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Toscana

Un film piacevole da vedere, senza molte pretese di essere profondo ma allo stesso tempo che si tiene lontano da quella superficialità stucchevole che opere simili si portano dietro

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Un cuoco danese si reca in Toscana per vendere una proprietà lasciata in eredità dal padre, scomparso recentemente. Incontrerà una donna che gli farà riconsiderare tutta la sua vita e, soprattutto, i suoi sentimenti.

 

È sempre molto complicato avere a che fare coi luoghi comuni, soprattutto quando sono legati ad un paese (e in questo caso ad una regione) che nell’immaginario collettivo ha un’immagine ben chiara. Tutti, compresi gli italiani stessi, quando pensano alla Toscana richiamano alla mente ricordi o immagini specifiche, fatte di cipressi, dolci colline ed un generale senso di paradiso terrestre molto agreste, dove pace, velocità ed equilibrio sono alla base del vivere ideale che un po’ tutti sognano.
Pertanto quando ci si appresta a vedere un film straniero ambientato in Toscana ci si aspetta per forza di cose che si cada nella fiera dei luoghi comuni, piegando l’opera verso una prevedibilità dal tono quasi favolistico.

UN DANESE IN TOSCANA


Se degli americani e degli inglesi si sa quale sia la loro idea di Toscana (un luogo dove rigenerarsi dalla stressante vita moderna, a base di vino, cibo e simpatica rusticanza), la curiosità che ha spinto il recensore a questa visione è legata al paese di provenienza del regista e di parti degli attori.
In un mondo contemporaneo dove il concetto di Europa è costantemente messo in discussione, avere la possibilità di vedersi da un occhio esterno genera sempre un po’ di curiosità, soprattutto se quell’occhio viene da un paese, la Danimarca, che normalmente non è nei primi posti delle cronache politiche ma che vanta comunque una tradizione cinematografica di rilievo. Se poi si aggiunge che il protagonista maschile è un noto comedian danese, Anders Matthesen, sottointendendo la volontà di offrire un prodotto di una certa rilevanza mediatica, allora la curiosità è ben riposta.
Volendo riassumere il giudizio sul film, la parola potrebbe essere: piacevole.

QUANTI LUOGHI COMUNI SI POSSONO TOLLERARE?


Andando ad elencare i luoghi comuni presenti nella trama, sembra di trovare conferma delle aspettative: Theo, il protagonista, eredita una proprietà di pregio ma in decadenza nella campagna toscana; incontra una donna bella e verace; la popolazione locale è pittoresca, c’è l’immancabile Vespa; i colori caldi della Toscana contrastano con quelli freddi di Copenaghen, i due protagonisti si innamorano (o almeno ci sono i prodromi di una relazione). Quindi tutto banale e prevedibile? Sì e no.
Se ad un livello superficiale tutto ciò che ci si aspetta è confermato, andando a vedere le cose sono un po’ più complesse. La location non è nei soliti posti (Chianti o Val d’Orcia) e il posto è bello ma non “perfetto” come ci si aspetterebbe; la protagonista femminile, Sophia, soffre di una perdita che la lega a Theo che va oltre l’attrazione fisica ma anzi che scava sul senso della figura paterna nella vite di entrambi; gli italiani sono sempre pittoreschi ma mai troppo macchiettistici, c’è la Vespa ma viene mostrato anche il disordine e lo sporco che un luogo di campagna porta con sé immancabilmente, sfatando quella perfezione che non esiste nella realtà.
Il confronto tra i due paesi rimane superficiale al di là delle palette scelte dalla fotografia ma non è stucchevole e banale semplicemente perché l’umore del protagonista si riflette in ciò che vede intorno a sé e quest’umore evolve nel suo percorso di consapevolezza.

IL TEMA CENTRALE


Per Theo e per Sophia, la perdita di una figura paterna è al centro del loro malessere e ogni loro azione è dettata da questo.
Theo, allontanatosi dal padre in giovane età, è rimasto intrappolato in uno stato di rabbia sempre sull’orlo di scoppiare. Tutte le sue scelte sembrano essere messe in discussione se le relaziona al suo rapporto perduto col padre. Tutto il processo di presa di coscienza di questo viene presentato per gradi, dove l’amore per la Toscana del padre viene trasferito lentamente a lui, in modo da abbracciare e forse capire le motivazioni di quel padre che lui ha troppo precipitosamente dimenticare e tenere lontano.
Pertanto la sua attrazione verso Sophia è sì dettata da un qualche interesse amoroso ma non è mai la motivazione che lo spinge a rimanere in Toscana, diventando un cuoco “qualunque” anziché quello da 2 stelle Michelin. La disperazione e l’insoddisfazione risultano i sentimenti preponderanti nella trama del film, laddove opere con trame simili tendono a focalizzarsi sulla tensione romantica tra i protagonisti. Non è una cosa scontata in relazione ai luoghi comuni di cui si parlava sopra.


Ne esce fuori un film piacevole da vedere, senza molte pretese di essere profondo ma allo stesso tempo che si tiene lontano da quella superficialità stucchevole che opere simili si portano dietro. Volendo estendere ad un discorso più politico, sarebbe interessante se opere di questo tipo, cioè tra paesi europei che mischiano ambientazioni e attori di diversi paesi legandoli da storie comuni, fossero più comuni per rinvigorire e/o ricostruire un sentire comune, basato su culture simili ma allo stesso tempo con quelle differenze che permettono di ampliare la visione sulla cultura europea di cui si parla tanto e che forse anche attraverso opere del genere può aiutare a far crescere.

 

TITOLO ORIGINALE: Toscana
REGIA: Mehdi Avaz
SCENEGGIATURA: Mehdi Avaz, Nikolaj Scherfig

INTERPRETI: Anders Matthesen, Cristiana Dell’Anna, Sebastian Jessen, Thue Ersted Rasmussen, Andrea Bosca 
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 90′
ORIGINE: Danimarca, 2022
DATA DI USCITA: 18/05/2022

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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