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Safe 1×08 – Episode 8TEMPO DI LETTURA 4 min

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“We were kids, Tom. We were stupid kids and we made a terrible mistake!”

L’ultimo episodio di Safe finisce esattamente da dove era iniziato.
Servendosi, in maniera intelligente, dei primi 23 minuti di puntata, gli autori ci raccontano i fatti dal punto i vista di Jenny, la figlia scomparsa di Tom Delaney, vero e proprio motore d’azione e co-protagonista a tutti gli effetti della vicenda.
C’è, almeno all’inizio, l’illusione che la vicenda segua il suo svolgimento naturale dopo il potente cliffhanger rilasciato dall’episodio precedente. Ma così sarebbe stato troppo facile: lo scopo dell’autore Harlan Coben è sempre stato quello di far dubitare di qualunque verità che venisse offerta gratuitamente allo spettatore.
Questa è stata la vera chiave di qualità e di successo di questa serie televisiva che è partita come il classico thriller mascherato da family drama (seguendo vari cliché presi dalla saga di Taken) e piano piano si è trasformato in un vero e proprio giallo whodunit in cui il colpevole è da ricercare tra gli abitanti dell’apparentemente tranquillo quartiere inglese in cui è ambientata la vicenda.
Quindi, dopo la rivelazione del precedente episodio, era normale che, giunti all’episodio finale, l’attenzione si concentrasse sull’unica persona di cui non si sapevano le azioni poco prima della scomparsa. Come un abile detective, l’autore ricostruisce le vicende che hanno portato prima Jenny a scoprire il video incriminante sull’incendio nella scuola avvenuto anni prima, elaborare un piano con il fidanzato Chris, scappare nella notte dopo che qualcosa era andato storto e finire nel locale di Bobby.
Lo stile, dunque, è sempre quello “monografico” che già abbiamo visto nelle puntate precedenti dove ogni puntata era incentrata sul punto di vista di un determinato personaggio, solo che in questo caso il tutto avviene in maniera più amplificata.
L’ampio minutaggio dedicato a questa parte, infatti, potrebbe essere considerato eccessivo (e lo è in effetti) però è anche essenziale per dare un quadro generale a tutti gli intrighi e i segreti dei vari protagonisti. Anche perchè in questa parte vengono fatti vedere alcuni frammenti delle puntate precedenti che cambiano totalmente la prospettiva dei comportamenti e dei dialoghi dei personaggi.
Il bello di Safe è anche questo: vista a posteriori sarebbe interessante fare un esperimento in stile Memento e rivedere al contrario tutte le puntate cogliendo quei sottintesi e quelle dichiarazioni che, a pensarci bene, avevano già spoilerato fin troppo bene come sarebbe andato a finire il tutto, ma l’abilità di scrittura di Coben e soci ha fatto sì che l’attenzione, come in un buon gioco di prestigio, fosse spostata in tutt’altra direzione.
L’epilogo finale,dunque, rilascia senza dubbio molte sorprese da parte di personaggi insospettabili (ma qui sta tutto il senso della storia: chi può dirsi veramente innocente? E chi colpevole? E da cosa lo si capisce?) ma anche alcune certezze di cui già lo spettatore che ha seguito tutta la stagione non poteva non avere qualche sospetto.
Tutto questo riesce grazie a una trama ben orchestrata e scritta, ma anche (e soprattutto) alla bravura degli interpreti: uno su tutti il redivivo Michael C. Hall che riesce, dopo anni, a dare vita a un personaggio quasi al pari del fu Dexter Morgan; allo stesso modo Amy James-Kelly si dimostra un’ottima rivelazione mentre il personaggio di Amanda Abbington è senza dubbio il personaggio più complesso e affascinante di tutta la vicenda.
Va detto però che il finale della vicenda, soprattutto in merito al personaggio della Abbington, smorza un po’ il tono da thriller psicologico che finora aveva avuto la serie, regalando una risoluzione all’omicidio di Chris che ha tutto il sapore delle risoluzioni alla Jessica Fletcher (manca solo la risata diabolica alla fine) con un incidente che diventa omicidio (peraltro parecchio evitabile se non fosse stata per l’idiozia di Chris di rivelare l’esistenza del nastro alla persona sbagliata) e il colpevole che si giustifica dicendo (per l’appunto) che non voleva, è stato un incidente, mai e poi mai avrebbe avuto intenzione di fare quello che ha fatto ma sfiga ha voluto che succedesse…
Al di là di questi palesi difetti, comunque, la puntata scorre bene e rilascia comunque una gamma di emozioni considerevole. Da segnalare la splendida soundtrack dei vari episodi e in particolare la sigla che, dopo otto episodi, non può che risuonare nella testa dello spettatore.
Safe è sicuramente uno di quei prodotti che riesce a farsi ricordare. Girato con pochi mezzi (considerando le altre produzioni Netflix dalle cifre molto più considerevoli), ha il difetto di non essere stata pubblicizzata adeguatamente e di risultare, quindi, un prodotto di nicchia.
Tuttavia, per chi ha avuto la fortuna di seguire la serie fin dall’inizio, si può dire che Safe ha fatto pienamente il suo dovere e può tranquillamente essere annoverata tra i prodotti Netflix che meritano certamente un ‘occhiata.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Trama circolare
  • Michael C. Hall
  • Amanda Abbington
  • Amy James-Kelly
  • Soundtrack e sigla
  • Finale…
  • …anche se un po’ da Jessica Fletcher
  • Recap iniziale forse troppo lungo
  • Vista a posteriori la morte di Chris appare un po’ stupida

 

Safe chiude degnamente il cerchio di tutte le sue storylines regalando una delle interpretazioni più belle di Michael C. Hall. Passata all’inizio un po’ in sordina, si è rivelata poi essere una delle serie Netflix migliori degli ultimi tempi.

 

Episode 7 1×07 ND milioni – ND rating
Episode 8 1×08 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

4 Comments

  1. La storia dell’incendio è stata sempre messa in mezzo senza che si capisse il perché, e sono stata ingenua a non sospettare che c’entrasse con tutto l’intrigo.
    Uno di quegli indizi che, come dite nel post, era tirato in ballo per fare da spoiler.
    Quando sono stati identificati i responsabili dell’incendio del 1990 ed è stata nominata Sophie, non avrei comunque pensato a lei come colpevole della morte di Chris, piuttosto ho immaginato che suo figlio, scoprendo tutto e volendo difendere la madre, avesse innescato qualcosa che avesse dato come risultato il fattaccio.
    Safe mi ha ricordato Broadchurch, che ne pensate di questo parallelismo?
    Vogliono, con queste storie (se non sbaglio, sia Safe che Broadchurch sono ambientate e create in Gran Bretagna), muovere un’accusa alle forze dell’ordine raccontando storie in cui membri della polizia, o loro famigliari, hanno sempre le mani invischiate in brutte storie e segreti da nascondere?
    Ho trovato, in alcuni tratti, trash questa serie…
    Alcuni dialoghi ridicoli, in altri casi mi ha fatto storcere il naso proprio la scelta dello svolgimento della storia. Quasi forzato, perché si originasse un dramma o perché si risolvesse qualche inghippo a lungo inceppato.
    Potevano, ad esempio, lasciare il mistero di Chris irrisolto, considerando che ci sarà una seconda stagione, e non sistemare tutto con il ritrovamento banale della collanina, per cui Tom fa poi un semplice due più due e si convince senza dubbi che Sophie sia la responsabile.

    Nessuno ha mai commentato questi post?
    Nessuno ha guardato Safe??
    Qualcuno mi faccia compagnia 🙂

  2. Ma in tutto ciò dove cazzo andava Pete quando entrava in quel portone in mezzo alla foresta? A fare giardinaggio? 🤔🙄

  3. Ahaha, bisogna aspettare il finale per scoprirlo, però sì in effetti visto così sembra non avere molto senso

  4. Ciao Cinzia,
    Scusa il ritardo nella risposta ma come diciamo sempre “dobbiamo trovare il tempo per liberarci dal nostro bingwe-watching quotidiano” e non è sempre facile! Comunque il tuo commento in effetti è molto azzeccato, credo che sia una specie di mood delle serie crime recenti quello di assottigliare sempre di più il confine tra bene e male per cui non si sa mai chi è innocnete o colpevole fino alla fine (soprattutto gli appartenenti alle forze dell’ordine). Un po’ anche per ricalcare una certa attinenza con la realtà, in parte anche perché altrimenti con un genere come come questo che è romai trito e ritrito è normale che ci sia bisogno di re-inventarsi in questo modo. L’importante è che ci sia coerenza nel racconto, in questo caso la soluzione finale trovata ci sta alla grande.

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