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Call Me Kat 1×01 – Plus OneTEMPO DI LETTURA 4 min

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Call Me Kat 1x01 recensione pilot“I am unmarried and I live alone above my cat café, which is… a lot sexier than it sounds.”

Terminata la decennale avventura sul set di The Big Bang Theory, i protagonisti della sitcom della CBS hanno potuto iniziare a guardarsi intorno nel panorama seriale, esplorando nuove opportunità per mettersi alla prova in altri ruoli. Alcuni hanno optato per un cambio radicale di genere (recentemente Jim Parsons ha lavorato nel drama Hollywood di Ryan Murphy; uno straordinario Kunal Nayyar ha dato vita ad un magistrale killer in Criminal: UK), altri sono rimasti ancorati ad un genere abbondantemente comedy (Kaley Cuoco è stata di recente protagonista della non riuscitissima comedy-drama The Flight Attendant).
Sulla scia dei suoi colleghi, il 2021 inizia con una nuova serie tv che vede protagonista un’altra ex star di The Big Bang Theory, Mayim Bialik, che approda sulla FOX con la sitcom Call Me Kat.

UNA COPPIA CONSOLIDATA


Ma Mayim Bialik, che oltre ad interpretare la protagonista occupa anche il ruolo di produttore esecutivo, non si ritrova in questa nuova avventura da sola, dato che a lavorare dietro le quinte con lei spicca anche il nome del suo partner in TBBT, Jim Parsons. I due, dopo la recente partecipazione di coppia in Young Sheldon come voice over (ruolo fisso di Jim Parsons) si ritrovano così nuovamente a lavorare insieme in questa nuova serie targata FOX.
Call Me Kat non nasce però come prodotto originale, dato che si basa largamente sulla sitcom inglese Miranda, andata in onda per tre stagioni (più alcuni speciali) tra il 2009 e il 2015 sulla rete BBC One. Tale show era stato scritto e interpretato dall’attrice, scrittrice e comica Miranda Hart, che aveva dato alla serie un’impronta semi-autobiografica. Il riscontro più che positivo guadagnato da Miranda, che a suo tempo è valso alla sitcom la vittoria di innumerevoli British Comedy Awards e svariate nomination ai BAFTA TV Awards, si fa tuttavia fatica a ritrovarlo anche in questa rivisitazione, seppur finora si parli solo del pilot.
Eppure i nomi di rilievo dietro il progetto non mancano di certo. A parte i già citati Bialik e Parsons, in Call Me Kat, oltre all’ideatrice Darlene Hunt, troviamo anche il direttore televisivo Beth McCarthy-Miller, con già alle spalle innumerevoli lavori di alta considerazione. Anche il cast, seppur ristretto, oltre a Mayim Bialik nei panni della protagonista Kat, può contare su nomi decisamente noti quali Swoosie Kurtz e Leslie Jordan, rispettivamente nei panni della mamma impicciona e del collega attempato di Kat, oltre agli attori Cheyenne Jackson e Kyla Pratt.

UNA PESSIMA FLEABAG


Ma il fallimento di questa sitcom non sta nei nomi dietro i personaggi, quanto piuttosto nel materiale che questi portano in scena. Call Me Kat infatti, racconta la storia della 39enne Kat, single divisa tra la ricerca di una vita appagante e una costante sensazione di solitudine, che lascia il suo lavoro di insegnante e utilizza tutti i risparmi per aprire un Cat Cafè… con buona pace di sua madre.
Il pilot mette così in scena, come suggerito dal titolo, la solita situazione della single non accompagnata durante cerimonie ed eventi, utilizzando tutti i cliché del caso e condensati soprattutto nella figura della madre, preoccupata dalle apparenze e dalla mancanza di relazioni della figlia. I cliché poi continuano con l’introduzione della cotta giovanile della protagonista, tornato all’improvviso in città e con cui si aprono i soliti scenari già visti con tanto di macchiette comiche annesse.
Ed è proprio qui che casca il traballante castello di carte costruito dalla serie: le sequenze comiche, infatti, si rivelano di gran lunga la parte peggiore dei venti minuti dell’episodio. I piccoli sketch raramente portano un sorriso sul volto dello spettatore, mentre il più delle volte risultano poco originali e ripetitivi, mostrandosi come un insieme di gag disconnesse e forzate. Oltre a tutto ciò, vi è poi la rottura della quarta parete da parte di Kat sin dai primissimi istanti della narrazione. Un espediente, quello di rivolgersi direttamente al pubblico, che nel genere comedy spesso e volentieri favorisce l’aumento della risata, mentre in generale aiuta ad accrescere un senso di coinvolgimento e complicità con il character di turno. Inutile dire che in questo caso non riesce in nessuno dei due scopi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • I nomi dietro il progetto con l’accoppiata Mayim Bialik e Jim Parsons
  • Agglomerato di cliché già visti e rivisti
  • Pessimo utilizzo rottura quarta parete
  • Situazioni e gag esasperate che semplicemente non fanno ridere 

 

Call Me Kat dovrebbe essere una sitcom leggera e divertente, invece si mostra solo esasperante nella sua incapacità di creare una buona comicità.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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