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Dune-2021-Villeneuve
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Dune

Gli Atreides accettano la gestione del pericoloso pianeta di Arrakis, anche noto come Dune, l'unica fonte della sostanza più preziosa dell'universo, "la spezia". Si tratta dell'inizio di un viaggio, per l'erede di casa Atreides, Paul, che lo porterà a seguire il proprio destino.

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In un distante futuro dell’umanità, il Duca Leto Atreides accetta la gestione del pericoloso pianeta di Arrakis, unica fonte della sostanza più preziosa dell’universo, “la spezia”, una droga che allunga la vita, fornisce capacità mentali sovrumane e rende possibili i viaggi nello spazio. Nonostante Leto sappia che l’offerta è parte di una complessa trappola creata dai suoi nemici, decide di partire per Arrakis (pianeta conosciuto anche come Dune nel cui deserto vive la comunità libera dei Fremen), portando con sé la sua concubina Bene Gesserit Lady Jessica, il giovane figlio ed erede Paul, e i suoi più fidati consiglieri.

 

L’approdo al cinema di Dune in questo 2021 è un percorso travagliato che parte fin dalla pubblicazione dell’omonimo libro di Frank Herbert nel 1965, passa per la criticata ricostruzione cinematografica di David Lynch del 1984 e anche per la miniserie che ne seguì negli anni 2000. Nel 2008 la Paramount cercò di portare avanti un nuovo adattamento con Peter Berg, ma questi abbandonò il progetto circa un anno più tardi lasciando in fase di stasi la richiesta di giustizia che l’opera di Herbert reclama fin dalla sua pubblicazione.
A novembre 2016, mentre nei cinema veniva rilasciato Arrival (film che raccolse otto candidature e solo un Oscar alle premiazioni dell’anno seguente), Legendary acquista i diritti televisivi e cinematografici di Dune, approcciandosi a Villeneuve (regista di Arrival) per renderlo padre putativo della nuova opera. Il regista canadese ammette in un’intervista che sarebbe un suo sogno dirigere questo film (“Dune is my world”), ma che aveva prima intenzione di portare a termine altri progetti in attivo tra cui Blade Runner 2049.
Poi, Denis Villeneuve sale finalmente sulla nave, le ancore vengono tolte e Dune salpa.
L’idea del regista in fase di sceneggiatura fu quella di adattare il romanzo in due film affermando che: “I would not agree to make this adaptation of the book with one single movie. The world is too complex. It’s a world that takes its power in details”. Affermazioni che forzano la mano alla casa di produzione visto e considerato che, ad oggi, non c’è ancora stato l’effettivo “semaforo verde” per il secondo film nonostante alla Mostra di Venezia (dove il film è stato presentato in prima visione mondiale il 3 settembre) abbia affermato che il piano è ancora quello dei due film per il romanzo, con un terzo basato su Messia Di Dune. Un’idea ambiziosa, per un regista ambizioso che è riuscito a dare un tono autoriale a tutte le sue opere nonostante alcune di esse siano blockbuster.
A dare manforte al regista canadese c’è poi un cast di primissimo livello che aiuta lo spettatore ad entrare fin da subito in sintonia con i vari personaggi. Timothée Chalamet si riconferma attore a tutto tondo confezionando un Paul Atreides che non ha nulla da invidiare a quello di Kyle MacLachlan (anzi, forse è il contrario); anche Jason Momoa, Rebecca Ferguson e Oscar Isaac riescono a calarsi perfettamente nei ruoli, nonostante il duca Leto appaia decisamente più inclusivo e “bonario” rispetto a quanto riportato nei romanzi di Herbert; Dave Bautista sta progressivamente diventando il feticcio di Villeneuve che lo dirige nuovamente dopo Blade Runner 2049; Stellan Skarsgård glaciale, invece, con il suo Barone Harkonnen. In particolare è da segnalare la forte chimica tra Ferguson e Chalamet che dopo l’allontanamento forzato dal palazzo di Arrakis si ritrovano a monopolizzare, con il loro rapporto madre-figlio, l’intera scena. Ed è tutto ottimamente portato in scena con una forte carica emozionale che traspare anche grazie all’ottima recitazione dei due.
Note negative, dal lato attoriale, risultano essere sicuramente il minutaggio risicato per Javier Bardem e Zendaya (che a detta di Villeneuve avrà un ruolo principale nel già citato seguito), unitamente al Gurney Halleck di Josh Brolin, non tanto per la l’attore statunitense quanto per l’eccessiva mascolinità data al personaggio che (giusto ricordarlo) all’interno della corte Atreides ricopriva anche il ruolo di menestrello.
È inutile sottolineare che se il “progetto Dune” dovesse concludersi qui, ci si ritroverebbe di fronte ad un prodotto castrato nella sua totalità rendendolo a conti fatti un buco nell’acqua per il solo fattore di non aver avuto un seguito. E sarebbe un peccato visto che Dune di Villeneuve è un’opera che tiene incollato lo spettatore dall’inizio alla fine, attonito in determinate sequenze e con un utilizzo di musica, silenzi, dialoghi e scene action destabilizzante per quanto il tutto giri alla perfezione. Ambizioso, quindi, ma il risultato è d’alto livello.

Non devo aver paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò.

Nel momento in cui si porta in scena un adattamento di un romanzo non si può sfuggire al fatidico parallelismo tra i due prodotti, tuttavia Dune non sembra minimamente preoccuparsi andando a presentare luoghi, problematiche sociali, tematiche ricorrenti, strumenti, popolazioni e quant’altro via via che la pellicola procede con una certa disinvoltura.
L’opening è dedicata a Chani (Zendaya) che presenta al pubblico la situazione del pianeta che dona il titolo al film: Arrakis (conosciuto anche come Dune) è l’unica fonte della spezia (melange), una sostanza che permette i viaggi nello spazio e quindi richiesta e ricercata ovunque, di conseguenza estremamente costosa. Gli Harkonnen a causa della loro violenza e della loro cupidigia sono entrati in pesante conflitto con i Fremen (tribù di Arrakis) e considerata l’instabilità del pianeta l’Imperatore solleva gli Harkonnen dall’incarico della gestione e nomina invece il duca Leto Atreides (Oscar Isaac) di amministrare il pianeta e risolvere la problematica legata al reperimento e vendita della spezia. Una scelta che per la casata Atreides significa fama e, a lungo termine, maggiore ricchezza, ma che si traduce nel breve termine in un rischio di scontro bellico con gli Harkonnen.
Il piano dell’Imperatore, constatata la fama crescente degli Atreides, è quella di incattivire gli Harkonnen e portarli allo scontro con la casata del duca Leto, così da indebolire entrambe le famiglie e, di riflesso, fortificare la posizione dell’Imperatore quale capo supremo. Si tratta di un progetto politico su cui il duca Leto ha già riflettuto e proprio per questo motivo cerca di tenere vicino a sé il figlio Paul (Timothée Chalamet) e la concubina Lady Jessica (Rebecca Ferguson), unitamente alle persone più fidate: Gurney Halleck (Josh Brolin) e Duncan Idaho (Jason Momoa) i due guerrieri di punta di casa Atreides; Thufir Hawat (Stephen McKinley Henderson) il mentat della famiglia; il dottor Yueh (Chang Chen) medico al servizio del duca.
Il film decide di partire un passo indietro rispetto al romanzo di Herbert, aprendo il racconto su Caladan visitata da una delegazione dell’Impero che invita gli Atreides a prendere il controllo di Arrakis; il libro preferiva piuttosto iniziare già con il test del gom jabbar da parte della madre Bene Gesserit. Una scelta valida che aiuta lo spettatore e il pubblico poco (o nulla) avvezzo ai meccanismi degli scritti di Herbert a comprendere i vari giochi di forza, i legami ed il contesto degli avvenimenti. Cosa che avviene anche successivamente quando vengono presentati i vari pianeti di origine (Giedi Prime, Caladan, Arrakis e Salusa Secundus), seguiti da una concisa descrizione di cosa rappresentino all’interno dell’Impero.
Altra differenza con il romanzo che si può fin da subito evincere è la decisione di rendere scenica la rivelazione del ruolo da doppiogiochista del dottor Yueh, ma anche in questo caso la scelta risulta valida e a tratti obbligata visto e considerata la difficoltà di non poter concedere a tutti i personaggi un rapporto “diretto” con il pubblico tramite voci fuori campo.

Un mondo si sostiene su quattro cose: l’erudizione del saggio, la giustizia del grande, le preghiere del giusto e il valore del coraggioso. Ma tutto questo è nulla senza un condottiero che conosca l’arte del governare. Fa di essa la tua scienza!

Gli elementi che più funzionano all’interno di Dune e lo rendono a tratti un film messianico sono essenzialmente due: il primo è la musica di Hans Zimmer che mette in piedi delle OST a dir poco magnetiche; il secondo sono le visioni di Paul, che costellano l’intero film, e che rappresentano gli unici effettivi momenti in cui Chani comparirà prima dell’effettiva entrata in scena, che avviene ormai a ridosso del finale del film.
Le visioni rappresentano la colonna portante non solo di Paul che ad esse si rifà in più occasioni quasi per scrutare il futuro ed agire di conseguenza, ma dell’intero film che da esse trae la propria forza ed i propri elementi caratteristici. L’annuncio di una morte importante, che si verificherà molto più avanti nella pellicola è il campanello d’allarme che porta lo spettatore a chiedersi: quindi ciò che Paul vede è effettivamente la realtà? Oppure è solo una versione della stessa?
Domande che sorgono spontanee visto e considerato che in due frangenti il ragazzo ha delle visioni diametralmente opposte riguardanti Chani. Molto ad effetto e ricostruita con estrema dovizia di particolari è la fatidica prova del gom jabbar in cui la Reverenda Madre Gaius Helen Mohiam testa Paul, essendo compito delle Bene Gesserit “setacciare la gente per scoprire gli esseri umani”.
Volendo parlare di scene ad effetto risulta quasi superfluo sottolineare la mastodontica produzione dietro Dune, ma alcune scene (accompagnate come sempre dalla musica perfetta di Zimmer) si elevano diventando in alcuni casi puro cinema d’autore. La nave che su Caladan riemerge dal mare pronta per la partenza verso Arrakis; Paul e Jessica che guardano inebetiti Arrakeen messa a fuoco dagli Harkonnen e dai Sardaukar; Paul ed il Shai-Hulud a confronto.
Cosa rimane quindi da criticare del film? Ed è proprio attorno a questi elementi della mitologia di Herbert che si riscontra l’unica vera criticità di Dune: si percepisce, infatti, che in fase di sceneggiatura si è data per scontata una certa conoscenza di base, un gradino probabilmente ostico per una parte del pubblico. Un aspetto questo che si nota solo in determinati frangenti (e qui seguiranno alcuni spoiler necessari ma ben noti a chi ha letto il romanzo ndr): la mancata contestualizzazione del rapimento-ricatto di Yueh legato alla moglie Wanna; dovuta spiegazione riguardo a chi sono i mentat; legami di sangue tra le varie famiglie; il fatto che Lady Jessica sia concubina e non sposa del duca, elemento nel libro trattato in maniera abbastanza approfondita come fattore.
Un film sicuramente ricco di dettagli, quindi, ma spesso non approfonditi o non contestualizzati come dovrebbero. Elemento che non per forza richiede eccessivo spazio o tempo. Ne è un esempio lo scudo di casa Atreides, di cui con poche parole ad inizio film (nella scena dell’allenamento tra Paul e Gurney) viene spiegato il funzionamento a beneficio della comprensione dello spettatore.

Ha la sfida negli occhi, come suo padre.

Delle varie diatribe imperiali e politiche si è fatta menzione, tuttavia non si è ancora citata la tribù nativa di Arrakis che ha visto i propri territori depredati e saccheggiati senza ritegno da parte degli Harkonnen e che ora teme di ritrovarsi nella stessa situazione con gli Atreides: il popolo Fremen.
Il primo accenno dei Fremen si ha all’arrivo delle navi partite da Caladan che accolgono Paul al grido di “mahdi, mahdi, Lisan al-Gaib” vedendo in lui l’eletto, il ragazzo di un altro mondo. Si tratta di un popolo schivo, con le proprie tradizioni, il proprio Credo e le proprie profezie con cui gli Atreides non intendono entrare in conflitto come hanno fatto gli Harkonnen, bensì puntano all’alleanza così da poter instaurare su Arrakis una pace duratura e stabile senza creare problematiche a nessuna delle due popolazioni. L’incontro con Stilgar (Javier Bardem), avvicinato e portato alla corte del duca da Duncan, getta le basi proprio per questa alleanza che troverà terreno fertile in cui crescere solamente dopo il tragico attacco degli Harkonnen, quando Paul verrà accettato dalla tribù ed il ragazzo abbracciando il proprio destino riconoscerà che la propria strada porta nel deserto, alla ricerca di quel potere del deserto tanto agognato dal duca per poter riuscire a domare Arrakis.
Nelle oltre due ore di film non ci sono solamente contestualizzazioni storiche, dialoghi e mirabolanti riprese ed effetti speciali: la parte centrale, nonché elemento scatenante dell’intera vicenda, è infatti l’attacco Harkonnen-Sardaukar ad Arrakeen, una sequenza di guerra, ulteriore elemento narrativo che Dune abbraccia ed espone in maniera sapiente e ponderata, senza esagerare con l’enfatizzazione delle riprese o delle varie morti.
Da menzionare come scena che sottolinea nuovamente la mastodontica produzione, la sequenza dell’intero attacco a sorpresa ed il relativo bombardamento della città amplificato e reso quasi un dipinto dalla successiva scena di Jessica e Paul che osservano in lontananza, già menzionata all’inizio della recensione.

I sogni sono messaggi dal profondo.


L’alleanza tra Paul e Stilgar; la cupidigia del Barone Harkonnen; una guerra che si prospetta all’orizzonte; le Bene Gesserit e le varie profezie sul Kwisatz haderach: Dune di Villeneuve apre le porte ad un mondo narrativo, quello di Herbert, gettando solide basi e creando aspettative, curiosità e desiderio di vedere fin da subito il prosieguo per continuare a seguire Paul Atreides e l’adempimento del proprio destino. Ma c’è da aspettare. Quanto? Ancora non si sa.
Quello che resta è un film che sì, supera le due ore e mezza di visione ma in cui risulta difficile annoiarsi: la fuga di Paul e Jessica e la tempesta di sabbia; il sacrificio degli Atreides e l’ultimo respiro “della morte”. Si tratta di un film corposo, che riesce a presentare in maniera sapiente il contesto narrativo, unitamente ai colpi di scena del caso e che risulta “semplice” da seguire nonostante qualche dettaglio venga gestito in maniera approssimativa nell’adattamento, in cui viene data per scontata forse un’eccessiva conoscenza di base del romanzo.
E proprio come dice Chani: “Questo è solo l’inizio”. Speriamo di un lungo e spettacolare viaggio. Le premesse ci sono tutte.

 

TITOLO ORIGINALE: Dune
REGIA: Denis Villeneuve
SCENEGGIATURA: Eric Roth, Denis Villeneuve, Jon Spaiht; soggetto Frank Herbert
INTERPRETI: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Stephen McKinley Henderson, Zendaya, David Dastmalchian, Sharon Duncan-Brewster, Jason Momoa, Javier Bardem
DISTRIBUZIONE: Legendary Pictures
DURATA: 155′
ORIGINE: USA, 2021
DATA DI USCITA: 03/09/2021, 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

GLOSSARIO


È necessario, per poter avere un po’ di contesto, un glossario della terminologia principale di Dune visto e considerato che in determinati passaggi alcuni termini vengono dati totalmente per scontati. Ma RecenSerie è qui per voi.

ARRAKEEN: la prima colonia su Arrakis; fin dall’inizio sede del governo planetario;
BENE GESSERIT: l’antica scuola di addestramento mentale e fisico, fondata inizialmente per studenti di sesso femminile;
TEMPESTA DI CORIOLIS: qualsiasi tempesta di sabbia di una certa rilevanza su Arrakis viene così definita; i venti vengono incrementati dallo stesso moto di rotazione del pianeta fino a raggiungere velocità di 800 km/h standard;
CRYSS: il sacro coltello dei Fremen di Arrakis. Viene confezionato in due forme con i denti estratti dai vermi delle sabbie;
FREMEN: le libere tribù di Arrakis, abitanti del deserto, definiti dal Dizionario Imperiale come “Pirati Della Sabbia”;
GIEDI PRIMO: pianeta originario della Casa degli Harkonnen, un pianeta mediocremente abitabile, con un basso livello di attività fotosintetica;
GILDA: la Gilda Spaziale, una delle colonne che garantisce la Grande Intesa. La Gilda fu la seconda scuola di addestramento fisicomentale. L’inizio del monopolio della Gilda nei viaggi spaziali, nei trasporti e in tutte le operazioni bancarie interplanetarie è preso come punto di partenza del calendario imperiale;
GOM JABBAR: “il nemico dalla mano levata“, specificamente l’ago velenoso intriso di metacianuro usato dalle Supervisori Bene Gesserit come alternativa mortale nel riconoscimento della natura umana del soggetto;
KWISATZ HADERACH: “la via più breve“. Questo è l’appellativo di cui il Bene Gesserit gratificò lo sconosciuto, che cercò di ottenere con una soluzione genetica: un maschio Bene Gesserit i cui poteri mentali potessero varcare, per costituzione organica, lo spazio e il tempo;
LISAN AL-GAIB: “la Voce di un Altro Mondo“. Nelle leggende messianiche dei Fremen, quella di un profeta di un altro mondo. Tradotto a volte come “Donatore d’Acqua“;
MAHDI: nelle leggende messianiche dei Fremen, “Colui che condurrà al paradiso“;
MENTAT: “computer umani”; classe di cittadini imperiali addestrati a raggiungere le massime altezze della logica;
PISTOLA MAULA: pistola a molla che lancia dardi velenosi, il suo raggio d’azione è di circa quaranta metri;
REVERENDA MADRE: in origine, una Supervisore Bene Gesserit, una donna che ha trasformato chimicamente un “veleno illuminante” all’interno del proprio corpo, innalzando se stessa a un più alto livello di coscienza;
TAMBURO DELLE SABBIE: conglomerato di sabbia, di struttura tale che qualsiasi urto improvviso sulla superficie produce un suono distinto, come un colpo di tamburo;
SALUSA SECUNDUS: pianeta adibito a Prigione Imperiale; mondo d’origine della Casa di Corrino;
SARDAUKAR: i fanatici soldati dell’Imperatore Padiscià. Erano uomini provenienti da un ambiente talmente selvaggio che sei persone su tredici restavano uccise prima dell’età di undici anni. Il loro addestramento militare metteva ogni accento sulla brutalità, con un disprezzo quasi suicida per l’incolumità personale. Si insegnava ad essi fin dall’infanzia a servirsi della crudeltà come di un’arma universale per indebolire gli avversari, terrorizzandoli;
SHAI-HULUD: il verme delle Sabbie di Arrakis. Questi vermi crescono fino a raggiungere dimensioni gigantesche e vivono molto a lungo a  meno che non siano uccisi dai loro simili o non finiscano annegati nell’acqua, che per essi è un veleno;
SPEZIA (melange): “la spezia delle spezie” di cui Arrakis è l’unica fonte. La spezia, nota soprattutto per le sue qualità geriatriche, dà una leggera assuefazione se presa in piccole dosi. Ritenuta sacra dai nativi, i Fremen, per via degli effetti psichici che ha sugli umani.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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