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Inside No. 9 6×04 – Hurry Up And WaitTEMPO DI LETTURA 4 min

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Recensione Inside No. 9 6x04Well, that’s the beauty of acting. You can be a different person every week.”

Siamo quasi giunti al termine di questa sesta stagione e Inside No. 9 abbassa un po’ il tiro con una puntata leggermente sottotono rispetto all’andamento medio stagionale. Le atmosfere disturbanti che da sempre permeano la serie sono comunque più vivide che mai e il duo Pemberton/Shearsmith come al solito riesce a creare altri due personaggi unici in mezz’ora scarsa di girato, garantendo quindi la sufficienza ad una puntata che altrimenti sarebbe stata tutt’altro che memorabile.

TRA SATIRA E COMMEDIA DELLE BUONE MANIERE


“Hurry Up And Wait” è, in breve, un racconto poliziesco ammantato dietro al ritratto satirico di un artista alle prese con la sua (non esattamente brillante) carriera ma soprattutto con il proprio ego. Prima che James cominciasse a condurre la sua piccola indagine personale sulla sparizione del piccolo Ryan, l’episodio sembrava virare maggiormente verso la commedia delle buone maniere, ponendo l’accento sui comportamenti e sullo stile di vita di una famiglia decisamente poco convenzionale, e concentrandosi quindi sull’incredibile pazienza dimostrata dal protagonista di fronte all’estrema maleducazione dei suoi interlocutori: prima sistematicamente ignorato dall’assistente di produzione Jo, poi molestato verbalmente da Bev e Oona, in seguito minacciato dal padre di famiglia Stan, per poi subire l’ultima umiliazione dal collega Adrian Dunbar (che in questa occasione interpreta se stesso, o quantomeno una versione molto spocchiosa di se stesso). Tenuto in ostaggio dal suo stesso eccesso di educazione, oltre che dalla suddetta assistente di produzione, James diventa ben presto la valvola di sfogo perfetta per lo sfogo delle frustrazioni dei vari personaggi presenti in scena, frustrazioni che comunque sembrano rimbalzare al mittente grazie alla barriera di gentilezza innalzata dal protagonista. Ne risulta dunque un episodio dai toni molto british, fondato sostanzialmente sul piacere del grottesco (e decisamente in linea con i lavori precedenti di Pemberton e Shearsmith, The League Of Gentlemen e Psychoville) e che cerca di bilanciare il diffuso imbarazzo sociale con una satira leggera ma tagliente riguardante il mondo dello spettacolo. Una quantità (come sempre) folle di elementi presentati in soli 30 minuti, questa volta però accompagnati da un finale che purtroppo non convince pienamente.

UN FINALE DA (PICCOLI) BRIVIDI


Se la rivelazione conclusiva in merito alla vera fine del piccolo Ryan, divenuto in pratica una “bambola-scheletro” in mano alla stravagante Bev, risulta abbastanza in linea con lo stile narrativo della serie, lo stesso discorso non può essere fatto per la realizzazione della sequenza, molto più simile, nella sua messa in scena, ad uno dei finali della serie TV Piccoli Brividi piuttosto che ad un episodio di Inside No. 9.
Sebbene il finale ricordi quindi quello di una storia dell’orrore raccontata di fronte al falò in campeggio, riguardando l’intero episodio una seconda volta ci si può rendere conto dell’ottimo lavoro compiuto nel disseminare indizi lungo la strada, il più delle volte fasulli, così da portare lo spettatore al medesimo grado di comprensione del protagonista James. La percepita mancanza di gusto nel finale (ci si riferisce alla realizzazione scenica e non ad un’ipotetica mancanza di gusto relativa alla questione “bambini scomparsi”) viene comunque perdonata in nome dell’ulteriore sottotesto relativo alla macabra fascinazione della tragedia relativa alla sparizione di bambini, ben rappresentata dalla recitazione volutamente eccessiva di Dunbar nella sequenza “rubata” a James oppure dalla mancanza di tatto dello stesso James in merito alla questione, prontamente ammonito dalla signora Oona: “Well, it’s not a story for some people, though, is it?“.
In altre parole, non la migliore delle puntate, ma comunque un prodotto valido e coerente con lo stile classico della serie. Restano comunque ancora due episodi per farsi perdonare il temporaneo scivolone, e il bello delle serie antologiche è proprio questo: la redenzione è sempre dietro l’angolo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Atmosfera disturbante che permea la narrazione
  • Da tre battute ad un “yes” ad un cenno con la testa con annesso occhio tumefatto
  • Questa volta il colpo di scena finale lascia un po’ a desiderare e ricorda uno dei finali a sorpresa della serie TV Piccoli Brividi

 

Episodio un po’ sottotono rispetto all’andamento medio stagionale, ma comunque pienamente sufficiente. Vedremo se il prossimo appuntamento riuscirà a riservare un maggior numero di sorprese rispetto a questo “Hurry Up And Wait”.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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