collin (che interpreta Madre) riuscirà anche solo ad avvicinarsi al magnetismo che sfociava in pura e semplice ossessione di Brigitte Helm (Maria in Metropolis).

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Visivamente spettacolare, un piacere per gli occhi
  • La costruzione del villaggio da parte di Padre, la coreografia costruita con la piantagione
  • La desolazione della morte
  • Lo scontro tra Padre e Madre
  • La difesa della Madre e successivo attacco che conduce al finale di puntata
  • Campion e voce fuori campo: un orpello narrativo interessante
  • Madre ed Hell-Maria
  • Molta carne al fuoco in quanto ad elementi narrativi (guerra sulla terra, specie umana a rischio, androidi incaricati di salvarla ecc ecc) ma veramente troppi pochi dettagli
  • Salti temporali dettati dalla necessità, ma che rischiano di far perdere il contatto allo spettatore con la puntata
  • Rischio flop?

 

Nomi altisonanti, HBO Max a fare da specchietto per le allodole ed una tematica sci-fi vista e rivista in ogni modo possibile (tra cinema e televisione): Raised By Wolves proprio al primo appuntamento è decisamente sottotono rispetto alle aspettative che si erano andate a creare. Eppure qualcosa di interessante sembra scorgersi tra un salto temporale e l’altro.

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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