);

The Walking Dead 6×07 – Heads UpTEMPO DI LETTURA 6 min

/
()

L’espressione saltare lo squalo è comunemente utilizzata per indicare il momento in cui una saga cinematografica o una serie televisiva, dopo aver raggiunto il suo picco, inizia ad abbassare il suo livello qualitativo, facendo menir meno la verosimiglianza della storia e l’interesse dei fan verso di essa“.

Questo quanto riporta Wikipedia sulla nota espressione, coniata dal critico John Hein, ispirata dalla puntata di Happy Days in cui Fonzie saltava per scommessa uno squalo bianco praticando sci nautico, individuata come il cosiddetto “punto di non ritorno” della serie. Arriviamo subito al punto: come l'”help!” alla fine dello scorso episodio faceva presagire, Glenn è ancora vivo e vegeto e la “trollata” più grande e sonora dello show di culto della AMC è stata infine compiuta. Innanzitutto, apprezzabile e coraggioso il fatto che abbiano deciso di mostracelo subito, ad inizio puntata, spazzando via ogni dubbio sulla sua possibile dipartita, senza dare quindi adito a superflue e ripetute elucubrazioni (leggi: pippe mentali), ma risolvendo il tutto in tempi rapidi… O almeno diremmo così, se non ci fossero stati tanti episodi di mezzo tra “Thank You” e “Heads Up”.
Chi scrive, pensate il il caso, si è trovato a commentare proprio l’episodio in cui Glenn sembrava lasciarci (una vita fa, ormai), e già all’epoca, quando la morte era data per certa, l’eventualità di assistere all’incredibile colpo di scena era stata subito paventata, per poi essere naturalmente accantonata, catalogandola perlopiù come “delirio” dei fan più speranzosi e troppo innamorati del personaggio per accettare la verità: l’universo di The Walking Dead è duro, crudele e anche i protagonisti muoiono, anche in un modo banale e narrativamente anti-climatico. Ebbene, eravamo noi a sbagliarci, e la scelta di usare il condizionale nel salutare televisivamente il personaggio si dimostra alla fine avveduta se non lungimirante. Poteva succedere, insomma, ed è successo; ora che questi cinque minuti iniziali lo rendono ufficiale, quindi, la domanda è: “Heads Up” è il salto dello squalo/punto di non ritorno/nuke the fridge (l’ultimo riferimento è alla mai dimenticata scena di Indiana Jones e il teschio di cristallo; se l’avete visto, saprete bene a cosa ci si riferisce) della serie? Ecco, il paradosso è, per come ci viene presentata, che in fondo il modo in cui Glenn si salva “ci può pure stare”, per quanto improbabile e al limite della credibilità, se solo ci fosse stata mostrata in tempo reale, quindi nell’istante successivo alla sua caduta tra gli zombie (e non tante puntate/pipponi filosofici dopo). Quello che infastidisce di più è, perciò, l’averci tanto marciato sopra e, riflettendoci su, risultando anche più prevedibili che arguti, come testimoniano i dubbi che avevamo immediatamente palesato e, al tempo stesso, sperato tanto non si avverassero. L’unica “furbata” sta così esclusivamente nell’operazione in sé, per la quale è difficile non pensare alla sovrana e scarsamente artistica logica degli ascolti, specialmente se si pensa a cosa ci dobbiamo essere sorbiti per arrivare alla sua conclusione (leggi: nulla totale).
Una volta seduti per apprestarci alla visione di “Heads Up”, infatti, lo scempio della scorsa settimana (e, a volerlo allargare, facciamo le ultime tre) è ancora vivido e indelebile nelle nostre menti. Eppure, quest’episodio dimostra proprio come gli autori possono non essere eccessivamente “pesanti” e soporiferi (per quanto, sia chiaro, ci provino costantemente), anche solo, in primis, alternando semplicemente la focalizzazione tra un personaggio e l’altro. Pensate ad un episodio in cui Glenn e Enid avessero dominato la scena per tutti i quaranta minuti e ditemi se non avreste voluto solo “mandare avanti veloce” o abbandonare definitivamente la serie. No, il cambio continuo dello scenario e degli interpreti già alleggerisce la fruizione, e sembra assurdo doverlo stare a sottolineare, quasi elementare e perciò sostanzialmente avvilente. Bastava, in fondo, cambiare lo schema post-invasione dei Wolves/Zombie caratterizzato da discutibili episodi monotematici per soddisfarci un minimo (visto quanto le aspettative generali verso la serie sono ormai radicalmente basse).
Intanto, venendo più nello specifico all’analisi della puntata, buona l’idea di far incrociare le strade proprio tra Enid e Gleen, ovvero i “dimenticati”, le cui sorti sono state in sospeso per così tanto tempo. Il tema della necessità della “violenza”, legata alla bontà o meno della pura sopravvivenza, saranno al solito al centro delle loro iterazioni (nonché dell’episodio tutto), per quanto ridondanti e priva di alcuna effettiva novità, ma almeno non fanno venire in mente di spegnere il proprio PC per sempre e, se non altro, aiutano a conoscere ulteriormente la misteriosa ragazza e il suo mantra, “JSS“, che dava il nome al suddetto episodio. La “trovata” dei palloncini alla Up della Pixar riesce poi a possedere quel non so che di poetico, nel suo rappresentare un’inattesa delicatezza in contrasto con la spietatezza del mondo circostante; uno scontro che, tra il raffinato e il beffardo, si palesa, col crollo della torre.
Violenza contro pacifismo, la durezza del gruppo di Rick e la debolezza di quello di Alexandria: ritornano quindi le vecchie e mai abbandonate dicotomie tanto care agli autori, nelle quali però si inserisce la “mina vagante” Morgan. Lui qualcosa di nuovo (più o meno) ce l’ha da dire, offrendo un punto di vista quasi utopistico e rivoluzionario, in questo presente distopico e apocalittico, col suo “all life is precious“, come già l’episodio a lui dedicato aveva già fatto emergere. In netta opposizione al nichilismo di Enid, al cinismo di Carol, alle pulsioni omicide del “figlioccio” di Rick: Morgan è l'”alternativa” a tutto questo e insieme il pericolo, perchè troppo bella per essere vera e troppo rischiosa, però, da perseguire. “Heads Up” presenta così quegli elementi che tanto ci fanno arrabbiare (l’eccessiva staticità, la ridondanza dei temi) e quelli che ci fanno sperare (la psicologia di alcuni personaggi e la profondità di fondo, sempre più in fondo però). I dialoghi non saranno nuovi nè tanto ricercati, il ritmo resta quello che è, eppure in qualche modo l’episodio riesce a salvarsi (vuoi per i cambi di scena che ci mostrano “più campane”, vuoi per Rick e Carol che dispensano dure stoccate a chiunque gli capiti a tiro) facendoci capire che per intrattenerci un po’ alla fine non ci voleva poi così tanto. Oppure, semplicemente, il crollo della torretta sul finale, ci fa pregustare una prossima puntata tutta basata sull’azione, secondo uno stile che tanto ci aveva esaltato ad inizio stagione, per poi essere colpevolmente abbandonato.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rick che strappa i volantini di Padre Gabriel
  • Si cambiano più punti di vista all’interno di uno stesso episodio (!)  
  • Sì, dai, i palloncini ci son piaciuti 
  • Carol vs ragazzino inetto 
  • Morgan e la sua filosofia zen, quantomeno nuova
  • Glenn morto 
  • Il ritorno del cappello di Carl  
  • Lo psyco “figlioccio” di Rick 
  • …sempre le stesse “cose” 

 

Glenn davvero morto o meno, poco importa: Kirkman & co., per favore non mollate. Continuate così“, dicevamo nella chiusura della recensione di “Thank You”. Il fatto è che Kirkman & co. hanno poi davvero mollato e Glenn… beh, non è morto.

 

Always Accountable 6×06 12.87 milioni – 6.5 rating
Heads Up 6×07 13.22 milioni – 6.6 rating

 

 

Sponsored by Walking Dead Italia

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

1 Comment

  1. beh dai circa glenn le pippe sn state inutili. Un personaggio come lui di sicuro non lo facevao morire senza un'azione eroica o senza farlo perlomeno intuire subito no? E non parlo col senno di poi. sciauu

Rispondi

Precedente

Scream Queens 1×09 – Ghost Stories

Prossima

The Blacklist 3×08 – Kings Of The Highway (No. 108)

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.