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Apollo 10 1⁄2: A Space Age Childhood Recensione
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Apollo 10 1⁄2: A Space Age Childhood

La storia dell'allunaggio durante l'estate del 1969 da due prospettive intrecciate. Da una parte la storia comunemente conosciuta, la seconda riguardante il giovane Stanley e l'allunaggio segreto dell'Apollo 10 1⁄2, mai raccontata.

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La storia dell’allunaggio durante l’estate del 1969 da due prospettive intrecciate. Da una parte la storia comunemente conosciuta, la seconda riguardante il giovane Stanley e l’allunaggio segreto dell’Apollo 10 1⁄2, mai raccontata.

 

Il nome di Richard Linklater è uno di quelli che attira da sempre l’attenzione quando sbuca all’interno di un trailer, vuoi per mero gusto personale, vuoi perché rappresenta uno di quei registi e sceneggiatori in grado di riscrivere il cinema normalmente conosciuto. Alcuni esempi sparsi.
La trilogia “Before” (Before Sunrise, Before Sunset, Before Midnight) racconta la storia d’amore di una coppia fin dal loro primo incontro affrontando litigi, allontanamenti ed incomprensioni nell’arco di 18 anni.
Con Boyhood, Linklater si supera, portando in scena un film girato in 12 anni (2002-2014) dove la crescita degli attori (in particolare Ellar Coltrane) non è artificiosa ma tangibile. Ed in tema di realismo scenico, impossibile non menzionare il progetto Merrily We Roll Along, dove le riprese si presume andranno a coprire circa 20 anni con la stessa logica proprio di Boyhood.
Ma il realismo non è il solo elemento caro a Linklater visto e considerato l’utilizzo del rotoscopio come tecnica di animazione all’interno di Waking Like (un vero e proprio viaggio introspettivo) e in A Scanner Darkly (il processo di animazione occupò oltre 18 mesi).
Come è possibile che realismo ed animazione riescano a coesistere e, anzi, essere in sintonia tanto profonda? Apollo 10 1⁄2: A Space Age Childhood è il sunto (di una parte) della filmografia di Linklater: un film a tratti autobiografico, ma in cui il rotoscopio sbiadisce alcuni ricordi, con uno sfondo storico (quello dell’allunaggio) che rappresenta il pretesto del regista per raccontare al proprio pubblico un’epoca e una generazione.

I think that’s what I’ve always tried to do with my movies, just what it feels like to be alive, what if feels like to be human at a certain time in history. (Richard Linklater)

Nonostante il titolo ed il trailer lascino intendere ben altro tipo di narrativa, l’intento di Linklater con Apollo 10 ½: A Space Age Childhood è molto ben definito visto e considerato che il minutaggio riconducibile a quella che può essere ritenuta la “narrazione principale” (il fantomatico allunaggio dell’Apollo 10 ½) è decisamente esiguo. Il regista (nonché sceneggiatore) americano sfrutta l’allunaggio, come si diceva, come pretesto per raccontare Houston. Per la precisione la sua Houston durante l’estate del 1969. Il film ha le connotazioni di una pellicola autobiografica specialmente per gli innumerevoli dettagli di vita che rappresentano, di fatto, il nucleo centrale dell’intero prodotto. Molti sono gli elementi che Linklater cerca di contestualizzare e raccontare al pubblico: il rapporto con la famiglia; la scuola e le punizioni; il cibo; il vicinato; la tolleranza all’alcool durante la guida; il cospirazionismo dell’epoca; la piscina; il drive-in; la programmazione televisiva dell’epoca; i film usciti al cinema durante quel periodo; i legami tra fratelli-sorelle; la musica; lo sport. La pellicola si costruisce attorno ad un artifizio narrativo (un falso allunaggio prima di quello vincente e ben più conosciuto) per raccontare al pubblico una città, uno Stato, un periodo storico, una generazione. Interessante, inoltre, l’utilizzo del rotoscopio durante tutte le riprese live-action e come i filmati dell’epoca siano stati anch’essi animati cercando di diluire il ricordo, prediligendo una sorta di tinta unita ed immagini più sfocate, esattamente come un ricordo di un bambino che, diventando adulto, inizia a scordare parte dei dettagli ed i contorni delle immagini finiscono per collimare con lo sfondo.

It is probably the most Houston film ever made.

La pellicola, come si diceva, ha un chiaro intento autobiografico. Lo stesso regista annotava che diventare un astronauta era uno dei sogni più grandi dei giovani bambini di quell’epoca. Probabilmente se si prendevano i bambini di Houston la percentuale si sarebbe ulteriormente alzata. Ecco quindi che Stanley diventa la rappresentazione di tutti i bambini che sognavano di diventare non semplici astronauti, ma parte attiva del programma aerospaziale della NASA e, magari, essere le prime persone a mettere piede sulla Luna. Stanley rappresenta il bambino dell’epoca, un ulteriore tentativo da parte di Linklater di restituire al pubblico uno spaccato preciso ed attendibile di come è stato vissuto e visto il 1969.
Apollo 10 ½: A Space Age Childhood è un film indubbiamente carico di nostalgia sia per l’insieme dei fattori che vengono utilizzati per circoscrivere e presentare l’epoca, sia per il modo in cui viene fatto, sottolineando l’inesorabile trascorrere del tempo e obbligando lo spettatore a contrapporre mentalmente quanto gli stia venendo raccontato con quello che, oggigiorno, rappresenta la quotidianità.

Vi parlo per telefono dallo Studio Ovale nella Casa Bianca e questa di sicuro deve essere la telefonata più storica che sia mai stata fatta. Non so dirvi quanto siamo orgogliosi di quello che avete fatto.
Questo è il giorno più importante delle nostre vite. Grazie a ciò che avete fatto, i cieli sono diventati parte del mondo dell’uomo. E poiché ci parlate dal Mare della Tranquillità, ciò ci ispira a raddoppiare gli sforzi per avere pace e tranquillità sulla Terra. Per un inestimabile momento nell’intera storia dell’uomo, tutte le persone su questa Terra sono veramente unite. Unite nell’orgoglio per la vostra impresa e unite nella preghiera che ritorniate sani e salvi sulla Terra.


Apollo 10 ½: A Space Age Childhood sfrutta un espediente storico ed un falso viaggio nello spazio per raccontare al pubblico un intero periodo storico ed una generazione. Un viaggio che intrattiene e che ha i suoi vigorosi punti forti (in primis la caratteristica animazione in rotoscopio), ma che si rivolge forse troppo nello specifico ad una generazione, rendendo complicato per una grossa fetta di pubblico farsi catturare totalmente dall’opera. Ciò nonostante risulta impossibile non notare la poetica narrativa del regista e la leggiadria con cui riesca a costruire un film più che convincente assemblando, di fatto, puri e semplici aneddoti dell’epoca. Il tutto, ovviamente, collegato da una trama che permette al regista il giusto minutaggio di leziosità.
Si potrebbe definire Apollo 10 ½ un film generazionale (esattamente come è stato The Worst Person In The World) e molti dei tratti tipici del genere sono rispettati. Il “problema” resta la generazione a cui Linklater si rivolge, forse non abituale fruitrice di questo tipo di prodotti. Al resto del pubblico rimane una pellicola d’animazione di un autore di tutto rispetto ed un film che si lascia guardare senza, purtroppo, trasmettere quel quid che manca per raggiungere una votazione forse più consona a registi come Linklater.

 

TITOLO ORIGINALE: Apollo 10 1⁄2: A Space Age Childhood
REGIA: Richard Linklater
SCENEGGIATURA: Richard Linklater
INTERPRETI: Milo Coy, Jack Black, Glen Powell, Zachary Levi
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 98′
ORIGINE: USA, 2022
DATA DI USCITA: 01/04/2022

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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