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Everything Everywhere All At Once recensione
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Everything Everywhere All At Once

Un film che va serenamente a posizionarsi nella Top10 delle migliori pellicole di sempre.

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Evelyn Wang (Michelle Yeoh) gestisce una piccola lavanderia a gettoni, ha una figlia adolescente che è lesbica, un padre rintronato e un marito che non la rende felice. Durante il controllo della dichiarazione delle tasse, Evelyn viene improvvisamente trascinata in una missione per salvare l’intero multiverso e sconfiggere un nemico apparentemente inarrestabile.

 

Al termine della visione di questo capolavoro firmato, diretto e prodotto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert (oltre che dai Russo Brothers), si uscirà arricchiti, soddisfatti e sentimentalmente annientati. Tutto perderà di valore e niente avrà più senso ma, al tempo stesso, priorità e aspettative della vita di ciascuno verranno rielaborate e messe in discussione come diretta conseguenza di questi 140 minuti. Cosa che solo un capolavoro cinematografico può fare.
Nonostante sia uscito negli USA e nel resto del mondo tra marzo e aprile, in Italia per qualche strana logica di distribuzione questa perla è stata posticipata di oltre 6 mesi facendola passare anche abbastanza moltissimo ed ingiustamente in sordina (al momento in cui si scrivono queste righe il film ha totalizzato solo 58.000€ contro i 100 milioni a livello globale). E il motivo di questa gestione scellerata è presto detto: non ci sono nomi altisonanti nella produzione che possano attirare il pubblico.
La pellicola del duo noto come Daniels è piuttosto difficile da inquadrare in un genere univoco ma fa sicuramente parte di quella sfilza di film che possono essere etichettati come indie ma hanno le potenzialità per diventare mainstream. Everything Everywhere All At Once è stato presentato al South By Southwest (SXSW) che un po’ indie lo è, e da lì si è poi fatto acclamare nei cinema di mezza America per la sorprendente unicità, unicità che in Italia è stata stupidamente ignorata (tanto da non preoccuparsi nemmeno di tradurre il titolo come beceramente si fa sempre nel Bel Paese) ma che non per questo non deve essere elogiata.

If nothing matters, then all the pain and guilt you feel for making nothing of your life goes away. Sucked into a bagel.

EVERYTHING


Non è un errore di scrittura il fatto che il titolo sia privo di virgole, è ovviamente voluto ed è anche enfatizzato dalla suddivisione in tre capitoli della pellicola, suddivisione che accompagna lo spettatore e la protagonista Evelyn Wang in un percorso di crescita personale che si riflette in una presa di coscienza collettiva.
Michelle Yeoh, moglie di quel Jean Todt della Ferrari e già vista in Crazy Rich Asians e nel dimenticabile Star Trek: Discovery, è imbarazzantemente brava nella poliedrica performance della sua Evelyn Wang; lo stesso si può dire del “marito” Jonathan Ke Quan (I Goonies, Indiana Jones E Il Tempio Maledetto) e della “figlia” Stephanie Hsu (The Marvelous Mrs. Maisel) che sono messi ugualmente alla prova nelle tantissime versioni dei loro character e ne escono benissimo, con sommo piacere di tutti gli spettatori. Detto così potrebbe sembrare un commento banale e vago ma si potrà capire la portata del complimento solo dopo aver visto il film perché, oggettivamente, il lavoro fatto da questi tre attori per rendere realistico ogni personaggio è encomiabile.

I saw my life without you. I wish you could have seen it… It was beautiful.

EVERYWHERE


Descrivere la trama della pellicola è veramente complicato in quanto è un potpourri di multiversi, commedia, rapporto madre-figlia, arti marziali, riflessione sociale sull’immigrazione, analisi del senso della vita e anche un po’ di Matrix. Difficilmente si può descrivere anche solo come “buona” una pellicola che ha così tante sfaccettature e temi, eppure questa è una magica eccezione alla regola.
Già guardando il trailer si potrà capire come questo non sia un film facilmente catalogabile in una singola categoria ma dopo la visione (che in teoria dovrebbe rendere tutto molto più chiaro) è lecito porsi ancora il quesito circa cosa si sia appena visto, e questo è stranamente un complimento. Al contrario di tutta la comicità paventata nel trailer, la pellicola dei Daniels porta in scena 140 minuti molto più profondi e stratificati che sono solamente addolciti da una patina ironica che serve a rendere più leggera una storia altrimenti decisamente più seria e fantascientifica.
Più passano i minuti e più si comincia a capire la direzione del film ma è solamente nella seconda delle tre parti, Everywhere, che i Daniels cominciano a mettere in chiaro l’ineluttabilità del conflitto famigliare coadiuvato da un’apocalisse multiversale mai vista prima. Ed è un’apocalisse maestosa.

You’re capable of anything because you’re so bad at everything.

ALL AT ONCE


Come già detto, Everything Everywhere All At Once non è un film qualunque e la possibilità di fallire era ben oltre il 50% perché dalla sceneggiatura al risultato finale moltissimi elementi potevano andare storti, specialmente in fase recitativa, di montaggio ma anche di supervisione da parte dei produttori esecutivi. Fortunatamente i Russo Brothers hanno una mentalità piuttosto aperta e si sono fidati dei Daniels che, palesemente, al loro secondo film hanno tutte le carte in tavola per diventare una delle coppie più richieste di Hollywood sia alla regia che alla sceneggiatura.
Già partorire una trama del genere senza risultare non-sense era piuttosto arduo, ma anche gestire gli attori, dare i tempi corretti a ciascuno senza perdere il focus e tramutare la sceneggiatura in realtà è di per sé molto complesso e aggiunge tutto un nuovo livello di difficoltà alla realizzazione della pellicola di cui va tenuto conto.

The less sense it makes, the better.


Un capolavoro da guardare, riguardare, consigliare ad amici, parenti, figli e pronipoti. Un nuovo mattone della storia del cinema è stato appena creato.
Il film è un po’ di tutto (“Everything”), va praticamente ovunque (“Everywhere”) ed è un colpo al cuore, un pugno allo stomaco ed una risata incontrollabile che arrivano tutte insieme all’unisono (“All At Once”). Capolavoro.

 

TITOLO ORIGINALE: Everything Everywhere All At Once
REGIA: Daniel Kwan, Daniel Scheinert
SCENEGGIATURA: Daniel Kwan, Daniel Scheinert
INTERPRETI: Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, Jenny Slate, Harry Shum Jr., James Hong, Jamie Lee Curtis
DISTRIBUZIONE: A24
DURATA: 140′
ORIGINE: USA, 2022
DATA DI USCITA: 25/03/2022 USA, 06/10/2022 Italia

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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