);

The Fall 1×04 – My Adventurous SongTEMPO DI LETTURA 6 min

/
()
Come scriveva Alda Merini, anche la follia merita i suoi applausi. Credo che questa citazione bene si adatti alle riflessioni che stiamo per fare su questa quarta puntata.
La follia qui si nota in più situazioni, a partire dalla lettera per così dire di “rammarico” inviata da Paul al padre della sua terza vittima, che noi abbiamo conosciuto in vita, a cui in un certo senso ci siamo affezionati, e che abbiamo visto portarcela via in maniera brutale nei primi episodi. Tale lettera, in cui Spector più o meno avvertiva di essere dispiaciuto per aver assassinato la donna perché incinta, è stata una buona scelta da parte degli autori.
Fin dall’ inizio come sappiamo, essi hanno sempre tenuto molto a descrivere un colpevole “umano”, una di quelle persone normali che noi tutti conosciamo ma che nel momento opportuno si dimostrano ben altro. In questo modo, ovvero proprio nel rendere quotidiana una realtà così critica, cercavano di trasmettere l’inquietudine di cui questo crime si nutre. Dopotutto, a noi tutti per stare più tranquilli, piace credere che i cattivi vivano di giorno in casa soli e beati e che soltanto quando cala la notte se ne escano e caccino le proprie prede, ma ben diversa sappiamo essere la realtà: in genere il criminale è un uomo come tanti, che possiede una vita pubblica, una vita privata, e una vita segreta. Quindi ecco un padre di famiglia e un marito amabile, un uomo dedito al suo lavoro, che si preoccupa di proteggere i più deboli con quella sua unica pecca di uccidere ogni tanto. Paul è davvero, nel profondo, addolorato per aver causato la morte di quella potenziale vita che la donna custodiva in grembo. Sa bene quanto i bambini possano essere innocenti, e quante gioie possano dare, lo vive quotidianamente su sè stesso. Ecco perché noi spettatori crediamo al suo sentirsi in colpa. Ovviamente, solo per quanto riguarda quell’embrione, perché sappiamo che secondo la sua coscienza una donna “alfa”, dominante e indipendente, merita di morire. E sempre per la teoria secondo cui ognuno di noi ha molteplici personalità, a noi non resta che testimoniare anche il suo lato generoso nei confronti delle donne vittime di abusi da parte del marito: ecco quindi che si trasforma nel paladino che infonde loro coraggio. Sebbene potesse sembrare all’inizio un gesto non del tutto disinteressato, Paul in seguito aiuta davvero Liz Tyler. Il sorriso che gli vediamo quando lei racconta l’accaduto agli assistenti sociali ci spiega ogni cosa: non l’ha fatto per sè stesso, l’ha fatto perché lei potesse avere un nuovo inizio.
Passando alla Gibson, se c’è una cosa che noi donne impariamo presto, è lasciar parlare quei piccoli uomini che credono di essere grandi perché definiti il “sesso forte”. La scorsa puntata avevamo visto la Detective da tutti additata come la poco di buono per quella “one-night stand” e definire “eroico” il suo compagno d’avventura. In questo inizio puntata continua questo tessere le lodi di un uomo che, poiché poliziotto e poiché ucciso per lavoro, viene reputato da tutti un grand’uomo. Come sempre accade però, col tempo gli altarini crollano, ed ecco che viene fuori il suo secondo lavoro non proprio legale con la Compagnia dei Monroe, e che in realtà sua moglie era tutt’altro che una semplice cornuta sprovveduta. Finalmente dunque anche i piani alti, iniziano a dubitare del gentile animo del giovane.
Se vogliamo, la follia qui sta nel perseverare ad accusare la donna solo perché donna, nonostante la stessa dia prove di forte tempra morale e di carattere continuamente.
Proseguono inoltre e si intensificano le sottotrame di questo thriller: la babysitter racconta nelle sua canzoni ciò che è accaduto con Mr.Spector; la paziente diciottenne dell’ospedale vede morire sua figlia appena nata sotto gli occhi vigili di Sally; Monroe viene informato degli appuntamenti del figlio… Diciamo che ci permettono un attimo di respiro dalla troppa suspance della storia principale ma sinceramente, non gliene frega niente a nessuno di che fine farà la quindicenne musicista (a meno che Paul non decida di uccidere anche lei e avremo, ammettiamolo, una certa soddisfazione) o del come e quando Monroe inizierà ad essere indagato. Così come il suicidio del poliziotto appena entrato nella narrazione: sembra tanto esser stato piazzato lì senza un suo vero motivo, a parte insospettire ancora di più sulle sue (e di Olson) attività illecite. Quattro puntate su cinque per iniziare a raccontare una storia invece che analizzarla per bene sembra una esagerazione.
Dobbiamo però ammettere che i (pochi) momenti di divertimento che ci sono stati ci hanno permesso di rilassare un attimo i nostri nervi per poi riprendere più interessati che mai con il filo del racconto. E lasciatemi aggiungere che Dornan continua a dimostrarsi un’ottima scelta per questo ruolo.
Per quanto riguarda la conclusione, ormai siamo abituati troppo bene: il cliffhanger finale è d’obbligo. In questo caso, gli autori sono stati intelligenti a diversificare l’aggressione e quindi ad attirare la nostra attenzione: via donne che si ritrovano sempre sole in casa, per una questione di probabilità prima o poi qualcuna doveva avere ospiti. Ecco allora che la rabbia di Paul aumenta e a farci le spese è il povero malcapitato.

PRO:

  • L’imitazione di Paul del collega ed il coming-out del tutto fuori contesto dell’ agente: momenti di ilarità in un thriller altrimenti molto, mooolto pesante. Discreta soluzione per far rilassare chi guarda e contemporaneamente permettere alla storia di andare avanti;
  • Il quarto delitto per nulla scontato. Dopotutto, parliamo di un serial killer e di un crime, ci aspettavamo una cosa molto semplice. E invece no, gli autori continuano a tenerci incollati con l’ Attak allo schermo;
  • La Gibson che inizia a farsi delle amiche: chi l’avrebbe mai detto;
  • Il nuovo lato “altruista” dello psicologo: non è sempre tutto bianco o nero, anche nelle personalità dei pluriomicidi possono esserci delle sfumature di grigio. Sfumature già osservate nel suo personaggio, del resto, nel rapporto con i figli o con la moglie;
  • Finalmente un serio passo in  avanti per quanto riguarda “gli inizi” dell’attività inconsueta di Paul e tutto grazie alla patologa scientifica Reed Smith. Magari entro la prossima settimana riusciremo ad avere chiaro almeno qualcosa a proposito.
CONTRO:
  • Rimane una sola ed unica puntata per chiarire e giustificare tante ma tante cose,cari autori: ci sta benissimo il voler approfondire trame e sottotrame, ma forse allora avevate bisogno di più episodi. Non potete arrivare all’ultimo e lasciare tutto appeso fino all’anno prossimo.
  • Di nuovo: Sally- sonounamogliecretinastupidaimbecilleechipiùnehapiùnemetta- Spector.
  • Kate la quindicenne facile: eliminala Paul, te ne prego.
Continuo a credere che questa serie sia discreta ma lascia troppe questioni sospese, nel dubbio e, come detto, questo non sempre è bene. Aspettiamo e vedremo il finale.

 

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

Rispondi

Precedente

Men At Work 2×02 – 2×03 – Will Work For Milo – The New Boss

Prossima

Men At Work 2×04 – 2×05 – Downshift – The Good, The Bad & The Milo

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.