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Star Trek: Discovery 2×08 – If Memory ServesTEMPO DI LETTURA 5 min

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Correva il 1964. Nei cinema usciva “Per un pugno di dollari”, capolavoro western di Sergio Leone. Il filosofo Jean-Paul Sartre vinceva il Nobel per la letteratura e Martin Luther King quello per la pace. Il leggendario pugile Cassius Clay si laureava campione dei pesi massimi sconfiggendo Sonny Lyston, per poi cambiare il proprio nome in Muhammad Alì. E si girava il primo pilot di Star Trek, “The Cage”, in cui l’intrepido capitano della USS Enterprise Christopher Pike era alle prese con gli abitanti di Talos IV, esseri talmente evoluti da possedere poteri apparentemente divini. Purtroppo la puntata fu giudicata troppo intellettuale e cervellotica dalla NBC, costringendo Roddenberry a girare un secondo pilot, “Where No Man Has Gone Before”, con cui effettivamente si sarebbe la trasmissione della prima stagione di Star Trek nel settembre del 1966 e in cui il posto di capitano veniva preso definitivamente da James Kirk; ma “The Cage” non scomparve nel nulla, costituì la base del doppio episodio “The Menagerie” e poté essere ammirato nella sua interezza fin dall’edizione VHS del 1986.
Ora, a distanza di decenni, Talos IV torna al centro della narrazione di Star Trek: Discovery, seppur solo per una puntata. E che puntata! Si parte con alcune scene tratte proprio da “The Cage”, per introdurre al meglio i Talosiani e far conoscere anche allo spettatore neofita il collegamento con Spock e col capitano Pike: una bella ruffianata, se ci è permessa l’espressione, che fa ampiamente leva sul fattore nostalgia e sull’affetto dello spettatore più consumato per la serie classica, ma che ha il suo perché e in fin dei conti si rivela una gradita sorpresa. Beninteso, “If Memory Serves” non è la perfezione, soprattutto per colpa di quella soap opera a base di inevitabili ma non per questo apprezzabili patemi esistenziali, crisi coniugali e risse con linee di dialogo degne di un B-movie che si consuma a bordo della USS Discovery e che ha il suo protagonista nel redivivo Hugh Culber; ma se si chiude un occhio su questa storyline, che a tratti sembra quasi presa da un’altra serie, ci si trova di fronte a un episodio in cui molti nodi vengono al pettine e si aprono scenari interessanti.
Innanzitutto, si chiariscono meglio le azioni di Spock. Ethan Peck si rivela già più convincente che nel precedente episodio, merito senz’altro di una scrittura che fa finalmente emergere a sprazzi, soprattutto nelle interazioni finali con Michael e con Pike, il vulcaniano tanto amato dai fan e che ai tempi fu interpretato da un iconico Leonard Nimoy: creatura votata alla logica, forse anche troppo, ma non per questo incapace di abbozzare un sorriso quando rivede un vecchio amico. Si chiariscono la natura dei disturbi di cui soffre e la vera dinamica della fuga dalla Base 5, scongiurando per sempre lo scenario di una riscrittura psicopatica e omicida del personaggio. Ovviamente si tratta anche di uno Spock diverso da quello della serie classica, non solo perché più giovane di una decina d’anni ma soprattutto perché è fragile, minato nel profondo delle proprie certezze, gravato dal peso di apocalittiche visioni sulla fine della vita in tutta la Galassia.
Sull’animo della Burnham, invece, grava un altro peso: quello del rimorso. La famigerata e più volte nominata frattura della protagonista col fratellastro adottivo è finalmente portata in scena tramite un sofferto flashback, in cui assistiamo all’effettiva morte della parte emotiva e umana di Spock, in favore di quella fredda e logica. Peccato solo che ci sia una certa pigrizia nella costruzione dell’evento nevralgico: cosa c’è di più banale e superficiale di una fuga della protagonista adolescente per proteggere la famiglia dagli estremisti vulcaniani, spunto questo accennato solo in un episodio o due della passata stagione per poi essere completamente accantonato? Davvero non si poteva fare di meglio? E di certo non aiuta neanche la recitazione di Sonequa Martin-Green, capace di rendere involontariamente comico il più triste e drammatico dei dialoghi.
Va decisamente meglio nell’intenso incontro tra Pike e Vina, la donna che in “The Cage” amò e fu costretto ad abbandonare su Talos IV. A raccogliere il testimone di Susan Oliver è qui chiamata l’australiana Melissa George, così come Anson Mount ha raccolto (per ora più che degnamente) quello di Jeffrey Hunter. Ovviamente, per poter cogliere al meglio tutto il pathos e la carica emotiva della scena bisognerebbe aver visto il pilot in questione, mentre un neofita potrebbe trovarla un’inutile e stucchevole divagazione sentimentale non molto diversa da quella che ormai è diventata la storyline di Culber e Stamets. Al buon dottore redivivo non bastano una scazzottata con Tyler e una debole crisi d’identità, scritta superficialmente, per dare ancora un senso alla propria resurrezione; né la rottura (scommettiamo temporanea) con l’astromicologo riesce a creare reale interesse, anzi fa sorridere che Paul si ricordi solo ora di dover andare avanti, quando ha l’amato a portata di mano e potrebbe ricostruire il loro rapporto, mentre quando non c’era non faceva che struggersi e rifiutarsi di lasciarsi il passato alle spalle. Ottimo tempismo, dottore! Continui pure così!
Com’è prevedibile, “If Memory Serves” non rappresenta solo un punto di arrivo per la narrazione, ma anche di partenza per nuovi scenari e non è un caso che si collochi grossomodo a metà della seconda stagione. Tra un’Apocalisse cosmica da sventare, una Sezione 31 da seminare e un misterioso hackeraggio ad Airiam da riconoscere e neutralizzare prima che faccia altri danni, per la USS Discovery ci sarà un bel po’ di lavoro da compiere. La nostra speranza è che lo faccia con una seconda metà di stagione al livello dei migliori episodi della prima.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Sequenze iniziali prese da “The Cage”
  • Chiarimenti sulle azioni di Spock e sul suo passato con Michael
  • L’incontro tra Pike e Vina
  • Il flashback sulla rottura tra Michael e Spock non è certamente tra i momenti migliori della puntata
  • La soap di Culber e Stamets

 

Da qualche settimana Star Trek: Discovery è tornata in carreggiata e compie il giro di boa della seconda stagione senza grossi problemi, anche se ci sono storylines di cui faremmo volentieri a meno e momenti della narrazione che potevano essere scritti decisamente meglio. Sarà interessante vedere dove la prossima puntata porterà la USS Discovery.

 

Light And Shadows 2×07 ND milioni – ND rating
If Memory Serves 2×08 ND milioni – ND rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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