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Star Trek: Discovery 2×06 – The Sounds Of ThunderTEMPO DI LETTURA 5 min

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Una delle certezze della seconda stagione di Star Trek: Discovery è che la forte orizzontalità della trama dell’anno scorso, incentrata sulla guerra tra la Federazione e i Klingon, ha lasciato il posto a una struttura più “tradizionale” e simile a quella delle passate serie, con episodi autoconclusivi o quasi, collegati però tra loro dal fil rouge della ricerca di Spock, dell’indagine sui misteriosi segnali sparsi per la galassia e dell’Angelo Rosso. Inevitabilmente, dunque, l’incontro col vulcaniano più famoso della storia non solo continua a essere rinviato a data da destinarsi, ma in “The Sounds of Thunder” finisce persino sullo sfondo della narrazione, perché in primo piano tornano Saru e i Kelpiani, dando degno coronamento alla storyline inaugurata un paio di settimane fa in “An Obol for Charon”. Il risultato finale è un episodio di buon livello ma non eccelso, soprattutto per via dell’intervento finale dell’Angelo Rosso che evita per un soffio il genocidio di un’intera specie, e tuttavia capace almeno per il momento di far dimenticare la cocente delusione del precedente e di alimentare qualche tiepida speranza per il prossimo.
Meta della USS Discovery, questa volta, è il pianeta Kaminar, patria degli oppressi Kelpiani e degli oppressori Ba’ul, anche se un inaspettato colpo di scena rivela che un tempo i rapporti di forza erano ben diversi. Similmente a quanto avveniva in “New Eden”, la religione e la tradizione tornano in scena, qui sotto forma di credenza nel Grande Equilibrio, come forze che soffocano l’evoluzione e il progresso, costringendo intere comunità a vivere inconsapevoli delle proprie potenzialità. La differenza rispetto all’episodio succitato è che lì la menzogna nasceva dalla semplice ignoranza degli autoctoni, che non potevano sapere della sopravvivenza della vecchia umanità e della fondazione della Federazione, mentre qui si tratta di un inganno costruito ad arte dalla specie dominante per evitare che la specie dominata possa acquistare contezza della propria forza e tornare a essere una minaccia.
In ciò sta una delle lezioni più importanti e interessanti di Star Trek: non sempre le cose sono davvero come sembrano, creature di primo acchito spietate e senza cuore possono rivelarsi mosse da motivazioni assai meno sadiche mentre esseri apparentemente indifesi possono nascondere poteri e capacità inimmaginabili. Certo, siamo lontani dalla prorompente forza e dalla ricchezza di spunti di riflessione di certi colpi di scena della serie originale, come quelli sull’Horta in “The Devil in the Dark” o sugli Organiani in “Errand of Mercy”, ma assistiamo a un ribaltamento totale dell’immagine dei due popoli finora tramandata, con i Ba’ul che perdono almeno una parte della loro aura di terrore e i Kelpiani che ottengono la tanto agognata riscossa. Peraltro, tale riscossa non sembra tradursi in una vendetta degli oppressi nei confronti dei vecchi oppressori o in uno scambio dei ruoli di preda e di predatore: gli sviluppi sono appena accennati, ma l’impressione è che le due specie faranno tesoro del passato per costruire un futuro migliore e convivere pacificamente, non per condursi reciprocamente all’estinzione. Sarà interessante vedere, se la USS Discovery tornerà mai su Kaminar, la situazione fra qualche tempo.
Ancora una volta, la star della puntata è Saru e la cosa non può che far piacere. Se da un lato abbiamo quella fastidiosa Mary Sue che risponde al nome di Michael Burnham, certe impalpabili figure secondarie come Joann Owosekun e Airiam che si cerca di coinvolgere maggiormente nell’azione con un paio di battute e un capitano Pike assolutamente marginale, dall’altro troviamo un personaggio già lodato nelle passate recensioni, in costante e credibile evoluzione, che prima ancora di vivere la trasformazione biologica da preda a predatore vive quella da creatura paurosa e imbelle ad artefice attivo del proprio destino ed è pronto a indignarsi senza trattenersi di fronte alle ingiustizie vissute dal proprio popolo, ma anche a immolarsi quando necessario. Se proprio si vuole cercare il pelo nell’uovo, è poco credibile che si improvvisi MacGyver mettendo insieme in pochissimo tempo un trasmettitore all’interno nella fortezza Ba’ul, ma è davvero una robetta di poco conto in una stagione che ci ha abituato a porcate ben peggiori, come la resurrezione mentulae canis del dottor Culber.
A proposito del buon vecchio Hugh, il suo ritorno in scena molto prevedibilmente non mostra alcuna utilità narrativa, visto che tutta l’attenzione dell’episodio è rivolta a Saru e a quel che succede su Kaminar, ma la breve scena in infermeria di cui è protagonista con Stamets non è comunque totalmente inutile. Pur essendo, da un punto di vista mentale e “interiore”, lo stesso Culber della prima stagione, il redivivo ha un corpo completamente creato ex-novo e il piccolo dettaglio della cicatrice che non c’è più porta con sé una riflessione interessante: cos’è un essere umano? E’ un’anima che può essere traslata da un corpo all’altro senza problema? O è anche un corpo fisico, unico e irripetibile? E’ uno spunto tutt’altro che banale, per ora sollevato en passant quasi distrattamente, ma che meriterebbe un maggior approfondimento, in virtù anche delle ricadute che potrebbe avere sul diretto interessato e sulla sua relazione con Stamets.
Piccola curiosità finale: il titolo dell’episodio riprende un famoso racconto di Ray Bradbury, “A Sound of Thunder”, in cui un piccolo e apparentemente insignificante evento nel passato causa incredibili ripercussioni sul futuro. Un po’ come il ritorno di Saru sul pianeta natale, evento a prima vista insulso e ordinario ma capace di cambiare completamente il destino della sua intera specie. O forse è un’allusione alla possibile natura di viaggiatore temporale dell’Angelo Rosso, sicuramente molto meno divino di quanto si potrebbe pensare (e del resto già Roddenberry giocava sull’origine biologica e scientificamente plausibile delle divinità in episodi come “Who Mourn for Adonais?”). O magari entrambi le cose, ché i titoli polivalenti e aperti a diverse interpretazioni fanno sempre bella figura.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Colpo di scena sui Kelpiani e sui Ba’ul che ribalta l’immagine che avevamo dei due popoli
  • Saru e la sua evoluzione caratteriale
  • Breve comparsa di Hugh, inutile narrativamente parlando ma portatrice di una riflessione tutt’altro che banale
  • Saru improvvisato MacGyver
  • Angelo Rosso deus ex machina nel finale

 

Non ci voleva molto per far meglio dello scempio della scorsa settimana, ma con “The Sounds of Thunder” Star Trek: Discovery oltre a farsi perdonare un brutto passo falso confeziona uno dei suoi migliori episodi di sempre. Spock ancora latita e il mistero dell’Angelo Rosso è ben lontano dalla soluzione, nonostante qualche ipotesi interessante, ma per il momento non ci possiamo lamentare.

 

Saints Of Imperfection 2×05 ND milioni – ND rating
The Sounds Of Thunder 2×06 ND milioni – ND rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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