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We Are Who We Are 1×03 – Right Here, Right Now #3TEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo due episodi introduttivi che hanno sviscerato a fondo la psicologia dei due co-protagonisti dello show, “Right Here, Right Now #3” ha il merito di dare finalmente una scossa significativa alla narrazione fin qui proposta. Anzi, l’episodio si apre in un momento in cui l’affiatamento tra Fraser (l’ottimo Jack Dylan Grazer, qui al massimo della sua performance) e Caitlin (Jordan Kristine Seamòn) sembra in una fase molto più avanzata rispetto all’episodio precedente. I due ora sono migliori amici e passano le loro giornate a cazzeggiare a vagabondare in lungo e in largo tra la caserma e il paesaggio circostante.
Proprio l’ambientazione è la vera protagonista della puntata, con un focus maggiore a quelli che sono i rapporti interni al micro-cosmo della caserma ed a quelli fra i militari statunitensi e la popolazione italiana.
Non che tali elementi mancassero nelle precedenti puntate, ma finora il tutto era interamente focalizzato sui due co-protagonisti e quindi la storia era filtrata soprattutto attraverso loro. Qui viene data ampia importanza anche alla psicologia dei personaggi “secondari” in maniera più approfondita , tra cui le famiglie dei due ragazzi.
In particolare le due madri di Fraser vengono sviscerate più nel dettaglio: Sarah (Chloë Sevigny) riprende il discorso, finora lasciato in sospeso, del suo ruolo come colonnello della caserma e delle difficoltà nell’amministrare un luogo del genere (profondamente machista) e, allo stesso tempo, il suo ruolo di madre con un figlio nel pieno dell’adolescenza; al contempo anche Maggie (Alice Braga) subisce più o meno lo stesso trattamento introducendo anche un accenno ad un possibile triangolo amoroso con Jennifer (Faith Alabi), la madre di Caitlin, anch’essa personaggio molto più complesso di quanto non sembrasse all’inizio. Quest’ultima storyline appare in realtà abbastanza gratuita in un contesto generale che vede già parecchi triangoli amorosi, per cui questa scelta sembra più utile ad allungare ulteriormente l’episodio di qualche minuto incastrando citazioni colte (con scenari romantici che, data l’ambientazione, hanno più di un rimando a Romeo e Giulietta) e nozioni di multi-culturalismo gratuito.

“My type, not my  kind.”

Un episodio, dunque, sempre meno “fraser-caitlin-centrico” che rende finalmente giustizia a tutti gli altri personaggi, al contesto descritto e che risulta fatto apposta per convergere nel plot twist finale dedicato al Palio della Marciliana. In questo insieme di scene, che comprendono tutti gli ultimi 20 minuti della puntata, i personaggi s’incontrano (e scontrano) all’interno di questa rappresentazione medievale che ha il merito di far conoscere un po’ del folklore veneto anche allo spettatore non italofono.
Il pathos narrativo viene costruito con perizia di scrittura e regia, rifacendosi a tutti quei cliché narrativi in cui i fatti più importanti e i plot twist significativi avvengono durante feste e balli (vedi sempre il già citato Romeo e Giulietta). E anche in questo caso, infatti, si ha un climax narrativo sempre più ascendente che culmina in una rissa finale fra le squadre di tiro alla fune statunitense e italiana (per via della vittoria meritata di quest’ultima) e con una scena di ballo fra Sarah e Jonathan (interesse amoroso di Fraser mostrato per la prima volta in tutta la sua complessità) che avrà non poche ripercussioni sulla psiche del ragazzo.
In questo confuso ed emozionante cliffhanger finale che avviene dopo 30 minuti buoni di pura noia lungaggini discorsive e manierismi registici (comunque sempre apprezzati), lo spettatore trova finalmente ben più di una ragione per andare avanti nella visione della serie. Se infatti, da un lato, la regia di Guadagnino è il principale punto di forza della serie (bello il movimento di macchina nella scena di dialogo tra Fraser e Caitlin di hitckockiana memoria in cui le citazioni cinefile abbondano), è anche vero però che l’eccessivo attaccamento allo stile del regista siciliano rischia di far sembrare il tutto più come un film diviso semplicemente in più episodi, perdendosi in scene che, il più delle volte, sono meramente fini a sé stesse ma che poco apportano alla trama orizzontale. Lo spettatore televisivo è infatti molto diverso da quello cinematografico e potrebbe non apprezzare tali prolissità, seppure la qualità della regia e l’uso della musica unita alle immagini siano certamente di grande qualità.
Si presuppone comunque che, dopo lo scossone narrativo dato da questo cliffhanger finale, da qui in poi anche il ritmo della storia diventi sempre più “velocizzato” soprattutto dal momento che (si spera) non ci sono più personaggi ulteriori da introdurre ma ci si può finalmente focalizzare sulla trama orizzontale. In attesa dunque di sapere se agli yankee verrà ancora “fatto il culo a stelle e strisce” ci si può godere questo episodio che riesce a catturare ancora una volta, ed in maniera egregia, l’attenzione dello spettatore.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Jack Dylan Grazier e il suo personaggio
  • Maggiore attenzione alla vita della caserma
  • Soundtrack e regia
  • Sequenza a Chioggia
  • Torneo storico (con vittoria italiana!) e rissa finale
  • Maggiore attenzione ai personaggi secondari
  • Rapporto Jennifer-Maggie appare un po’ troppo forzato come ulteriore riempitivo non necessario
  • Minutaggio forse un po’ eccessivo

 

Episodio che offre finalmente una “scossa narrativa” in una storyline orizzontale che finora aveva sfoggiato solo tanto manierismo ma poca carne al fuoco. Il minutaggio generale risulta sempre troppo eccessivo, ma non si può certo dire che la puntata sia noiosa. Nel finale un po’ di orgoglio e folklore italico che non guastano mai.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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