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Triangle Of Sadness

Triangle Of Sadness è un mix di critica sociale, surrealismo, no sense e uno sparuto gruppo di personaggi l’uno più assurdo dell’altro.

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Una crociera per super ricchi affonda lasciando così i sopravvissuti intrappolati su un’isola.

 

Per quanto Ruben Östlund cerchi di sviare l’attenzione sull’oggetto narrativo, questo appare lapalissiano in più di un passaggio: un materialismo imperante che ha avvelenato l’intera società, i principi storici di nazioni e dottrine politiche, la vita semplice dell’uomo. Un oggetto narrativo che non è già stato solo ampiamente analizzato in miriadi di film, ma che rischia di essere eccessivamente ridicolizzato all’interno di una pellicola che cerca in ogni aspetto di non prendersi troppo sul serio.
Triangle Of Sadness è una pellicola etichettata, stando a Wikipedia, come satirical black comedy. Una descrizione che si confà al lavoro presentato a maggio al Festival di Cannes, dove ha vinto la Palma d’Oro. Un po’ The White Lotus, un po’ Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, un po’ Cast Away, un po’ Robinson Crusoe, un po’ Titanic: Triangle Of Sadness è un mix di critica sociale (a tratti spiccia e pressapochista), surrealismo, no sense e uno sparuto gruppo di personaggi l’uno più assurdo dell’altro.

It’s all about the money.

Il film del regista svedese racconta di questa giovane coppia, Carl (Harris Dickinson) e Yaya (Charlbi Dean), che grazie alla fama di quest’ultima possono permettersi una vacanza su uno yacht nel mezzo delle Bermuda. Carl è un aspirante modello; Yaya è anch’essa una modella, ma principalmente è una influencer (da qui l’invito sullo yacht, per averla come “sponsor”). La pellicola si suddivide in tre capitoli “Carl e Yaya”, “Lo Yacht” e “L’Isola”.
Il primo prende in esame il rapporto basato eccessivamente sul materialismo della coppia, seguendoli in una lunghissima serata in cui i due discutono e litigano per questioni di denaro.
Il secondo racconta della vera e propria vacanza che, come si può dedurre dal titolo del terzo capitolo, non andrà esattamente come sarebbe lecito aspettarsi.
La prima parte rappresenta una esagerata e prolissa introduzione sia all’argomento del film (pur volendo nasconderlo “dietro un dito”), sia ai due personaggi principali. Carl e Yaya iniziano a discutere in tondo sullo stesso argomento: come sia lui ad offrire, per l’ennesima volta, la cena nonostante la ragazza guadagni considerevolmente più di lui; come sia stata lei ad invitarlo fuori; o ancora, come l’ultima volta aveva pagato lui ecc ecc. Una mezz’ora decisamente opprimente nella visione, soprattutto per le sequenze dense e che a tratti assumono i contorni di interminabili spaccati di vita poco interessanti.

Money, money, money, money, money!

Il racconto si esalta nel momento in cui lo sfondo narrativo diventa circoscritto all’interno di uno yacht e iniziano a comparire altri personaggi: Dimitrij (Zlatko Buric), un oligarca russo magnate del fertilizzante in vacanza con moglie e compagna; Jorma Björkman (Henrik Dorsin), uno sviluppatore informatico; Winston e Clementine (Oliver Ford Davies e Amanda Walker), un’anziana coppia diventata ricca producendo granate e mine antiuomo; il comandante Thomas Smith (Woody Harrelson).
Un variegato gruppo di personaggi che aiutano a rendere la storia più leggera e surreale nonostante la tematica del materialismo si ripresenti. Si veda per esempio il lunghissimo dialogo tra il Capitano della nave e Dimitrij, due personaggi agli antipodi: il primo fervente socialista e anticapitalista, il secondo capitalista nonostante le origini russe e quindi, nell’immaginario collettivo, più vicino al comunismo come ideologia. È tutto legato al denaro, ancora una volta Östlund lo ribadisce pur cercando di nasconderlo al proprio pubblico.
La sequenza della “cena con il Capitano” è la scena che forse più di tutte rappresenta la pellicola e che ha, di fatto, diviso il pubblico attorno alla valutazione del film. Ondacinema.it ha definito Triangle Of Sadness come “un cafonissimo Titanic del nuovo millennio”. Impossibile da non concordare: champagne e vomito; critica sociale ed enfatizzazione tra membri dell’equipaggio (poveri) e persone in vacanza (ricchi); attacco al materialismo; ultima parte che si premunisce di sottolineare l’inutilità dei soldi in una situazione di sopravvivenza estrema, ai margini della società civile; gender swap evidente con le donne al comando una volta arrivati sull’isola.
Il film di Östlund sarà “un cafonissimo Titanic”, ma maschera in maniera saggia il proprio tratto espositivo per smascherare una serie di costumi a cui il pubblico si è forse troppo abituato. Il regista non vuole investigare, ma esporre con cruenta cattiveria.
E la scena della cena, con il vomito che scorre inesorabile tra i bicchieri di cristallo e le ostriche, potrà essere cafone come espediente, ma è l’espediente narrativo per riportare tutti i personaggi in scena sullo stesso livello prima della catastrofe.

Carl: “So, what business do you have together?”
Winston: “Oh, it’s a family business. Producing products in precision engineering.”
Carl: “What do you manufacture?”
Winston: “Well, our products have been employed in upholding democracy all over the world.”
Carl: “What product is that?”
Winston: “Basically, our best-selling product is the hand grenade.”
Yaya: “Sorry, the what?”
Clementine: “The hand grenade, dear.”
Winston: “For a long time, it was the personal exploding device. But then came those UN regulations, and messed everything up.”
Clementine: “A personal exploding device… is a very complicated word for a land mine.”
Winston: “Those regulations trimmed… 25% off on profits. It was hard times for us, but… We pulled together, didn’t we?”
Clementine: “Yes, we did, darling.”

L’ultima porzione di film, riguardante l’isola, torna a non essere coinvolgente esattamente come il capitolo iniziale pur riuscendo a mantenere un livello d’interesse maggiore nel pubblico, forte anche della connotazione sopravvivenza legata al nuovo sfondo narrativo.
Tuttavia anche in questo caso, Triangle Of Sadness risente di una serie di lungaggini eccessivamente esagerate che lo rendono in certi casi pedante e perché no, soporifero. “Carl e Yaya” e “L’Isola” sono due capitoli il cui minutaggio poteva essere brutalmente tagliato, soprattutto se si tiene in considerazione che l’intera pellicola sfiora le due ora e mezza di visione. Se proprio si volesse muovere una critica al regista svedese, quindi, queste lungaggini rappresenterebbero la prima freccia da scoccare. C’è anche da considerare che proprio queste “lungaggini” e l’estrema enfatizzazione della storia che portano con sé permettono al pubblico di godere appieno del secondo capitolo, “Lo Yacht”, ben più frizzante e di intrattenimento.

Carl: “So, what do you do?”
Dimitrij: “I sell shit.”
Carl: “What, sorry?”
Dimitrij: “I sell shit! … Fertilizer for agriculture.”
Carl: “Oh, fertilizer…”
[…]
Dimitrij: “You can call me the King of the Shit!”


Il triangolo della tristezza è un termine usato in chirurgia estetica per indicare le rughe di espressione comprese tra le arcate sopracciliari. Un “triangolo” che tutti i personaggi all’interno del film di Östlund cercano di evitare estraniandosi dalla realtà vera della società, nascondendosi dietro soldi, fama, social e quant’altro.
Triangle Of Sadness è sì, “un cafonissimo Titanic del nuovo millennio”, ma è allo stesso tempo una critica sociale diretta e senza fronzoli della società odierna. “Diretta”, nonostante il regista stesso cerchi di sviare il proprio pubblico. Le eccessive lungaggini di primo ed ultimo capitolo, unitamente ad un finale che preferisce non mostrarsi fino alla sua naturale conclusione, appesantiscono la pellicola abbassandone la votazione finale che è comunque più che sufficiente.
Come già ribadito all’interno della recensione: la scena della “cena con il Capitano” da sola sarebbe motivo più che valido per recuperare questo film. Piccola nota in conclusione: Charlbi Dean, l’attrice e modella che interpreta Yaya, è tragicamente morta a 32 anni ad agosto 2022, pochi mesi dopo la presentazione del film a Cannes, in seguito ad un’infezione batterica.

 

TITOLO ORIGINALE: Sans Filtre
REGIA: Ruben Östlund
SCENEGGIATURA: Ruben Östlund
INTERPRETI: Harris Dickinson, Charlbi Dean, Dolly de Leon, Zlatko Burić, Vicki Berlin, Amanda Walker, Oliver Ford Davies, Woody Harrelson
DISTRIBUZIONE: SF Studios, Lionsgate UK, BAC Films
DURATA: 147′
ORIGINE: Svezia-Francia-UK, 2022
DATA DI USCITA: 27/10/2022

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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