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Your Honor 1×08 – Part EightTEMPO DI LETTURA 5 min

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Your Honor 1x08 recensioneMichael: “Cops, crime families, politicians. You left out one group: judges. The judges in this building cannot be trusted. Am I right?”
Sara: “Save one. Stubborn bastard in court 14 who insists on putting justice above everything.”

A soli due episodi dal termine, Your Honor si avvicina al rush finale mettendo in mostra quelle che, sin dall’inizio, sono state le sue caratteristiche primarie: pacatezza ed eleganza. Il modo di raccontare la storia portato avanti dalla serie targata Showtime si è infatti imposto con una lentezza studiata ma che non ha mai davvero appesantito lo scorrere della narrazione. Questo coadiuvato poi dall’eleganza dei modi di fare e di imporre sullo schermo la storia che ha aiutato gli episodi, comunque troppi sia di numero che di minutaggio, a lasciarsi guardare anche nei momenti meno propositivi.

MICHAEL DESIATO


Naturalmente tutti i pregi sopraelencati, che sono riusciti ad elevare la serie nonostante una caratteristica innata di indolenza narrativa, non avrebbero sortito lo stesso effetto se dietro non ci fosse stato un protagonista (e un attore) in grado di caricarsi intere e lunghe sequenze sulle spalle. Nella scorsa recensione si era sottolineato il doppio peso nella scelta di Bryan Cranston nel ruolo del protagonista; nonostante i richiami ai personaggi del passato però, non si può fare a meno di apprezzare tale casting quando ci si accorge che l’intera serie poggia esclusivamente sulle spalle di Cranston.
Anche “Part Eight” infatti, si presenta come un episodio che segue la falsariga dei precedenti, godibile certo, ma che non lascia con il fiato sospeso o con un cliffhanger degno di tale nome. Gli autori sono comunque stati bravi nel costruire un intreccio narrativo organico e che riesce a mantenere alto l’interesse, indipendentemente dalla pacatezza con cui viene raccontato; tuttavia, prendendo in considerazione puntate come quest’ultima, interamente incentrate sulle mosse e contromosse del personaggio di Cranston, non si può fare a meno di ricondurre il merito per la buona riuscita dell’episodio alle qualità del suo protagonista.
Michael Desiato si ritrova padrone della puntata in questione che viene interamente dedicata al processo per l’omicidio di Kofi Jones. Un passaggio indispensabile nel percorso della storia che mette sempre più in luce il lato oscuro che il giudice Desiato ha ormai intrapreso per salvare sé stesso e suo figlio. Michael si mostra così con la maschera da giudice intransigente ma allo stesso tempo amichevole, predicatore della Costituzione e figura quasi intermediaria, utilizzando la sua capacità oratoria come arma di persuasione, consapevole che i suoi discorsi, i suoi gesti e i suoi finti errori avranno come risultato quello di pilotare la giuria in modo elegante e quasi inconsapevole. La fitta rete di bugie e azioni che lo portano a dare input silenziosi o a far fuori uno dei membri della giuria, diventano la base essenziale dell’udienze, rendendo così un episodio altrimenti piatto, carico di mosse e significati cruciali da seguire e quindi perfetti per catalizzare l’attenzione.

ADAM DESIATO


Al di fuori della figura di Michael Desiato però, tutto il resto si comprime in un angolo di pura superficialità. Non si parla davvero di noia o di una narrazione mal gestita, però va sottolineato come gli altri personaggi che dovrebbero anche essere al centro della scena appaiono spenti o defilati.
Basta partire con l’artefice di tutto, Adam. Il ragazzo subito dopo aver provocato l’incidente era stato protagonista di varie situazioni di occultamento di gran lunga discutibili certo, ma che almeno lo avevano posto in maniera attiva all’interno della storia. Da parecchie puntate a questa parte invece, Adam continua a mostrarsi di un’apatia estenuante nei confronti del padre e di tutta la situazione da lui creata, disinteressato anche a seguire le linee guida per la sua stessa protezione. Se non fosse per le rare scene distribuite qua e là che lo vedono presentarsi nelle aule di tribunale durante le udienze, il ragazzo non sembrerebbe minimamente una parte coinvolta nell’incidente, come se fosse totalmente estraneo a tutto ciò che sta succedendo o è successo. Senza contare che la vicinanza sempre più stretta con Fia (che potrebbe presto svoltare in un triangolo di sangue), continua a lanciare sirene di allarme da ogni dove, presentandosi già come una delle cause che presto faranno crollare tutto il castello di carte costruito a fatica da Michael.

E POCO ALTRO


Oltre ad Adam, però, vi è anche un altro personaggio che sta procedendo molto al di sotto delle aspettative. Jimmy Baxter è stato presentato come un boss spietato e inesorabile, tuttavia finora è apparso molto in disparte, entrando nel vivo della storia in maniera fin troppo calma per una personalità come la sua. Di sicuro le interazioni tra lui e Michael finora sono risultate come i punti più alti della serie, ma nell’insieme manca quel tocco di movimento in più che solo lui potrebbe dare per spingere l’intera narrazione ad un livello più dinamico e di conseguenza più eclatante.
Nota a margine: sui modi di rappresentare la quotidianità ai tempi del Covid anche nelle serie tv se ne può ormai disquisire a lungo (e noi di Recenserie lo abbiamo fatto), tuttavia il metodo utilizzato in quest’ultima puntata da Your Honor lascia decisamente perplessi. Inserire giusto qualche sporadica mascherina, un lieve distanziamento e un riferimento quasi casuale, danno proprio l’idea di un’aggiunta quasi di costrizione, solo perché adesso va così.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Bryan Cranston sempre perfetto nel ruolo
  • La discesa sempre più profonda verso il lato oscuro del giudice Desiato 
  • L’eleganza nella consapevole persuasione utilizzata da Michael per pilotare il processo 
  • Episodio incentrato sul processo: passaggio necessario nell’economia della storia
  • Adam, in ogni sua mossa
  • Covid inserito a caso
  • Mancanza generale di una maggiore verve 

 

A due episodi dal finale Your Honor si sposta totalmente in tribunale. Magari l’episodio risulterà un po’ troppo indolente nella rappresentazione, ma il risultato finale rimane sempre appagante, senza contare che era inevitabile spostarsi sul campo da gioco del giudice Desiato, dato che è lui a giocarsi la partita definitiva.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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